CONSIGLI AL PD

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Marcello Sorgi, “La partita del leader che se ne va” (La Stampa). Luigi Zanda, “Con i 5stelle l’alleanza è tattica. Al partito serve una visione” (intervista a La Stampa). Piero Fassino, “Il cambio di passo che serve” (intervista al Mattino). Giuliano Ferrara, “Consigli al Pd” (Foglio). Paolo Pombeni, “Cercasi segretario capace, carismatico, dotato di un progetto” (Il Quotidiano). Claudia Mancina, “Per non estinguersi, il Pd deve trovare un vero leader e una sua identità” (linkiesta.it). Gianni Cuperlo, “Il Pd ha fallito, Per salvarsi ora deve cambiare tutto” (Domani). Peppe Provenzano, “Partito malato, bisogna ricostruirlo” (intervista a Repubblica). Gianni Riotta, “Pd, ripartire dagli ideali” (La Stampa). I PARTITI E IL GOVERNO: Stefano Folli, “Draghi e Mattarella, l’ago della stabilità” (Repubblica). Massimo Franco, “I democratici si sfaldano mentre prevale la loro agenda” (Corriere). Diverso il parere dei notisti de Il Fatto e del Manifesto: Massimo Fini, “Renzi, lo scalpo di Zinga e questo stato di polizia” (Il Fatto). Tommaso Rodano, “Il disastro giallorosa battezza il governo Draghi-Salvini (e B.)” (Il Fatto). Marco Revelli, “Le macerie del passaggio di consegne tra l’Avvocato e il Banchiere” (Manifesto). Sui 5 stelle scrive Marco Tarchi, “I credenti, i carrieristi e il Professore” (Domani). Sui movimenti al centro scrive Francesco Provinciali, “Al centro del centro” (mentepolitica.it). Un Appello di giuristi, “Per ridare senso alla rappresentanza politica” (Manifesto).

 

 

 

 

One Comment

  1. Intervengo ancora sulle dimissioni di Zingaretti e sui problemi del e nel PD in quanto leggo commenti che esprimono, in riferimento alla genesi del PD, esultanza e si augurano la sua fine.
    Riconfermo, per me la nascita del PD è avvenuta attraverso una “fusione fredda” dettata da esigenze esclusivamente elettorali, pur se motivate da nobili valori e principi.

    Detto questo del PD, non posso non considerare che tutti i partiti politici attuali, vecchi o nuovi, grandi o piccoli, hanno connotazioni e limiti molto evidenti che li differenziano dalla idea ed esperienza di partito che abbiamo conosciuto nella storia del nostro Paese, almeno dal secondo dopoguerra.

    Infatti si chiamano partiti i raggruppamenti di interessi che sono rappresentati da una persona che ne è il leader (solo per citarne alcuni: Berlusconi, Salvini, Meloni, Renzi, Calenda, Toti), oppure, come nel caso del M5S, sono eterodiretti da soggetti che non hanno alcuna legittimazione popolare ed elettorale ma solo la proprietà del simbolo (Grillo e Casaleggio).

    Non sottovaluto certo che vi sono formazioni che, pur se di piccole dimensioni, non rispondono alle logiche sopra richiamate, ma la loro rilevanza è allo stato attuale, purtroppo, marginale e ininfluente.

    Che piaccia o meno rientra in questa tipologia anche il PD, che certo non è un partito di piccole dimensioni ed è anche l’unico rimasto della storia di questo travagliato inizio millennio che possa ancora dirsi “partito” che vive sulle regole della democrazia interna: si discute, anche se non sempre, nel modo più ampio possibile e si decide a maggioranza.

    Da non iscritto al PD, ma solo da elettore, non gioisco dei problemi che questo partito vive, anzi, la mia preoccupazione è grande essendo il PD con tutti i suoi limiti e problemi, l’argine di contenimento di una destra populista, individualista, settaria, antisociale e antieuropeista.

    Per queste ragioni, mentre lo critico nella sua genesi e nella sua storia, mi auguro che in un soprassalto di dignità politica consenta alle forze che compongono il PD (la tradizione del popolarismo cattolico e della cultura socialista) di riscoprire le motivazioni storiche della loro origine, ma soprattutto quelle che oggi impongono la necessità di far prevalere le ragioni dell’unità su quelle della divisione.

    Restano, per me, ancora vere e attuali le contraddizioni di un sistema economico e sociale che rende i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, non riconosce il valore della dignità della persona umana e la sua libertà, della solidarietà, alimenta le disuguaglianze e le ingiustizie, esalta l’individualismo e rifiuta la solidarietà.

    Fintanto che tutto questo permane, e permane questa rappresentanza della politica in Italia, non c’è alternativa, per me, che stare dalla parte dagli ultimi e degli umili, che nella realtà italiana significa stare con e nella sinistra, perché destra e sinistra esistono ancora ed esisteranno per lungo tempo.

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