UN GIUGNO NERO PER LA CHIESA?

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Un’analisi severa (e criptica) di Alberto Melloni, “Il giugno nero della chiesa” (Repubblica). Enrico Peyretti, “La chiesa si muove?” (finesettimana). Giovanni Cominelli, “La chiesa, la crisi, il futuro” (libertà eguale). Askanews, “Aborto e comunione: vescovi Usa alla prova con Biden (e il papa)”. Francesco, Messaggio per la prossima Giornata mondiale dei poveri (Avvenire). Andrea Grillo, “La degenerazione del linguaggio sul sinodo e il card. Kasper” (come se non). Vincenzo Paglia, “Appello a teologi e intellettuali per una nuova alleanza sinodale” (Vatican news); il testo dell’appello “La fraternità, un appello per la fede e per il pensiero” (Settimana news). Antonio Spadaro, “Dio e il seme. La sua azione è libera, incontenibile, irrefrenabile” (Il Fatto). Christoph Bruwer, “Vescovi e sacerdoti: le occasioni perse” (Settimana news). Dicastero pontificio per i laici, “Il governo nelle associazioni di fedeli” con il commento di Lorenzo Prezzi, “Sul governo dei movimenti” (Settimana news). Marco Ventura, “I neo-desideri” (la Lettura). Vito Mancuso, “Io vivo, dunque io desidero” (La Stampa). Paolo Ricca, “Il mio dialogo incessante con l’invisibile” (intervista a Robinson). Flavio Lazzarin, “Cristianesimo, tra Tempio e sentieri della storia” (settimana news). Elmar Salmann e Gianluca De Candia, “Teologia. Entrare nel gioco” (Settimana news). James Martin, “Gesù accoglierebbe anche i gay” (La Stampa). Beatrice Brogliato, psicoterapeuta,“Il ddl Zan e l’identità di genere” (Settimana News). Andrea Grillo, “La teoria dei ‘fori’ e la giustizia penale. E’ diverso punire o generare pace” (come se non). Davide Pelanda, “La sete di Dio dei carcerati” (I Viandanti).

 

 

 

 

 

 

 

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  1. PAPA FRANCESCO FA QUELLO CHE PUO’: LE DONNE NON GRADISCONO Adista, 26.06.2021 – n.24

    Giancarla Codrignani

    Difficile mantenere l’unità della barca di Pietro. Infatti papa Francesco sembra costretto a praticare ostentatamente qualche contraddizione, sperando di essere compreso. Certo si rivolge al laicato come referente privilegiato chiedendo indirettamente venia se, per superare le conseguenze dei duecento anni di ritardi sulla storia, deve assicurare anche i dissidenti che “non è il Vangelo che cambia, siamo noi che impariamo a leggerlo meglio”. Purtroppo gran parte del mondo cattolico non si accorge delle difficoltà che dividono anche le religioni e le teologie, soprattutto in un paese come l’Italia che ha avuto non la Riforma, ma la Controriforma, Dove anche la parte che crede di avere imparato la lezione del Vaticano II, mentre da un lato condivide la linea stimolante di questo pontificato, dall’altro, sconcertata da dichiarazioni in contrasto con le aperture coraggiose, dichiara la propria delusione.
    In particolare le donne, religiose comprese, che hanno sentito tradite le loro aspettative e sono le più critiche: sanno di essere ben più della metà del popolo di dio e di essere portatrici di giuste pretese che vanno nell’interesse della Chiesa. Eppure anche il femminismo cattolico si distingue per scelte diverse: una di rappresentazione di sé nella comunicazione interna ai media interni – cfr. il mensile dell’Osservatore Romano Donna, Chiesa, Mondo, in cui (cfr. numero di giugno “Donne fuori dal sistema. Le samaritane) Marinella Perroni ha curato la sezione “Quelle che rompono il tetto di cristallo, e altre che scalpitano per l’incomprensione di una situazione sclerotizzata. Intanto prosegue l’autentica persecuzione nei confronti di Francesco da parte dell’ala tradizionalista che, nei siti recuperabili su internet, non perde occasione per accusarlo di infedeltà e, a proposito del Sinodo della Chiesa tedesca, i cui risultati non dovrebbero essere lontani – mentre il papa ha lanciato il sinodo italiano e conta di rovesciare come il classico calzino la cattolicità italiana – il cardinal Ruini ne anticipa la condanna di eresia sapendo che i vescovi tedeschi non potranno esimersi dal prendere posizione sulle questioni scomode, a partire dai diritti di genere.
    I problemi posti dalle donne, infatti, non consentono mediazioni facili: se molte femministe chiedono la parità e partono dal presbiterato – che è certo una questione di principio, anche se è grande il rischio di condividere e mantenere il ruolo di “questo” clero – Francesco sa benissimo che il conflitto che divide i cattolici passerebbe a guerra dichiarata se ammettesse le donne al sacerdozio.
    La realtà presenta confusione e conflitti e sono possibili anche sorprese impreviste e sconcertanti: è una notizia irrilevante, ma la “Chiesa cristiana vetero-cattolica” ha ammesso le donne al sacerdozio e, per rappresentare la diocesi italo-spagnola, ha scelto la “vescova” (sic) Teodora Tosatti (cfr. Adista 04.04.2021). Forse c’è bisogno di un po’ di fredda acribia politica nell’interpretare l’oggettività di documenti che fanno rumore al momento in cui vengono emanati, ma non creano continuità e opportunità per aiutare la crescita dei valori. Recentissima la Lettera apostolica in forma di Motu Proprio con cui il papa ha ministerializzato la figura del catechista, un provvedimento che in primo luogo rafforza la presenza di laici e laiche nella rappresentazione istituzionale della Chiesa e contemporaneamente impedisce il fai-da-te tradizionale sia nelle missioni sia nella preparazione dei bambini delle comunità parrocchiali. I giornali hanno ripreso la notizia e solo pochi hanno prospettato il dubbio che la misura fosse stata presa per eludere la richiesta dei viri-probati e il diaconato femminile. Analogamente il 10 gennaio 2021 è uscita la modifica del can. 230§1 del codice di diritto canonico con cui papa Francesco concedeva ai laici, uomini o donne, il lettorato e l’accolitato, in virtù di una peculiare forma di esercizio del sacerdozio battesimale, due privilegi essenzialmente distinti dal ministero ordinato; tuttavia, se si tratta di sacerdozio battesimale esservi abilitati/e in quanto battezzati/e, fa pensare: Francesco infatti distingue e comprime “questo” sacerdozio, ma apre il problema paritario due gradini sotto, sbloccando la riserva maschile esplicitamente ribadita da Paolo VI. Mi sembra un elemento su cui riflettere: se vale per fare memoria che tutti siamo “sacerdoti, re e profeti”, è un’evocazione retorica e non si dà problema. Ma se partiamo dal sacerdozio in quanto battesimale, perché l’accesso di grado gerarchico al presbiterato è riservato solo ai maschi? Un’altra argomentazione di genere.

    Francesco ha reso esecutivo l’avvio del sinodo annunciato nel 2015 al Convegno ecclesiale di Firenze. I vescovi italiani non hanno la tempra dei colleghi tedeschi e, se nella prima bozza di risposta al Santo Padre hanno richiamato subito alle difficoltà della pandemia, nella dichiarazione di intenti presentata dal card. Bassetti lo stile non è uscito dalla formalità d’obbligo. Né i vescovi né il parroci avrebbero voglia di sobbarcarsi l’operazione di risvegliare una comunità data per secolarizzata e che è così poco “catechizzata” da essersi lasciata sfuggire di mano la rivoluzione del Vaticano II; tuttavia dovranno affrontare i problemi scomodi che non possono più essere rinviati. Date le divisioni interne anche alla Cei e la timidezza decisionale di molti vescovi, l’impresa è affidata soprattutto al coraggio del laicato, quel popolo di Dio ancora ignaro della propria autonomia e, quindi, libero solo astrattamente o nella disinvoltura dell’applicazione della “morale cattolica”, ma lontano dalla presa della parola, dalla parrhesia. Si dice Chiesa “di donne, oltre che di uomini”: il pregiudizio è stato suffragato dalla tradizione ecclesiastica, ma per essere sconfitto necessita iniziative a tutto campo per sradicarlo dalla cultura profonda, ancora, purtroppo, sessista. La società deve contribuire e decidere se vale la pena tentare di riformare il potere

    Le donne sanno molto di sé. E anche della Chiesa. Quando Eva osò aspirare alla conoscenza di Dio, il peccato fu attribuito ad Adamo. Forse il modello unico non è più così vincente: in Europa, Germania, Norvegia, Danimarca, Islanda, Finlandia, Lituania, Estonia sono governte da donne che, se non intenderanno ripetere il ruolo maschile, una volta cresciute di numero, si spera non dichiareranno guerre. Il Papa può essere vittima del ruolo clericale e aver paura delle donne: lo confermerebbe la resistenza ad affrontare – proprio lui che ha avuto il coraggio di reagire senza remissione contro la pedofilia – le denunce delle superiori degli Ordini religiosi che hanno ampiamente accusato la violenza di sacerdoti nei confronti di suore, donne che hanno pronunciato gli stessi voti di un presbitero che porge loro la sacra particola “in persona Christi”.
    Ma forse dà segnali per far sapere che ha capito. Non so perché avrebbe dovuto attribuire a Maria di Magdala l’equiparazione nell’apostolato: mi stupisce non aver mai sentito nessuno/a chiedere se anche le donne vanno comprese nella successione apostolica. Il problema dei diritti nella Chiesa riguarda entrambi i generi, ovviamente soprattutto le donne impegnate nei gruppi femminili e femministi del versante religioso, spesso radicali. Francesco non lascia trasparire alcuna disponibilità a legittimare il presbiterato femminile, anche se l’unicum di un’istituzione di soli maschi celibi non sta più in piedi nemmeno sul Monte Athos. Non approva nemmeno il diaconato, anche se ha istituito cinque anni fa e successivamente rinnovato (questa volta anche con una presenza femminile) la solita “commissione” destinata a scrivere la relazione finale di dissolvenza. Le amiche teologhe che si sono spese a sostenere con dottrina e rigore il diritto al diaconato non possono superare l’ostacolo che viene facilmente opposto: essendo l’ultimo livello gerarchico prima del sacerdozio, appare una deadline.
    Anche la concessione alle donne di lettorato e accolitato riguarda la gerarchia dei “gradi” che precedono il sacerdozio. Si tratta di funzioni di cui nessuno aveva fatto richiesta dopo che Paolo VI le aveva confermate riservati ai soli maschi e, per la verità, nemmeno ci si ricordava che esistessero. Come per i catechisti Francesco dichiara la volontà di concedere accrediti graduali alla partecipazione liturgica dei laici che restano esclusi dalla partecipazione simbolica dell’altare. A tutt’oggi il presbitero “ordinato” è un prete obbediente al tradizionale diritto canonico, che non ha mai dato vita ad un movimento per contestare il celibato obbligatorio e chiederlo opzionale; tanto meno si accorge di gestire il sacerdozio come segno di potere di un genere sull’altro e neppure immagina che il “privilegio” debba essere concesso alle donne che gli hanno sempre tenuto in ordine l’altare, naturalmente gratis. Se Giovanni XXIII aveva stabilito che “la donna esige di essere considerata come persona, tanto nell’ambito della vita domestica che in quello della vita pubblica”, cinquant’anni dopo quel segno dei tempi nella chiesa cattolica è ancora privo della pari dignità, senza che ci sia alcuna giustificazione teologica o scritturale, ma solo perché il sacramento dell’ordine resti un potere clericale, inesorabilmente maschile proprio in quanto “potere”. L’organizzazione internazionale Unione Mondiale delle Donne Cattoliche attraverso la presidente Maria Lia Zervino, ha scritto una lettera aperta a papa Francesco (13.03.2021) esplicitamente non rivendicativa – “non per scalare posizioni di potere” o per incarichi decorativi, ma perché le donne si sentono “in credito”, dato che “non sono stati fatti progressi sufficienti per trarre vantaggio dalla ricchezza delle donne”. Anche la presidenza delle superiori degli Ordini religiosi femminili ha più volte espresso la consapevolezza che il mancato accoglimento della cultura delle donne danneggia proprio la Chiesa, ma sembra che non solo un clero educato alla misoginia abbia paura dell’avanzata delle sorelle, ma l’ala tradizionalista sia in grado di ricattare il papa.
    Forse i due piccoli diritti concessi formalmente alle donne, in particolare il lettorato, potrebbero essere ripresi in chiave politica. Resta infatti teoricamente giusta la richiesta del diaconato, anche se ormai è meglio dichiararlo un espediente strategico e chiedere direttamente l’ultimo livello del presbiterato. Anche perché che cosa mai “farebbe” oggi una diacona (per piacere non si dica diaconessa), a parte qualche sostituzione non determinante che già non faccia, da sacrestana per lo più volontaria?
    L’ostilità del clero integralista conferma il dominio del patriarcato che nel cattolicesimo controlla una società di soli uomini, celibi, monocratici e non accetta riforme, “cedimenti” al dogmatismo istituzionale negando allo Stato/Città del Vaticano l’equiparazione – come chiede Francesco – allo Stato di diritto. Accolitato e lettorato non saranno così appetibili, sono ministeri ancor meno significativi simbolicamente del “servir messa” dei bambini, ma se le donne chiedessero ai parroci (alcuni dei quali già lo fanno, liberamente trasgredendo le prescrizioni canoniche) di leggere il Vangelo e fare l’omelia – Bibbia e Paolo sono già letti comunemente da donne e uomini – altrimenti di che “lettura” si parla? – si verificherebbe quell’occupazione dell’altare tante volte stigmatizzata, un passo avanti simbolicamente riferibile al magistero ministeriale femminile. L’occupazione della parola.

    Si aggiunge un particolare non insignificante notare: il papa ha esplicitato la gratuità dei due ministeri paritari (il “conferimento non attribuisce loro il diritto al sostentamento o alla rimunerazione da parte della Chiesa), un monito necessario non perché virtuoso, ma perché, pur necessario al senso cristiano dell’organizzazione amministrativa, che il papa non vorrebbe oggetto né di carrierismo né di erogazioni di benefici ecclesiastici. Ma se, partendo dal basso le parrocchie e ai piani alti le diocesi fossero amministrate da donne, sarebbero evitate “le pompe” che creavano l’abisso tra il prete di montagna e il cardinale compiaciuto dei 12 metri di strascico ammessi fino a cinquant’anni fa. Che Ildegarda di Bingen nel suo convento chiedesse l’eleganza per partecipare alla Messa significava simbolicamente la gioia dell’incontro con l’amico più grande.

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