L’autore è avvocato, esperto di diritto antidiscriminatorio, presidente della onlus “Avvocati per niente”, e redattore della rivista “Appunti di cultura e di politica”
Ci sono volute alcune settimane, dopo le prime aperture del Ministro Kyenge sul tema della cittadinanza, per smetterla di usare il latinetto come clava ideologica e cominciare a ragionare su qualche contenuto. Ma il passaggio non è stato affatto semplice se persino una persona avveduta come il presidente del Senato si è fatto trascinare nella bagarre sentendosi in dovere di mettere in guardia contro il rischio che lo ius soli scateni l’arrivo di orde di donne straniere pronte a partorire non appena uscite dall’aeroporto, al solo fine di garantirsi che il primo vagito sia quello di un italiano ad ogni effetto.
Con tutto il rispetto per l’alta carica, simili allarmi sono davvero poco comprensibili, come poco comprensibile è la contrapposizione radicale tra i due criteri di attribuzione della cittadinanza che, enunciati in modo schematico, sono poco o nulla significativi.

