Meno tasse è di sinistra?

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Il candidato favorito alla corsa per la segreteria del Pd, Matteo Renzi, ha lanciato uno slogan perentorio nelle ultime settimane di campagna: «meno tasse è di sinistra»! E ovviamente ha colto nel segno con il suo indubbio fiuto, perché la cosa ha suscitato interesse. E forse anche consensi facili. Fa parte del dichiarato proposito di accattivarsi simpatie nel ceto medio moderato e nell’elettorato esterno alla tradizionale impostazione di sinistra, e ci può stare. E’ un messaggio rassicurante, in tempi di polemica contro tutto quello che sa di statalismo, in tempi di artigiani sconsolati per l’aumento degli anticipi fiscali e di Equitalia rappresentata ormai come una banda di inferociti succhiatori di sangue. Ma è una frase cha abbia senso comune? Ne dubito seriamente.

Meno tasse sul lavoro, ancora, avremmo ancora potuto capire… Però, allora, si sarebbe dovuto contestualmente precisare, più tasse sui patrimoni e sulle rendite. Così avrebbe certamente avuto un senso più vicino alla logica della sinistra, attenta al riequilibrio sociale . Ma su questo aspetto il sindaco preferisce glissare. Meno tasse sui redditi medi che rischiano di essere stritolati dalla crisi, meno tasse sui redditi bassi ormai impoveriti dalla dinamica dell’aumento della forbice sociale, magari… Ma il candidato si è ben guardato dal rilanciare il principio costituzionale della progressività delle imposte, cardine di ogni politica di sinistra nell’Europa del Novecento, fin dalle battaglie dei liberali progressisti britannici di inizio secolo contro la Camera dei Lords. O magari, ci saremmo aspettati: meno tasse per chi le paga già tutte e troppe, assieme a una dura contrapposizione nei confronti di chi le evade… Perché non possiamo far finta di niente, nella logica della sinistra: l’evasione fiscale più o meno vellicata e tollerata dai governi della repubblica è stata un dramma che ha squilibrato ogni base possibile di una politica riformista. Il sindaco però non se ne cura molto, lascia nell’implicito anche questo aspetto.

Si potrebbero trovare delle attenuanti: era una battuta, magari nel programma è spiegato meglio. Apri la mozione Renzi e trovi alcuni passaggi sulle tasse che non sono molto più approfonditi dello slogan: «non dobbiamo più consentire a nessuno di definirci il partito delle tasse. Perché non lo siamo…». Ok, un problema di immagine. E poi: «Tutto ciò che otterremo dal recupero dell’evasione fiscale dovrà essere utilizzato soltanto per la riduzione delle tasse, non producendo ulteriore spesa. Tutto ciò che otterremo dalla dismissione di patrimonio dovrà essere utilizzato soltanto per ridurre il debito, non producendo ulteriore spesa». Altro mi pare si faccia fatica a trovare (se non una un po’ contraddittoria richiesta di superare il tetto europeo del 3% del deficit).

Bene: sembra una piattaforma piuttosto modesta come base per una sinistra europea moderna e riformatrice. Il messaggio fondamentale è chiaro: la spesa pubblica si può solo comprimere. Andrà ancora bene se si proverà a comprimerla in chiave qualitativa (la mitica «riduzione degli sprechi»: da chi abbiamo già sentito questo slogan?). Finora la realtà è stata ben diversa: abbiamo assistito a una riduzione «lineare» che ha il suo limite (dei dipendenti pubblici in oggettivo eccesso che ne facciamo? Li fuciliamo? Al massimo non li sostituiamo quando vanno in immeritata pensione). E così abbiamo assistito e sempre più assisteremo alla contrazione e all’invecchiamento della pubblica amministrazione, anche in gangli vitali: formazione, sicurezza, giustizia ecc. ecc. E’ questa la logica del candidato segretario?

Con tutta la comprensione per il fatto che l’Italia ha margini di azione oggettivamente più modesti di altri stati, data la montagna del debito pregresso, mi pare che nella sinistra europea e americana riformatrice i discorsi che si sentono sono diversi. E’ possibile ragionare, piuttosto che di semplice riduzione, di una vera riqualificazione della spesa, che individui settori nuovi e qualitativamente strategici di investimento, con modalità molto più efficienti e flessibili dal passato, per l’intervento dello Stato? Se si ragiona in questo modo, parte della spesa potrà anche provvisoriamente crescere, invece che ridursi. Permettendo così di stimolare e accompagnare una ripresa economica diversa da quella che l’economia stenta a costruire. Qui sta la domanda cruciale di un keynesismo aggiornato.

Se questa è la sfida, sulle tasse si può poi anche discutere, con un patto sociale esplicito con i cittadini da costruire su questi obiettivi. Ma se ci si lega le mani in anticipo e in modo generico sulle tasse, mi pare difficile aprire un cantiere attorno a questa delicatissima materia.

 

Guido Formigoni

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  1. Condivido quanto dice Guido Formigoni: la crisi attuale è di sistema e non può essere risolta con interventi estemporanei, tanto peggio se questi mirano a guadagnare il consenso per un eventuale successo elettorale a breve termine. Occorre una linea politica organica che parta da un’analisi ed una interpretazione della situazione e giunga ad una proposta che potrebbe anche non rivelarsi quella giusta e non dare i risultati sperati nel lungo termine ma alla quale si possa contrapporre una eventuale linea alternativa: credo che questa sia la politica e che qui si fondano le ragioni di un bipolarismo che altrimenti è solamente competizione sportiva per la vittoria di un club su un altro club mentre la situazione economica e sociale si degrada. Credo che il PD per le sue origini, le sue ispirazioni ideali e per le ragioni che ne hanno guidato la nascita debba assumersi la responsabilità di ridare al Paese questa politica ed a chi si candida ad esserne segretario è lecito chiederne la consapevolezza!

  2. Ovviamente le risposte più strutturate si trovano negli interventi di area più strutturati, non in singoli interventi da campagna, strutturalmente più episodici.
    Nello specifico direi di leggere questo, che chiarisce bene:
    http://www.europaquotidiano.it/prodotto/unagenda-per-renzi/

  3. Forse bisognerebbe rendersi conto che la pressione fiscale in questo Paese, stante il livello mediamente scadente dei servizi resi è un danno non più tollerabile per tutti i cittadini, ma in particolare per quelli meno abbienti. Dunque tagliare le tasse è necessario. Altrimenti diventa impossibile far ripartire consumi e occupazione. E questo è di sinistra.

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