Goffredo Bettini, A sinistra da capo

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Goffredo Bettini, noto come consigliere-ombra di dirigenti politici, si è impegnato a scrivere un libro che ripercorre criticamente tappe significative della storia della sinistra (in particolare, comunista) per chiudere con alcuni capitoli sulla sua partecipazione alle recenti vicende politiche governative.

Bettini inizia affermando l’importanza della rivoluzione del 1917, di cui condanna le degenerazioni successive, tenendo però fermo il suo valore permanente.

Nonostante tanti errori (e poderosi processi storici che ne hanno causato la sconfitta), la sinistra è sempre stata dalla parte dei lavoratori, del popolo, degli umili.

Nei tempi più recenti con lo sviluppo del capitalismo, la democrazia si è trovata in difficoltà; a partire dalla Trilaterale si è iniziato a sostenere che di democrazia ce ne fosse troppa e che fosse necessario limitarla e fosse utile una certa passività dell’elettorato.

I comunisti non condividevano la linea socialdemocratica; ancora nel 1978, Berlinguer riteneva che la differenza comunista consistesse nel voler “uscire” dal capitalismo. Però le proposte relative agli “elementi di socialismo” erano molto nebbiose.

Si sarebbe dovuto tagliare prima il rapporto con l’URSS per poter avere tempo e modo di elaborare un pensiero adeguato in proposito.

La successiva fine dell’URSS ha determinato uno squilibrio mondiale, a cui la sinistra non è stata in grado di reagire: l’unica risposta del PCI è stato il cambiamento del nome.

Ci si era ripromessi un lavoro intellettuale per affrontare il cambiamento, ma non è mai avvenuto.

Nel frattempo, il capitalismo, in alleanza con una tecnica sempre più avanzata, è progredito a scapito della democrazia, perché il governo è sempre più di pochi.

Non esiste più un soggetto antagonista che si contrapponga a questo stato di cose e così si determina un grande disorientamento e solitudine tra le persone.

Anche la fine dei partiti di massa ha fatto cadere il rapporto tra il potere e i cittadini, perché è venuta meno una forma significativa di educazione di massa permanente.

Alcuni capitoli finali sono dedicati alle vicende degli ultimi governi (prima delle elezioni del settembre scorso): Bettini difende il secondo governo Conte, sostenendo che ha fatto bene e che è stato buttato giù da Renzi non si sa bene per quale motivo (e con un’ipotesi sostitutiva che dà l’impressione di già preparata).

In questa difesa rivaluta la persona di Conte, a suo parere ingiustamente bistrattato dalla critica; anche il PD, caduto il governo Draghi, l’ha scaricato troppo bruscamente.

Fin qui il discorso di Bettini.

Il libro è indubbiamente interessante (anche se tanti ripensamenti critici arrivano con troppo ritardo) e molte riflessioni sono condivisibili.

La mia impressione personale è che sia una visione anche giusta, ma parziale, perché sostanzialmente di carattere “politicistico”.

Sostiene che la sinistra è sempre stata dalla parte dei lavoratori e degli umili e non cita le lotte operaie dell’autunno caldo, il momento di massima forza della classe operaia.

Non si va al di là di qualche tratto sociologico.

Si cita l’episodio di Lama alla Sapienza, come il simbolo della rottura con le nuove generazioni: in realtà si è trattato di un evidente errore di presunzione del PCI che ha spinto Lama (un bravo sindacalista che nulla aveva a che fare con l’università) a una missione impossibile.

A me sembra che il problema, tanto allora quanto adesso (ammesso che l’obiettivo della sinistra sia cambiare la società), stia nel rapporto tra politica e forze sociali; si può progredire politicamente se progredisce parallelamente, e a volte congiuntamente, l’iniziativa sociale.

Questo è stato l’errore di Berlinguer e del PCI, quando le forze nella società c’erano e contavano; allora sono state viste più come un ostacolo che come una importante forza di cambiamento.

Adesso possiamo solo dedicarci a ricostruire sia il pensiero sia la forza sociale.

 

Sandro Antoniazzi

Goffredo Bettini, A sinistra da capo, Paper First-Il Fatto Quotidiano, 2022

 

 

 

 

 

One Comment

  1. Lasciamo che i nostalgici seppelliscano le loro nostalgie. Forse sarò un poco tardo di mente ma confesso di non capire che sinistra si vuole. La vecchia sinistra è morta e non risorgerà, bisogna fare uno sforzo di fantasia e di creatività per inventarne e proporre una nuova idea di democrazia .
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