Cattolici e voto. Note a commento di un sondaggio di “Avvenire”

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Il sondaggio pubblicato da “Avvenire” alcuni giorni fa  relativo alla scelta di voto dei cattolici nelle scorse elezioni europee rivela due dati molto evidenti: che una buona metà si sarebbe astenuta e che dei votanti la maggioranza relativa andrebbe alla Lega, seguita dal Partito Democratico, non solo tra i cattolici più saltuari ma anche tra quelli che vanno a messa ogni domenica (per questa “categoria” le percentuali sono: 33 alla Lega, 27 al PD e 14 ai Cinque Stelle). Due sono quindi gli approfondimenti che varrebbe la pena portare avanti (ben oltre queste poche considerazioni): il dato sull’astensione e il voto dei cattolici, che sono una minoranza ma pur sempre una minoranza significativa.

1. Sul tema dell’astensione – anche volendo prendere i numeri di “Avvenire” in modo prudente, viene da dire che è un dato preoccupante: impressiona quel 52% tra i cattolici che vanno a messa ogni settimana; in generale, al di là dei vari “gruppi” di credenti, si rimane sempre su percentuali molto alte, tanto che la media degli astenuti si staglia al 46 per cento. E questo nonostante gli appelli al voto da parte della gerarchia, i molti discorsi sul dovere e la responsabilità di partecipare e, riguardo alle elezioni europee, una varietà di opzioni amplissima, seppure condizionata dal problema della soglia del 4%. Non so se esistano studi sull’astensionismo dei cattolici, fenomeno che mi pare piuttosto recente e inedito (siamo di fronte a un “non expedit” stavolta non imposto dall’alto ma scelto deliberatamente?). Certamente esso rivela un’insoddisfazione per le opzioni in campo, ma è sufficiente tale elemento per giustificare una diserzione così ampia? Possibile che la sfiducia verso la politica e le istituzioni abbia contagiato così tanto anche i cattolici? Sembrerebbe di sì, ma sarebbe interessante sentire il parere non solo degli esperti ma anche di tanti di noi che vivono dentro la comunità ecclesiale.

2. Riguardo alle scelte di voto, è sempre più palese il pluralismo delle opzioni politiche, ormai da molti anni. Dovuto sia a quanto affermato dal Concilio Vaticano II – non c’è una relazione diretta e univoca tra fede religiosa e scelta politica – sia dall’assenza, ormai da decenni , di un partito vissuto come “di riferimento” dalla maggioranza dei credenti. Il problema però, dal nostro punto di vista di cattolici-democratici, non è tanto che ci sia un robusto consenso di cattolici al centrodestra – fatto che abbiamo visto in più occasioni da oltre vent’anni a questa parte –, ma che tale consenso vada a premiare in particolare un partito, la Lega di Salvini, che ha programmi e modalità di rappresentazione di opzioni e obiettivi politici che ci paiono oggettivamente molto distanti – senza volerci ergere assolutamente a giudici della coerenza altrui – dalla sensibilità che dovrebbe accomunare i credenti, al di là delle legittime differenze di opinione.

E’ chiaro che la consunzione di Forza Italia e l’evanescenza di alcune formazioni minori ha spostato consensi sul “più forte” del centrodestra: ma, se fosse questo il motivo, c’è da chiedersi se si sia fatta una valutazione sulle particolarità della politica salviniana, inedite – per contenuti e modalità di espressione – anche per buona parte del fronte “moderato” italiano. Così come è lecito chiedersi se i richiami ai simboli della fede come difesa di un’identità culturale contrapposta ad altre e lo stesso atteggiamento di chiusura totale verso i migranti non abbiano fatto breccia nel cuore di tanti nostri fratelli e sorelle, nonostante la predicazione di Papa Francesco e quanto maturato dalla comunità cristiana grazie al Concilio (e al Vangelo, ovviamente).

Attenzione: tanto per essere chiari, non stiamo dicendo che i cattolici dovrebbero votare in massa partiti di centrosinistra. Il pluralismo – lo si è detto – non solo è pienamente legittimo, ma è nelle cose. Quello che ci interesserebbe capire è su quali basi si decide di votare un partito o un altro, con quale esercizio di discernimento personale e comunitario, magari anche sofferto; se si fa lo sforzo di mettere in fila programmi, valori, ma anche di leggere il contesto storico concreto – qui ed ora – in cui le proprie scelte si inseriscono e le conseguenze che esse hanno per il futuro. Pagnoncelli, responsabile del sondaggio di cui stiamo parlando, commentando i dati afferma senza mezzi termini che i cattolici si comportano più o meno come il resto degli italiani. Alla domanda “In questa redistribuzione, dove vanno i cattolici?”, Pagnoncelli risponde: “Il processo di frammentazione identitaria riguarda anche loro. Se la politica è un frammento anche la fede religiosa lo è; e spesso non conforma i comportamenti dei credenti. Dal che deriva la tendenza alla religione ‘fai da te’, il ricorso alla ‘coscienza’. Posso amare papa Francesco e volere i porti chiusi. Il cattolico vive in quest’Italia e si comporta da elettore. Punto.”

Guai se mettessimo in dubbio la coscienza. Il problema è che “coscienza” e “fai da te” per un cristiano non sono la stessa cosa…

3. Ma se questi sono i dati e i problemi, non è lamentandosi o scandalizzandosi che si potranno affrontare. Ancora una volta, il percorso da intraprendere, sempre difficile, sfidante, che richiede un lavoro paziente e spesso non gratificante nell’immediato, è quello della formazione, della creazione di occasioni di confronto, del discernimento che è dovere ineludibile di ciascuno a livello personale ma che dovrebbe anche essere oggetto di percorsi comunitari. C3dem esiste anche e soprattutto per questo.

La domanda da porre non è tanto “per chi voti”, ma “quali ragionamenti, valutazioni, approfondimenti, valori ti portano a fare una scelta o un’altra”? E poi:  “sei disposto a mettere in discussione le scelte compiute, a verificarle, a non darle per acquisite per sempre, a confrontarti in modo libero e aperto su di esse”? E infine: “al di là della scelta di campo, dentro il tuo partito, schieramento ecc., porti il ‘sale’ di una testimonianza cristiana il più possibile autentica, che contribuisca a limitare gli aspetti meno accettabili e a valorizzare quelli più coerenti con la fede cristiana, seppure muovendosi sempre dentro una mediazione che non ha scorciatoie dirette, in un campo laico e non confessionale? Sei ‘coscienza critica’? O difendi e appoggi indistintamente senza discutere ogni scelta del tuo partito/schieramento?” Dopodichè, per concludere il discorso in modo politicamente… scorretto, anche un’altra cosa va detta: il pluralismo è un valore, ma non tutte le scelte sono ugualmente legittime. Ma tale ragionamento ci porterebbe lontano e magari rischia di dare fiato, paradossalmente e contro le intenzioni di chi scrive, a chi rimpiange i famosi ‘principi non negoziabili’. Nondimeno, anche quello dei “limiti” oltre i quali non si può andare nel fare una scelta politica è un tema con cui prima o poi si dovranno (ri)fare i conti.

 

Sandro Campanini

One Comment

  1. Il Concilio Vaticano II (Gaudium et spes n. 75) raccomandava l'”educazione alla politica”. Era facile quando si trattava di chiamare i cattolici al voto per la Democrazia cristiana, il partito cattolico. E’ più difficile quando, anche sull’onda del Concilio, si è acquisito per i cattolici il valore del pluralismo politico. E quindi non si può scomunicare nessuno se vota Lega, come si scomunicava chi votava Pci. L’educazione non può che essere invito a informarsi, a partecipare, e poi al confronto fra idee diverse. Il discorso unidirezionale dal pulpito ai banchi, anche quando il celebrante dice parole sensate (per me), non è educazione alla politica. In Trentino non era riuscito a sfondare Berlusconi, mentre la Lega in cinque anni è cresciuta da un consigliere provinciale a quindici. E oggi governa quasi da sola. Ho provato a spiegare su Adista n. 39 /2018 e su Questotrentino n. 11 /2018. (www.questotrentino.it)

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