Riforma della giustizia (e condanna di Berlusconi)

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Il 7 agosto l’Unità pubblica un limpido articolo di Marco Olivetti (“La riforma della giustizia”) in cui l’autore cerca di affrontare il tema in termini non ideologici, e con riferimento all’invito di Napolitano del 2 agosto. Il 6 agosto Angelo Panebianco aveva scritto un articolo sullo stesso tema (“La riforma più difficile”) in cui, come Olivetti, aveva sostenuto che c’è squilibrio tra il potere della magistratura (più forte) e quello della politica (più debole) e che la strada maestra è rafforzare la credibilità e l’autorevolezza della politica, ma aveva sottolineato maggiormente i guasti di questo squilibrio e aveva proposto qualche correttivo specifico (a Panebianco risponde Michele Vietti, con una lettera al Corriere). Il tema è ripreso anche da F. P. Casavola il 7 agosto sul Mattino, ma in termini meno problematici (“La giustizia che il Paese attende”). Un commento di natura più etico-sociale è quello di Cesare Trebeschi nell’edizione bresciana del Corriere della Sera del 6 (“Un dispositivo improprio”). Sul Foglio dell’8 agosto un editoriale non firmato, probabilmente di Giuliano Ferrara, (“Quel che Mauro dimentica/1”) alza la polemica e critica un precedente editoriale del direttore di Repubblica in tema di rapporti tra politica e magistratura rifacendosi all’art. 68 del testo costituzionale del ’47, che prevedeva l’immunità parlamentare. Il 9 agosto esce un articolo sull’Unità del responsabile giustizia del Pd, Danilo Leva (“La riforma della giustizia che serve al Paese”) che però scantona il problema. Sul Corriere torna sul tema, da posizione “terzista2 ma non irragionevole, Giovanni Balardelli (“Una replica troppo lunga“).

 

 

 

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