A proposito dell’articolo di Franco Monaco

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L’autore si riferisce all’articolo “A proposito di un’ipotizzata componente catto-renziana nel Pd

 

Sinceramente questa volta mi ritrovo poco in sintonia coll’amico Franco Monaco.

Innanzitutto chiederei di evitare l’uso del termine catto-renzismo; richiama alla memoria lo storico catto-comunista che non era un termine benevolo, ma piuttosto un epiteto dal sapore dispregiativo.

In secondo luogo capisco che Franco Monaco, parlamentare PD che ha a che fare tutti i giorni con colleghi di ogni specie e colore, senta l’esigenza di criticare iniziative che lo preoccupano o lo indignano. Si tratta di una più che legittima polemica politica per prendere le distanze da iniziative dubbie.

Per me il problema dovrebbe chiudersi qui.

Se un gruppo si dice cattolico, è vicino a Renzi, si propone di assumere iniziative, non rimane evangelicamente che stare a vedere: l’albero si giudica dai frutti che dà. Non abbiamo primogeniture né investiture particolari, dunque chiunque può ritenersi cattolico democratico, salvo poi dimostrarlo nella realtà.

Personalmente non ritengo neppure che oggi il cattolicesimo democratico si misuri sulla fedeltà o meno alle nobili figure di La Pira, Dossetti e Moro, ma piuttosto e più impegnativamente e doverosamente sulle scelte politiche attuali (che ognuno esprime sulla base della sua cultura, ma sotto la propria esclusiva responsabilità). Non ho dubbi che i cattolici democratici parlamentari si richiamino ai nostri maestri; ma cosa sono in grado di esprimere oggi?

Ho già avuto occasione di esternare il mio aperto dissenso sul documento dei giuristi cattolici del Comitato Nazionale Dossetti: non basta certo richiamarsi a Dossetti per avere ragione. Non penso di essere meno dossettiano esprimendo un’idea contraria all’ipotesi di elezioni anticipate su base proporzionale, ciò che trovo del tutto strabiliante.

Ho l’impressione che i cattolici democratici parlamentari si trovino in una situazione di grande sofferenza, ciò che è comprensibile, stretti come sono tra una cultura politica che ha dimensioni storiche e ideali di grande respiro e una politica del PD incalzante, decisionista, che tende all’efficacia immediata. Ritengo che non sia possibile oggi una sintesi o un accordo tra questi due livelli, tra il piano culturale e quello della politica di partito; se ciò fosse realizzabile, esisterebbero le condizioni per dar vita a un gruppo o corrente. Queste condizioni oggi non esistono strutturalmente.

Per questo è bene che i C3dem facciano cultura politica (naturalmente aperti a tutti gli incontri e a tutti gli scambi) e che i parlamentari facciano la politica; politica che oggi non è bene fare tra cattolici – renziani o non renziani che siano – ma con altre persone e gruppi all’interno del PD. Per questo è nato il PD, ed è bene che si operi  coerentemente, trattandosi di una scelta fondativa e di principio.

Sul piano politico è naturale oggi dividersi, non solo tra cattolici, ma anche tra cattolici democratici; sul piano della cultura politica (c3dem) si può tentare gradualmente e progressivamente di avanzare delle idee e proposte utili alla politica, al PD, e certamente anche ai cattolici che si impegnano politicamente.

Sandro Antoniazzi

3 Comments

  1. Sono d’accordo con Antoniazzi. per troppo tempo l’idea del cattolicesimo democratico è stata legata ad una retorica piagnona in cui la domanda principale era “cosa direbbero i nostri maestri …?” quando il problema era cosa dovevamo dire noi. Non vorrei che alla fine emergesse un’idea residuale e museale della nostra tradizione che non a caso si sposa con un’idea residuale e museale della tradizione della sinistra.
    La sintesi perfetta di questo atteggiamento è Raniero La Valle, che ancora non si dà pace della fine del PCI e della scoperta che il socialismo reale era un sistema abietto, ed ha requisito unilateralmente la figura di Dossetti (provando a fare lo stesso addirittura con Papa Francesco) per difendere un’idea di Costituzione che assomiglia stranamente al salotto di Nonna Speranza, carico di “piccole cose di pessimo gusto”. A fronte di ciò, il renzismo è una reazione non solo comprensibile ma persino sana, perché spalanca le finestre e fa entrare aria.

  2. Forse sbaglio (mi succede spesso), ma credo che ci si troverà presto tutti con il classico “pugno di mosche in mano”, se almeno i cattolici democratici non cominciano a porre (e a porsi) i problemi reali del Paese e non soltanto quelli (pu necessari) dei rapporti politici.
    Tra i problemi più misconosciuti, a me pare ci sia quello delle risorse con le quali l?italia può essere fatta crescere o, almeno, non decrescere. E, tra le risorse meno considerate, ci sono le risorse di cultura dei territori storici. Per le quali occorrono (sempre e soltanto secondo il errante parere) due condizioni: una legge urbanistica che – mentre interrompe drasticamente il consumo di territorio e lo smembramento degli edifici storici e dei loro contesti ambientali – propone le condizioni per la cura dei territori storici senza identificarla con eclatanti, ma episodici, interventi di onerosi “ri-restauri”; un legge che favorisca la mutazione dei servizi culturali in Imprese di paidecoltori (coltivatori-produttori di cultura) che si assumano il mandato di incrementare la redditività delle risorse di cultura (artistica-storica-scientifica-letteraria-tecnologica-telematica) diffuse nei territori storici che da secoli abitiamo inconsci delle loro effettive potenzialità.

  3. Leggo in ritardo. C’è sottotraccia nell’articolo, una certa voglia di storicismo. Che quando non si ubriaca dei cambiamenti e si nutre di sana realtà storica non è mai negativa. Basta tuttavia non farne un unico e solo dogma interpretativo degli eventi politici e sociali e dei comportamenti umani. Poiché una tale opzione conduce dritto dritto nel vicolo cieco del relativismo assoluto. La storia procede. Non ci sono dubbi. Ed è altrettanto certo che cambia i riferimenti culturali con cui noi giudichiamo l’uomo situato in un tempo, in un luogo e in uno spazio. Detto ciò io credo che un cattolico, ma non solo, dovrebbe usare con molta cautela un tale atteggiamento. Il rischio che altrimenti si corre è quello di trasformare l’universo dei valori su cui si fonda il cristianesimo, e non solo, in un perenne presente. E cioè in una variabile immanente che dipende solo e soltanto dalla storia. Che è altra cosa dall’incarnare storicamente questo universo dei valori. Ora che La Rerum Novarum, Sturzo, Il Concilio, la stessa Costituzione, La Pira, Dossetti e Moro, ecc. siano situati storicamente, non cambia di un millimetro il fatto che essi hanno interpretato un sistema di valori che sotto altra forma appartiene anche a noi. Basta saperlo trasferire nella lettura dei tempi globalizzati che viviamo, e nelle nuove sfide che lo sviluppo della scienza–tecnica pone all’uomo dei nostri giorni. Bergoglio sta dimostrarlo di saperlo fare .

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