Tornare a studiare la realtà, a capirla, a pensarla. Note su un incontro di cattolici democratici a Parma

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“Il Borgo di Parma e “Agire politicamente” hanno organizzato un incontro per presentare e discutere un recente libro di Lino Prenna sul cattolicesimo democratico al tempo di papa Bergoglio ma anche per festeggiare i 90 anni di Giorgio Campanini. Sono intervenuti, oltre a Prenna, Pierluigi Castagnetti, Carla Mantelli, Matteo Truffelli e Giorgio Campanini.  Con una insolita consonanza sul cammino da compiere

 

 

Questa nota non ha nessuna pretesa. Verte attorno a un tema insieme impegnativo e logorato, sfidante e sfibrato: il rapporto tra cattolici e politica. Ma, in realtà, qui si vuole solamente dar conto di un piccolo dibattito, tenutosi nei giorni scorsi nella sede dell’associazione “Il Borgo”, a Parma. Occasione è stata un’iniziativa di Lino Prenna, coordinatore di un’altra associazione di ispirazione cattolica, “Agire politicamente”. Entrambe le associazioni sono tra le animatrici della rete c3dem, nata una decina di anni fa con l’intento di ravvivare quella corrente cattolico-democratica che in tempi passati molto ha contribuito a rinnovare la cultura politica del cattolicesimo e a imprimere valori personalistici e solidaristici alla democrazia italiana.

Prenna è autore di un libro recente, molto denso, in cui ha cercato di mostrare come il cattolicesimo democratico abbia oggi una possibilità di rilancio recuperando il filone culturale del popolarismo di don Sturzo e traducendolo nella nuova prospettiva che il pontificato di Francesco ha coraggiosamente aperto con la sua teologia del popolo e la sua concezione della azione politica come mediazione tra le polarità che caratterizzano la vita umana e la realtà storica. Il libro si intitola Dal cattolicesimo democratico al nuovo popolarismo, sottotitolo: “Sui sentieri di Francesco” (lo abbiamo recensito poco tempo fa su questo sito; vedi qui).

L’incontro di Parma è nato un po’ per discutere del libro, ma anche, e forse soprattutto, per festeggiare Giorgio Campanini, per i 90 anni compiuti quest’anno e per il grande, grandissimo lavoro di pensiero, di insegnamento, di formazione culturale che per tanti decenni ha condotto in Italia nel solco del migliore cattolicesimo democratico. Il festeggiamento è stato fatto in casa, infatti Giorgio Campanini e i figli Riccardo e Sandro sono tra gli animatori dell’associazione “Il Borgo”, che ha ospitato l’incontro.

In un clima semplice e amicale hanno preso la parola, dopo una introduzione di Prenna, tre interlocutori: Pierluigi Castagnetti, Carla Mantelli (insegnante e membro dell’assemblea nazionale del Pd), e Matteo Truffelli (già presidente nazionale dell’Azione cattolica e professore di Storia delle dottrine politiche a Parma, nella stessa cattedra occupata in passato da Giorgio Campanini).

Mi è parsa singolare nell’incontro, e interessante, l’assonanza che vi è stata, pur con accenti diversi e con un di più di pessimismo da parte di Castagnetti e un di più di ottimismo da parte di Mantelli e Truffelli, nel dire con nettezza una cosa: il mondo, la realtà sono cambiati profondamente nel corso di una generazione, e il compito primario ora è cercare di conoscere la realtà nuova in cui siamo immersi, capirla, viverci dentro, e far maturare in noi la comprensione di quale apporto poter dare, di quale direzione imprimere al nostro impegno, al nostro cammino.

Ripercorriamo gli interventi.

Pierluigi Castagnetti ha esordito dicendo che oggi mancano i maestri del cattolicesimo politico che hanno avuto, invece, le generazioni del secondo dopoguerra, fino agli anni settanta; e ha ricordato un’affermazione recente di Giorgio Campanini: i cattolici democratici sono da tutte le parti e non sono da nessuna parte. Alla domanda perché la tradizione cattolico-democratica sia oggi così poco ascoltata, Castagnetti ha risposto che dobbiamo prendere atto che davvero si è avuto un cambiamento d’epoca, come papa Francesco ha sottolineato più volte. Prima, la maggior parte del popolo italiano aveva dentro di sé i principi, i sentimenti, del cristianesimo, e dunque vi era un habitat favorevole almeno a livello culturale; oggi, viviamo un tempo del tutto cambiato, e ben poco resta di quel radicamento cristiano nella coscienza degli italiani.  E qui Castagnetti introduce il punto di assonanza con gli altri interlocutori che poi prenderanno la parola. Ricorda uno dei quattro criteri di giudizio che papa Bergoglio ha sovente esortato ad assumere: la realtà è superiore dell’idea. E la realtà del nostro tempo – dice Castagnetti – non solo è drammaticamente complessa, ma ci dice chiaramente, appunto, che non c’è più, nella gente, un pensiero sociale forte che derivi dal sentimento cristiano. Si chiede Castagnetti, retoricamente: le nostre associazioni cattoliche hanno letto le encicliche di papa Francesco? I preti le hanno lette? Sono impegnative per loro? E aggiunge: è la prima volta nella storia recente che il papa viene contestato apertamente e disinvoltamente, dai cardinali, dai vescovi, dai preti. Questa è una cosa che non era mai avvenuta. Inimmaginabile. In questo contesto, noi cristiani siamo di fatto diventati una minoranza, per di più silenziosa. Di nuovo Castagnetti ha posto un paio di domande, questa volta non retoriche: possiamo dire che oggi parla solo il papa? Che la Conferenza episcopale italiana balbetta? Conferenza, per altro, il cui attuale presidente, mons. Bassetti, Castagnetti ha detto di conoscere bene: un’ottima persona, un sant’uomo.

Questa, dunque, è la realtà. E si tenga conto che ancor meno, fuori d’Italia, si parla di cattolicesimo democratico, di cristianesimo politico … Castagnetti ne ha avuto conferma in una recente conversazione con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, madre di sette figli e anche presidente di una Fondazione culturale luterana. Allora, il compito, oggi, – afferma Castagnetti – è di fare i conti con la realtà. Conoscerla, capirla; e capire da dove cominciare per cambiarla, per costruire un tessuto diverso, un percorso diverso. Si deve farlo – ha detto, citando Jacques Delors – mettendo le mani nella morchia della storia. Non è più la stagione nella quale Lelio Basso poteva dire che i cattolici (i Dossetti, i Moro ecc.) erano arrivati più preparati di socialisti e comunisti all’appuntamento dell’Assemblea costituente. Avevano studiato e avevano in mente un modello di Stato. E hanno saputo farsi valere. Oggi si deve tornare a piegarsi sulla realtà – ha ribadito Castagnetti -, a studiarla, a capirla e a capire come poterla cambiare. Di qui, il suo giudizio non ottimista sull’auspicio di Lino Prenna: non credo, ha detto Castagnetti, che sia possibile in tempi brevi una presa in carico del progetto del nuovo popolarismo.

 

Carla Mantelli, nel suo proporre alcune parole-chiave da lei colte nel libro di Prenna, su una ha insistito in particolare: mediazione. Nella politica, nella vita democratica, è molto importante saper mediare tra poli opposti. Che però è un lavoro impegnativo. Ed è per questo che la politica è un’attività molto faticosa, che genra anche spesso non poca delusione (in chi la vive in prima persona ma anche in chi la vede in tv). Ma non bisogna lasciarsi prendere dallo sconforto. Non si deve denigrare la politica. Piuttosto riabilitarla, come scrive Prenna. Dice Mantelli: bisogna portare rispetto per la politica così come è, anche se non è, e non può essere, come la sogniamo. Si deve avere una visione cordiale del tempo presente. E qui Carla Mantelli è tornata sul punto sottolineato da Castagnetti, e forse andando oltre con una nota di maggior fiducia: inutile avere nostalgia del passato, inutile  fermarsi a pensare che il presente sia un peggioramento di quel che c’era prima, quello che conta è saper analizzare la realtà.

Nel suo intervento, poi, sono venuti alcuni rilievi critici in chiave femminista. Ha bacchettato Prenna perché nel suo libro si usa molte volte il termine “uomo” e molto poco il termine “persona” che assai meglio darebbe il senso della pienezza dell’essere umano, uomo e donna. Ha bacchettato la chiesa, sia perché sembra considerare come autentici valori cristiani quelli che sono espressi in scelte di vita religiosa e non anche quelli che sono espressi in scelte di vita politica, sia perché pensa di poter educare alla buona politica quando al suo interno ancora tiene le donne in una posizione subordinata. E si è detta grata alla teologia femminista che finalmente ha iniziato a pensare Dio non solo al maschile.

 

Matteo Truffelli ha sostenuto, anche lui con un maggior ottimismo di Castagnetti ma pur sempre nel suo solco di ragionamento, che parlare di popolarismo in un’epoca di assolutizzazione dell’individualità (e di populismo) è certo sfidante. Individualismo e populismo stanno, oggi, sia a destra che a sinistra. Anche per Truffelli il punto è che viviamo in un’epoca che ci invita, ci obbliga, a ripensare ciò che vogliamo essere. Alla chiesa che vogliamo essere. E questo, del resto, è ciò che, sempre, Francesco ci dice. Da questo punto di vista, allora, il popolarismo può avere un ruolo.

Ma si deve capire, secondo Truffelli, che, quando ci si lamenta sull’insignificanza dei cattolici in politica e ci si arrovella sul che fare, si dimentica che la domanda che dovremmo farci, in primo luogo, è: che cosa abbiamo da dire? Per il mondo, per l’Italia, per la chiesa … Tre sono i passi da compiere: avere qualcosa da dire; saperlo dire con lo stile e i modi giusti, rispettosi degli altri; e assumere l’apparente debolezza di partire dal confronto con il contesto in cui si vive, dialogando e non solo attestandosi su quello che noi si ha da dire. A questo proposito Truffelli coglie nel Francesco della Fratelli tutti l’invito stimolante e impegnativo a imparare a pensare insieme agli altri, per capire come trasformare insieme la realtà. L’esigenza che urge oggi è mettere insieme, tessere e non lacerare. È imparare la corresponsabilità, sia sul piano ecclesiale (e qui il Sinodo perche Francesco ha voluto perché si impari come vivere la sinodalità) sia sul piano sociale e politico, non preoccupandosi degli spazi da occupare, come ammonisce Francesco, ma dei processi che possiamo avviare (questa è la buona politica).

 

L’insistenza di tutti e tre gli interventi sulla necessità di tener conto della realtà così profondamente mutata e così in via di mutazione, e sulla necessità di pensarla e capirla, per poi avere davvero qualcosa da dire, e da fare (insieme agli altri), mi ha fatto venire in mente un incontro che come c3dem organizzammo due o tre anni fa con Romano Prodi, a Bologna. Dopo aver ascoltato tanti discorsi, tanti lamenti sulla irrilevanza dei cattolici nella vita politica, Prodi disse una cosa chiara: noi non abbiamo qualcosa da dire. Non una cosa qualunque, né le cose che sempre abbiamo detto … Non abbiamo – questo era il senso del suo discorso – un progetto politico e culturale che sia frutto di una lettura seria, profonda, della realtà in cui oggi siamo immersi. E questo è il punto in cui siamo.

 

Vale allora la pena di riferire il breve intervento che Giorgio Campanini ha fatto a conclusione dell’incontro di Parma. Dopo il ’90, ha detto, lui si è mosso con l’idea (assai diversa da quella che continuava a prevalere nella chiesa) che bisognava trovare profitto dalla fine dell’unità politica dei cattolici. Ma la sua delusione è stata di rendersi conto che, rotta l’unità partitica, non si è riusciti a mantenere una unità nello studio della realtà sociale, nella ricerca, nell’aggiornamento dell’insegnamento sociale della chiesa. Egli guarda con poca simpatia ai tentativi di riaggregazione politica condotti qua e là da spezzoni di mondo cattolico. Tutt’oggi Campanini crede ad una unità sul piano culturale. Dice che manca un vero centro unitario di cultura politica dei cattolici. Di questo centro ci sarebbe bisogno oggi per tornare a pensare la società, a studiare la realtà; e di lì poi a formulare delle linee di cultura e di politica.

 

Giampiero Forcesi

 

 

 

3 Comments

  1. Grazie della efficace sintesi, non avendo potuto partecipare all’incontro

  2. Caro Giampiero, un grande e sincero grazie per la pazienza e il senso di partecipazione a questa iniziativa, e per questo tuo articolo, che non è solo una cronaca ma un rilancio di spunti e temi, che spero possano essere ripresi e approfonditi. Un abbraccio.

  3. Io vorrei essere meno pessimista di Castagnetti di cui, tuttavia, apprezzo l’analisi sempre puntuale ed espressa in modo incisivo ed efficace: tutti gli interventi, più o meno esplicitamente, hanno condiviso, infatti, la convinzione che non possiamo ritenere che la realtà che stiamo vivendo, e che ci appare tanto lontana da quella vissuta da noi nel nostro tempo, ci autorizzi a pensare che non sia più affare nostro e che si debbano attendere con un po’ di speranza e fiducia, ma molta perplessità, tempi migliori che competono comunque ad altri. Questo è il tempo che ci è dato di vivere e questo è ancora il nostro tempo da vivere con sapienza e responsabilità, senza invadenza e presunzione, cercando innanzitutto di leggere ed interpretare la realtà. Giorgio Campanini, con il suo abituale calore, segno di un pensiero maturato con convinzione, dice che la presenza dei cattolici in politica si deve esprimere su un piano principalmente culturale, un piano che permette di non sposare in modo preconcetto una parte, di giudicare con piena libertà, di criticare, di richiamare e di proporre. La linea identitaria dei cattolici è chiaramente tracciata dall’insegnamento sociale della Chiesa che Papa Francesco aggiorna ed adegua in modo stringente alla realtà attuale: il popolarismo può costituire l’ispirazione di fondo con cui i cattolici democratici si approcciano alla politica, la loro caratteristica identitaria, in un tempo in cui sembra prevalere un leaderismo che strumentalizza il popolo e la democrazia perde di qualità. Ritengo, però, che la presenza dei cattolici, pur su un piano culturale, debba essere avvertita dalla comunità e quindi abbia la possibilità di incidere sulla vita sociale e politica toccando con tempestività l’attualità, destando l’attenzione e suscitando il dialogo ed il confronto. Qualcosa di diverso dalla funzione delle numerose e meritorie pubblicazioni e riviste di area cattolica che approfondiscono i temi e alimentano la cultura, in particolare, dei cattolici impegnati personalmente e direttamente nel servizio sociale e politico. Quando Giorgio Campanini ipotizza un soggetto attivo nel collegamento fra associazioni e aggregazioni e ne denuncia la difficoltà penso alla rete “Costituzione, Concilio, Cittadinanza” ed alla funzione di questo portale e mi chiedo se questa impresa debba considerarsi superata o non, piuttosto, non ancora sufficientemente sperimentata e sviluppata.

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