Un’Alleanza per lo sviluppo sostenibile

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“Papa Francesco nella sua Enciclica Laudato si’ sottolinea che la cultura che genera inquinamento e disastri ambientali è la stessa che genera povertà e ingiustizia sociale. L’Agenda globale 2030 è l’occasione di cambiare questa cultura rispondendo all’invito e del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, rivolto alla generazione presente ad assumere su di sé il compito di trasformare le nostre società. Con umiltà ma anche con entusiasmo e coraggio, l’Alleanza si impegna a fare la sua parte”. Con queste parole Enrico Giovannini, l’ex presidente dell’Istat, ha concluso la presentazione dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile, di cui è portavoce, lanciata a Roma l’11 marzo.

Oltre 80 associazioni, fondazioni, università, istituzioni e reti della società italiana (tra le quali Alleanza contro la povertà, i sindacati, Cnv, Forum Terzo settore, Libera, Fondazione Gorrieri, e altre, per l’elenco completo si veda il sito www.asvis.it), si sono messe insieme per far crescere nel nostro Paese la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030, favorire lo sviluppo di un cultura della sostenibilità a tutti i livelli, analizzare le implicazioni e le opportunità per l’Italia e contribuire alla definizione di una strategia italiana per il conseguimento degli SDGs (Sustainable Development Goals). Si tratta dei 17 obiettivi di uno sviluppo rispettoso dell’ambiente, della società e degli equilibri mondiali, che sono stati adottati a settembre 2015 dai paesi delle Nazioni Unite e che si dovrebbero raggiungere entro il 2030. Lotta alla povertà, alla fame, alla disuguaglianza, alla dispersione energetica, ai cambiamenti climatici; accesso all’educazione, al lavoro e all’acqua pulita; tutela delle specie e dei mari; nuovi modelli di produzione e di città, accesso alla giustizia, solo per citarne alcuni.

I numeri che evidenziano la situazione di insostenibilità sono tanti. Giovannini ne porta alcuni come esempi: 800 milioni di persone che vivono in estrema povertà; 250 ml di bambini analfabeti; 700 milioni non hanno acqua pulita; 200 milioni di disoccupati; 60 milioni in schiavitù; lo 0,5 % dei più ricchi ha il 90% della ricchezza mondiale e il 50% delle persone non ha un’educazione secondaria. L’8% delle specie è ormai scomparso e il 22 è a rischio, 12 milioni di ettari di deserto all’anno. Ma per l’economista “abbiamo un’alternativa, il futuro non è segnato. Il mondo ha fatto una scelta diversa e ora bisogna tradurla in opzioni concrete. Dobbiamo cambiare un paradigma: società, economia, ambiente e istituzioni non sono indipendenti, ma ormai sempre più integrate. Lo abbiamo visto negli anni scorsi quando una crisi da economica e diventata sociale e poi istituzionale.”

I principi su cui si fonda l’Agenda sono tre: l’integrazione (il fatto, appunto, che economia ambiente società e istituzioni sono tra loro strettamente connessi); l’universalità (non ci sono più differenze tra Paesi: “siamo tutti Paesi in via di sviluppo sostenibile; e a tutti è richiesto di fare la propria parte, non c’è nessuno che si può tirare indietro”); e la partecipazione (“senza le imprese, senza la società civile non si va molto lontano”).

Come sta messa l’Italia a livello d’indicatori di base? “Siamo appena agli inizi delle valutazioni – afferma Giovannini – e ci sono primi indicatori che ci dicono che nel confronto internazionale non stiamo messi benissimo, ma neppure molto male. Abbiamo molto lavoro da fare. Dobbiamo fare in modo che quest’agenda, nel Paese, diventi politica oltre che culturale altrimenti rischiamo di perdere la prossima legislatura e arriveremo al 2023 che è troppo tardi. Sono molto fiero – tra l’altro – che nell’ultimo obiettivo indicato si dica che bisogna andare oltre il Pil, impegno che (con l’Istat) porto avanti da anni, sostenendo che non si può misurare il benessere di una popolazione solo con il Prodotto interno lordo. Vuol dire che, dai e dai, i processi arrivano”.

Cosa devono fare i Paesi secondo questa agenda? “In sintesi: integrare gli SDGs nei propri programmi a breve e medio termine; delineare sul piano concettuale un nuovo modello di sviluppo; essere credibili a livello internazionale; entrare in una dimensione internazionale ma con una progettualità locale, regionale e non solo nazionale. E per questo siamo contenti che all’Alleanza abbia aderito anche l’Anci, perché servono gli amministratori locali, per trasformare questo piano”.

Per alcuni l’Agenda 2015, che ha preceduto questa, non ha dato risultati eccellenti. Ma Giovannini non è d’accordo. “In realtà ha dato risultati straordinari, ma non in tutto il mondo. Ora il passaggio all’Agenda globale supera i limiti del Millennium goals. Resta però uno straordinario impianto non solo concettuale, ma anche di aiuti allo sviluppo, e sarà uno sforzo comune da perseguire. Credo che ora l’universalità superi alcuni dei limiti della vecchia Agenda. Ma soprattutto ora c’è il coinvolgimento delle persone e della società civile e delle imprese, cioè c’è la consapevolezza che non può essere qualcosa gestito solo dai governi, come era nel caso precedente.”

L’Alleanza avanza subito – come primo passo per un’azione concreta – delle richieste: al Governo una strategia di sviluppo sostenibile in linea con gli SDGs; al Parlamento un’indagine conoscitiva sulla preparazione agli SDGs, e l’approvazione della legge (c’è già una proposta in parlamento, primo firmatario l’on. Marcon) sull’obbligo di introdurre sempre la valutazione ex ante e ex post delle politiche e delle leggi alla luce del SDGs (come hanno fatto i francesi); ai media una campagna di informazione che duri nel tempo e metta pressione sui decisori; alle imprese, un impegno concreto in linea con quello indicato dalle loro associazioni internazionali.

Alla società civile, e le associazioni della nostra rete C3dem sono sicuramente tra queste, il compito di maturare una riflessione collettiva, costante, intelligente e costruttiva, sul come procedere con azioni e pensieri in grado di trasformare gli obiettivi in risultati concreti per il futuro del Pianeta e di chi lo abita.

 

Vittorio Sammarco

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