LA COMUNITÀ DI BOSE ALLA PROVA

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Che cosa sia accaduto a Bose, e in Vaticano, non è facile da comprendere. Di certo c’è il comunicato della Comunità (“Visita apostolica e allontanamenti”). Un articolo di Paolo Griseri, su Repubblica di giovedì, riferisce pareri interni ed esterni: “La tempesta di Bose. Nella Comunità dove la pace è finita”. Sul Corriere della sera, sempre giovedì, Gian Guido Vecchi riporta quasi per esteso una nota di Enzo Bianchi che spiega la sua posizione e chiede un ripensamento: “Bianchi: Non ho mai contestato il priore di Bose”. Nello stesso giorno, su Repubblica, un duro commento di Alberto Melloni, che sembra dire che si tratti di una macchinazione della parte più conservatrice del Vaticano che ha colpito Bose, in qualche nodo aggirando papa Francesco: “Dietro il ‘mistero’ di Bose”. Ancora più duro, nel suo stile, il commento di don Paolo Farinella sul sito de Il Fatto: “Comunità di Bose: era già tutto scritto”. L’Avvenire sembra dare una interpretazione più piana, che individua nella volontà del nuovo priore e della Comunità l’origine della decisione vaticana, con due articoli di Luciano Moia: mercoledi, sul sito: “L’allontanamento di Enzo Bianchi: si tenta ancora il dialogo”, e venerdì: “Caso Bose, padre Sorge a Enzo Bianchi: «Accetta questa croce»”. Sul sito de Il Fatto c’è un’intervista a mons. Luigi Bettazzi: “Enzo Bianchi fa bene a chiedere al Vaticano le prove, deve potersi difendere”. Lorenzo Prezzi, direttore di Settimana News, scrive: “La coerenza fra magistero papale di Francesco e testimonianza monastica di Bose sconsiglia una lettura di contrapposizione istituzionale e orienta verso una tensione prevalentemente interna” (“Bose alla prova”). Problematico e ricco di riflessioni è l’ampio commento di padre Alberto Simoni op, di Koinonia, che formula varie ipotesi e conclude che sarebbe bene che il papa rendesse nota la Relazione conclusiva della visita apostolica e spiegasse il suo pensiero: “Interrogarsi, guardando Bose dal di fuori: ‘Normalizzazione’ di papa Francesco?”. Altri articoli si trovano in Il Riformista (Fabrizio Mastrofini, “Il retroscena della cacciata di Enzo Bianchi”) e sul portale di Aleteia (Giovanni Marcotullio, “Che cosa ci insegna il caso Enzo Bianchi”).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

One Comment

  1. Ritengo abbastanza probabile che fr. Enzo abbia peccato sì, ma solo di ingenuità. La eccezionalità profetica di Bose dava e dà troppo fastidio a chi ha desiderio (o ha bisogno per i propri scopi) di una Chiesa che guarda all’indietro e a destra.
    Due -credo- sono state specificamente le sue ingenuità:
    1- L’ingenuità di pensare che anche senza la sua personalità fortemente carismatica, senza i suoi ottimi e diretti rapporti con gli ultimi pontefici e di conseguenza senza le sue “spalle grosse” i corvi, gli sciacalli e altre bestiacce carnivore e opportuniste se ne sarebbero comunque state buone e alla larga.
    2- “Non scomparire”: ritengo che una figura di peso come la sua, una volta presa la responsabile ma rischiosissima decisione di lasciare il priorato, avrebbe dovuto essere capace di sparire agli occhi del mondo. Non scrivere più, o poco, non comparire più, quantomeno non all’esterno, non sui media. Fare il monaco e basta. Come dovrebbe un papa emerito (e ahimè nemmeno lui ne è stato capace) o qualsiasi altra figura troppo facilmente strumentalizzabile in malafede a fini contrappositivi.
    Queste due ingenuità, hanno consentito -non so su che basi concrete- di ordire un micidiale trappolone in cui il colpo “da maestro” (s’intende: il più diabolico e più odioso) è averlo fatto firmare dal Segretario di Stato di Francesco e fatto “timbrare” nientemeno che da Francesco in persona; insomma il delitto perfetto che su un solo spiedo –come dice Melloni- infilza con satanica abilità una quantità di prede che vanno da Bianchi a Bergoglio stesso compreso, ed i cui retroscena si sveleranno solo tra molto tempo.
    Questo è ciò che si può facilmente intuire se non si è così creduloni dal pensare che all’origine di una tale spropositata pena canonica ci sia solo quel po’ di fisiologica rivalità tra vecchio e nuovo priore (che oltretutto è il delfino da sempre di fr. Enzo e di certo non gli è così contrapposto).
    Al di là di ogni analisi e conseguente grandissima amarezza, per me resta ora la priorità di intercedere per fr. Enzo, Fr. Luciano e tutta la Comunità, che hanno bisogno oggi della nostra preghiera e del nostro affetto, come noi tutti abbiamo bisogno della profezia e dell’ossigeno che Bose è per la Chiesa, per l’ecumenismo e per il mondo. Sempre che corvi e sciacalli, gli emissari del Divisore, non proseguano ora lo smantellamento e la “normalizzazione” della comunità, smontandone le peculiarità pezzo per pezzo; a volerli cercare, i pretesti e gli appoggi li troveranno sempre e ora che il veleno è stato messo in circolo sarà ancora più facile dividere e distruggere.
    Invito chi legge a pregare lo Spirito e a scrivere –come io ho già fatto- alla Comunità di Bose per esprimere affetto vicinanza e incoraggiamento.

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