VENTOTENE O VISEGRAD?

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In questo interrogativo Sergio Fabbrini sul Sole 24 Ore riassume il nocciolo del voto (“Il voto di oggi e l’Agenda di domani”). Eugenio Scalfari, su Repubblica, immagina lo scenario post 4 marzo con un po’ di fiduciosa inventiva (“La sinistra per battere i populismi”). Sul Corriere della Sera Dario Di Vico indica, con nettezza e senza retorica, “il doppio compito” a cui siamo chiamati: “tenere alta la bandiera dell’apertura delle frontiere, dei mercati e delle menti e, al tempo stesso, ridurre le distanze con le periferie dello scontento” (“Reinventare la nostra democrazia”). Anche Mauro Magatti, sempre sul Corriere, prova a indicare la strada che si dovrebbe percorrere: “Ricostruire insieme l’idea di futuro”. Ma, per realismo (o scaramanzia?), il Corriere pubblica anche un’intervista a Steve Bannon, l’ideologo trumpiano presente in questi giorni in Italia, che dichiara: “Sento lo stesso clima pre-Trump”. Nel suo editoriale su L Stampa, Maurizio Molinari invita a non lasciar cadere le cose positive del governo uscente (“La staffetta dell’interesse nazionale”). Non è dissimile il senso dell’editoriale di Marco Tarquinio su Avvenire (“Prendeteci sul serio”). Sul Manifesto Norma Rangeri chiede, invece, il cambiamento (“Un voto a sinistra per cambiare questo Paese”). Intanto, anche in Germania, tra gli iscritti della SPD, c’è un voto importante. Lo spiega Jurgen Habermas su Repubblica: “Perché l’SPD deve essere più coraggiosa”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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