ARTURO PARISI INSISTE: CI SONO DUE DEMOCRAZIE IN LOTTA

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Barack Obama in un’intervista esclusiva a Federico Rampini per Repubblica: “L’austerità è un freno alla crescita. Bene le riforme di Renzi”. A chi, come D’Alema, ha criticato partiti e leader esteri (come il Pse) che intervengono a sostegno del Sì Danilo Taino sul Corriere della Sera replica: “Il diritto di giudicare l’Italia”. Arturo Parisi, già criticato da Franco Monaco per il suo sostegno al Sì, interviene di nuovo su Italia Oggi: “Due distinte democrazie in lotta: una è consociativa (prima repubblica), l’altra è competitiva”. Paolo Mieli sul Corriere recensisce un libro di Piero Craveri che critica i partiti della prima repubblica: “Ceto politico senza qualità”. Mario Monti, “Perchè dico no alla riforma” (intervista al Corriere della Sera). Andrea Camilleri, Gustavo Zagrebelsky, Nadia Urbinati, Paolo Flores d’Arcais, Tommaso Montanari lanciano un appello: “Costituzione, cinquanta giorni per dire No” (sito di Libertà e Giustizia), e dicono: “A chi ci dice che per far funzionare l’Italia bisogna cambiare le regole, rispondiamo: noi, invece, vogliamo cambiare i giocatori”; sullo stesso sito un’intervista a Nadia Urbinati: “La democrazia apatica”. Lina Palmerini sul Sole 24 Ore descrive “Gli scenari del ‘dopo’ che imbarazzano il fronte del No”. Daniela Preziosi sul Manifesto racconta “I balletti a sinistra: quelli del Ni e del So”. Mauro Calise spiega perché “Matteo Renzi non cade anche se vince il No” (Mattino). Claudio Cerasa provoca: “La sinistra coerente è una sinistra grillina” (Il Foglio). Dino Martirano sul Corriere racconta: “Da Ceccanti a Pancho Pardi i professionisti del comizio che si sfidano sulla riforma”.

 

 

 

 

 

 

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  1. Coloro che hanno sempre sostenuto che ciò che non funziona ed è inaccettabile nel referendum del 4 dicembre è il “combinato disposto” tra modifica della Costituzione e legge elettorale, dovrebbero essere contenti che Arturo Parisi condivida questa tesi. Infatti in tutta l’intervista nulla dice dei contenuti della modifica della Costituzione, ma mette in rilievo l’esistenza di “due visioni distinte della democrazia, tutte e due democratiche, ma profondamente distinte tra le quali è arrivato il momento di scegliere” ……. “Da una parte la democrazia consociativa” (per dirla in termini semplici quella che abbiamo finora conosciuto e praticato), e “dall’altra la democrazia competitiva” (quella indicata dall’Italicum con i capi lista bloccati, il premio di maggioranza alla lista e di valore indefinito, ecc., ecc., ecc.).
    Provo a ragionare: se è vero che è in atto uno scontro tra due visioni contrapposte di democrazia, che cosa ha a che fare questo scontro con la modifica della Costituzione che, tra altro, ridefinisce ruolo, compiti e funzioni di due degli organi della democrazia rappresentativa, Camera e Senato? Nulla, visto che pure Parisi non ne parla. Infatti, se per affermare la “democrazia competitiva” occorre superare il bicameralismo perfetto, è più logico abolire il Senato piuttosto che dar vita a qualcosa di indefinito e indefinibile destinato ad abortire? Se l’elemento centrale dello scontro non è la modifica della Costituzione allora non può che essere la legge elettorale. Ciò spiega perchè Parisi difenda la “democrazia del maggioritario” propria dell’Italicum e affermi che gli uomini della prima Repubblica che ne chiedono la modifica sono solo interessati a battere Renzi essendo, per loro, l’unica e ultima occasione che hanno per farlo.
    Messa in questi termini la questione del voto al referendum porta, e parlo per me, a prendere in seria considerazione la scelta del “no” e non tanto perché sottovaluti la natura dello scontro in atto, le ragioni di merito e quelle politiche dell’una e dell’altra ipotesi, ma perché considero ciniche, banali e strumentali quelle del “si” esposte e sostenute da Parisi. Nulla di nuovo, Parisi non unifica, divide.

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