LA LINEA MINNITI

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Sulla figura, e la politica, di Minniti si discute molto, da un mese e più. Oggi sull’Huffington Post Franco Monaco torna a esprimere qualche dubbio sulla rigidità del senso dello Stato del ministro come di altri ex-Pci (“Minniti e il partito unico”). Dopo due interviste, ieri, abbastanza severe, una di Massimo Cacciari (“Il dovere della sinistra è reagire a tutte le bugie della destra”) e una del vescovo di Bologna Matteo Zuppi (“Dalla politica ci aspettiamo che fermi la guerra tra i poveri, non che attacchi i profughi”), la Repubblica pubblica oggi un editoriale di Giancarlo Bosetti che sostiene il realismo di Minniti (“Come zittire la lingua indecente del razzismo”). Viceversa il Manifesto di un paio di giorni fa ha pubblicato due articoli assai duri: Alex Zanotelli, “Per razzismo e linea Minniti saremo giudicati dalla storia”, e Tommaso Di Francesco, “Lo stile coloniale di Minniti”. Claudio Cerasa, dal canto suo, ricava dal duro dibattito politico sui migranti l’idea che oggi si confrontino due sinistre, quella dei diritti e quella dei doveri, e sostiene che la legalità sia l’unica forma dell’umanità: “La percezione della sinistra nello scontro tra diritti e doveri” (Foglio). Ma resta, tutto intero, il dramma dei migranti ora respinti o intrappolati in Libia: “Le guardie libiche ci uccidono e ci gettano in una buca” (reportage di Vita). Minniti, intanto, ora lavora a migliorare accoglienza e integrazione di chi c’è; Francesco Grignetti su La Stampa riferisce: “Il piano Minniti: tocca alle regioni integrare i profughi”; Marcello Sorgi vede le difficoltà: “Una sfida al muro dei pregiudizi”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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  1. Le decisioni di Minniti sui migranti, che in quanto Ministro sono decisioni condivise da tutto il Governo, hanno sollevato un grande dibattito nel Paese, in particolare su quella che è, da taluni, ritenuta la parola d’ordine “prima gli italiani”. A questi “taluni” intendo rispondere.

    LETTERA APERTA AD ANTONIO SOCCI E AGLI “IMPRENDITORI DELLA PAURA”, SALVINI, MELONI, ECC.

    Caro Antonio, ho letto quanto hai scritto e pubblicato su “piovegovernoladro” del 2 settembre 2017, giornale online della destra politica, e devo dire che non essendo giornalista, scrittore e conduttore televisivo come te perché sono del tutto impreparato e inadeguato per confutare le tue tesi, e dunque non posso che dire che hai ragione, che è giusto, prima gli italiani!
    Ciò premesso mi permetto però di fare, come si dice, i conti “della serva”.
    Ogni mese dalla mia busta paga, e non importa se è da lavoro o da pensione perché sono sempre soldi del mio lavoro, guadagno del mio tempo, ci sono trattenute, ossia tasse applicate alla fonte da cui, a differenza di chi non è lavoratore dipendente, non si scappa.
    Queste tasse vengono spese per varie cose, tra cui “Prima gli italiani” (nel senso di sussidi di disoccupazione, pensioni minime, alloggi pubblici, servizi sociali e sanitari, etc. etc.).
    Poi c’è anche una quota, piccola, di queste tasse, che va per aiutare gli immigrati.
    (lo scrivente è molto orgoglioso che una piccola parte del proprio lavoro possa aiutare chi per puro caso è nato dall’altra parte del mare)
    Mi segui? Bene.
    Adesso ti mostro un bel numeretto, che dovresti conoscere e forse hai solo dimenticato:
    122 miliardi di euro l’anno (l’ha detto il Presidente Mattarella nel discorso di fine 2016 citando uno stidio di Confindustria). Hai presente quanti sono centoventiduemiliardi?, 2.033 euro di evasione per ogni cittadino, neonati compresi.
    Questo è quanto vale l’evasione fiscale ogni anno in Italia, per non parlare di quanto vale la corruzione, l’economia sommersa, il lavoro nero e di quanti sono i miliardi di italiani depositati nei paradisi fiscali (500 miliardi solo in Svizzera).
    Soldi sottratti a noi tutti e soprattutto a “Prima gli italiani”.
    Con 122 miliardi potremmo garantire reddito a tutti, italiani giovani e non, che non hanno un reddito sufficiente per viver, e pure agli immigrati.
    Ci sei ancora? Molto bene.
    Non credo che ogni volta che dici “Prima gli italiani” intendi giustificare, ad esempio:
    – il dentista che non ti fa la fattura,
    – oppure l’idraulico che ti fa lo sconto ma senza ricevuta,
    – o che il tuo datore di lavoro ti paga il 20% in voucher e il resto a nero,
    – o ancora peggio, che il tuo datore di lavoro ti fa lavorare il triplo delle ore effettivamente pagate,
    – o il tuo vicino ha il SUV ma non paga Tari e Tasi etc. etc.,
    perché ognuna di queste cose, impoverisce “prima un italiano”.
    Quindi, vedi che il problema è un altro e non i 3,5 miliardi annui stanziati per le politiche di accoglienza.
    Per concludere.
    Il grande capolavoro di questo inizio secolo è stato mettere in lotta tra loro i disperati.
    Nessuno rivendica più dignità lavorativa, parificazioni salariali, sicurezza sul lavoro e cancellazione dei contratti precari, lotta alle disuguaglianze e ai privilegi.
    Gli Agnelli spostano il domicilio fiscale a Londra, e tutti zitti.
    Nessuno dice nulla del fatto che l’Italia (60 milioni di abitanti) è il Paese che ha più gente che emigra del Messico (128 milioni di abitanti) e Afghanistan (35 milioni di abitanti) e gli stranieri che arrivano in Italia vogliono subito andarsene, per trovare un lavoro altrove.
    Non ci rendiamo conto ma abbiamo un problema opposto a quello che pensiamo di avere: non siamo un Paese che subisce una grande invasione, ma siamo un Paese dal quale le persone fuggono. Meglio un Paese che si riempie, di un Paese che si svuota.
    Basta che diciamo che in Parlamento sono tutti ladri e ci sentiamo belli e puri, non parte del problema.
    E qual è il problema? Il problema, tu dici, sono gli immigrati
    Ma ne sei proprio sicuro?
    Non ti sorge il dubbio che tu, assieme a quelli che come te pensano, dicono e scrivono le stesse tue cose, che diffondi odio e intolleranza, sei parte dei problemi che vive questo nostro Paese? Non è forse vero che con il tuo modo di pensare e di agire stai legittimando e giustificando una nuova forma di “banalità del male” che, contrariamente al comandamento cristiano “ama il tuo prossimo come te stesso”, non rifiuta di odiare, ma alimenta l’odio e ne fa ragione di battaglia politica?

    R. Vialba

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