Da Marco Tarquinio a Michele Serra (su Chiesa, cattolici, agenda Monti)

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Ugo Magri su La Stampa del 29 dicembre racconta l’accordo raggiunto nel convento delle suore dorotee (“Così è nato l’accordo sulla coalizione”). Un editoriale di Marco Tarquinio su Avvenire (“Nobiltà e pregiudizio”) replica a chi accusa di interesse l’apprezzamento della Chiesa nei riguardi di Monti: “Ebbene sì, un interesse c’è in chi vuol bene a questo Paese: quello di non sprecare un sacrificio e un millimetro dell’arduo cammino fatto. C’è un interesse assoluto ad andare avanti. Andare avanti oltre la Seconda Repubblica. Avanti con valori chiari e saldi”. Un riconoscimento a Monti viene anche dal card. Bagnasco (G.G. V., “Anche i vescovi spingono il professore”, sul Corriere della Sera). Il Corriere intervista, poi, mons. Bruno Forte (“Al Paese non servono imbonitori ma la convergenza di forze diverse”), il quale afferma che con il governo Monti si è respirata un’aria nuova: “un agire politico che rimette al centro la verità dei problemi, del primato del bene comune, delle esigenze etiche che devono governare anzitutto la vita personale di chi scegli di ‘salire in politica’…”. In ogni caso, dice Forte, “chi governerà l’Italia non potrà rinunciare al rigore chiesto da Monti, anche se, come lui stesso auspica nella sua Agenda, dovrà lavorare sodo per coniugarlo alla crescita e alla solidarietà nell’attenzione alle fasce più deboli del nostro popolo”. Per Lorenzo Dellai (“Ora nell’Agenda deve entrare più calore”, Corriere della Sera), l’Agenda “è ottima, ma va arricchita. Occorre far entrare il calore della politica in quelle cartelle, che del resto non erano mai state intese come esaustive”. La Repubblica pubblica, tra l’altro, un’intervista a Dario Franceschini il cui titolo è esaustivo: “Questa coalizione del Professore è una operazione di centrodestra. Inopportuno che ci metta il nome”.

Sui giornali si legge anche dei rovelli di Comunione e liberazione sulle scelte da compiere (tra Pdl e Monti, ma il primo sembra avere più chance). Mentre Emma Fattorini mostra attenzione e simpatia verso una dichiarazione di Pippo Corigliano, ex portavice dell’Opus Dei (“Ma la scelta di partito non è ciò che distingue un credente”, l’Unità), il quale, nel suo Te deum di ringraziamento per il 2012, di fronte all’attuale crisi, ha detto: «La cosa più saggia e operativa è pregare e ancora pregare. Da semplice cristiano lo chiedo anche ai vescovi, ai pastori che ci guidano: invitateci alla preghiera, non parlate di economia e di politica se non per difendere i poveri e i deboli: per il resto parlate di Gesù come fa il Papa».

L’amaca di Michele Serra su “la Repubblica” dice così: “L’appoggio delle autorità ecclesiastiche all’ingresso in campo di Monti non merita troppe polemiche. Va ridimensionato per almeno due ragioni. La prima è che, da tempo, l’opinione di pochi, anziani prelati non rappresenta neppure alla lontana la varietà di opinioni, di culture e di esperienze sociali del mondo cattolico. Ci sono cattolici a Casa Pound e cattolici di sinistra, è cattolico il parroco ligure che imputa alle donne di “provocare” la violenza maschile e strilla “froci!” ai giornalisti ed è cattolico Nichi Vendola. E dunque il “placet” dei vescovi a Monti non è lontanamente in grado di rappresentare, né quantitativamente né qualitativamente, gli orientamenti politici dei cattolici italiani. La seconda ragione è che la Cei “montiana” – fisicamente le stesse persone – è la stessa Cei che fu “berlusconiana”, e la distanza tra i due è così abissale da strappare un sorriso. Perché il solo, ipotetico nesso tra le due scelte, quella per il Cavaliere vanaglorioso e sessuomane e quella per il Professore austero, è che entrambi sono avversari della sinistra. E questa inamovibile faziosità della visione politica vaticana è, a ben vedere, una terza ragione per ridimensionarla”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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