La Questione Sociale… passa la mano

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La “Questione Sociale”, tradizionale  problema per il mondo cattolico, passa la mano. Sergio Landini la rivendica. Non senza qualche buona ragione. Ha però chiarito che la sua sortita è solo tesa ad aggregare tutti coloro che “… sono sensibili al sociale e mettono al centro il lavoro”. Secondo le sue affermazioni, non avrebbe dunque la finalità di far nascere un soggetto politico.

Non si forza la storiografia se si ricorda che la “Questione Sociale” è un antico tema, centrale per l’impegno del movimento cattolico e del cattolicesimo sociale. La Rerum Novarum  lo ha legittimato col sigillo di un Papa. Successivamente è servito da collante culturale e da detonatore per l’impegno politico dei cattolici, iniziato ufficialmente qui in Italia nel lontano 1919. Anno in cui Luigi Sturzo fonda il  Partito Popolare, che, come si legge nell’“Appello”, ha nel suo programma anche l’obiettivo di difendere gli  “…ideali di giustizia sociale  e migliorare le condizioni generali del lavoro … elevare le classi lavoratrici …attraverso previdenza e assistenza sociale”. Che il cattolicesimo politico e democratico italiano affondi le sue radici nella Questione Sociale non dovrebbe sorprendere. Con qualche ideologia di troppo, anche i partiti della sinistra storica presentano questa caratteristica. Anche se i clerico conservatori si  sono sempre indignati, dovrebbe sorprendere ancora di meno che il magistero della Chiesa si sia concentrato con fervore, e per ben due secoli, su tale questione.

Oggi constatiamo che con la crisi dei partiti di massa sono spariti sia i partiti cattolici, quanto quelli della sinistra storica. Al loro posto è avanzata quella che qualche studioso ha definito la democrazia del  pubblico, preludio al partito del pubblico: da una parte il leader, dall’altra il pubblico, con in mezzo i vecchi e nuovi media. Altro non c’è!  E, a guardar bene, noi ci siamo dentro da non poco tempo.

Succede ora che, accompagnando la crisi economica degli ultimi dieci anni,  sia emersa una Nuova Questione Sociale. Più preoccupante e devastante di quella della Rivoluzione industriale ottocentesca. Perché meno governabile e meno prevedibile nei suoi esiti, se si tiene conto che è intrecciata con la globalizzazione dell’economia e dei mercati, compresi quelli finanziari, e che viene trascinata da uno sviluppo tecnologico impensabile sino ad appena dieci anni fa.

Nasce dunque una Nuova Questione Sociale. E ai vecchi poveri si aggiungono ora i nuovi poveri. Si rimescolano le carte dei ceti medi che scendono la scala sociale. Sparisce, dice De Rita, la borghesia virtuosa. Si restringono i ceti ricchi, che diventano sempre più ricchi. E si allargano quelli poveri, che diventano sempre più poveri. E il mercato finanziario dei pochi acquista un ruolo centrale nell’economia, declassando il mercato manifatturiero dei molti. Quello che creava posti di lavoro. Si automatizzano interi processi produttivi espellendo forza lavoro. Si delocalizza l’impresa creando disoccupazione e lasciando intere famiglie sul lastrico. E le banche prestano soldi ai soliti noti.

Tutto ciò, dicono gli studiosi ottimisti,  in attesa che si esaurisca il  ciclo economico negativo della de-crescita e riparta l’economia. Lo speriamo tutti. Anche se dobbiamo chiarire bene cosa intendiamo per crescita. Ma tutto ciò si riversa sulla politica e si scarica su quei partiti che ancora vogliono dare un senso alla rappresentanza sociale, a cui si rimprovera disinteresse. Se non addirittura uno spostamento del baricentro dei loro interessi. Ora posizionato su quel liberismo economico  e quel mercato che reclama  più società e meno stato, più laissez faire e meno regole. Non dovrebbe dunque scandalizzare l’uscita di Landini. Dovrebbe solo fare riflettere che occupa uno spazio storicamente proprio della cultura cattolica. Ai nostri giorni fin troppo silenziosa. Senza sussulti e senza protagonismo. Specie in quell’associazionismo cattolico, laica avanguardia critica nel post concilio di denunce pacate e di protagonismo sulle diseguaglianze e sulla democrazia. Anche questo associazionismo passa dunque la palla. Non solo a Landini. Ma anche, se non soprattutto, a papa Francesco. E meno male! Un papa “marxista”, come i repubblicani Usa lo hanno definito, e come qualche incauto ateo-devoto teocon nostrano lo definisce. Ma una Papa che, ormai da solo, si è fatto carico  delle ricadute della società capitalistica e del mercato globale senza regole, in cui siamo immersi. Con il silenzio assordante del laicato cattolico… in tutt’altre faccende affaccendato .

Che ci siano disattenzioni dell’associazionismo cattolico non è una notizia: Il trend è iniziato diversi anni fa dentro la Cei. E dispiace. Ma che, sotto altri aspetti,ci sia incapacità dei partiti di rappresentare la Nuova Questione Sociale è un fatto che preoccupa non poco.

 

Nino Labate

2 Comments

  1. La nova questione sociale è appunto quella presa in conto dalla nuova legislazione sul lavoro, che protegge la persona nella ricollocazione da un lavoro all’altro, l’unica prospettiva seria e non demagogica in una società dove si cambiano inevitabilmente vari lavori nel corso della vita.
    Nuova questione quindi nuovi strumenti. Chi ripropone i vecchi strumenti è ancorato alla vecchia questione. Se ne accorgono bene anche gli operai della Fiat quando non aderiscono agli scioperi di Landini.
    L’associazionismo è ben vivo, giusto una settimana fa vi è stato un bell’incontro formativo sul jobs act, commentato dal giuslavorista Faioli il giorno dopo l’approvazione, a Civiltà Cattolica nella sostanziale condivisione di fini e strumenti. Quindi tempismo e discernimento ben assicurati.

  2. postilla: sul jobs act vari contributi sul nuovo numero di Qdr http://www.qdrmagazine.it/

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