Risalire a Monte Sole. Per interrogarci sempre di nuovo sulla radicalità del Vangelo

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E’ uscito da un paio di mesi, per le Edizioni Zikkaron, fondate da alcuni membri della Piccola Famiglia dell’Annunziata (la famiglia monastica cui diede vita Giuseppe Dossetti a metà degli anni Cinquanta), un bel libro di Angelo Baldassarri, presbitero della diocesi di Bologna: Risalire a Monte Sole. Memorie e prospettive ecclesiali. Il libro, il cui editing è stato curato da Paolo Barabino, superiore della Piccola Famiglia dell’Annunziata, ha una prefazione di Daniele Menozzi, docente di Storia contemporanea alla Normale di Pisa.

Monte Sole è una montagna dell’Appennino bolognese che ha diverse località abitate lungo i suoi dorsali. Alcune comunità hanno abitato Monte Sole solo fino alla seconda guerra mondiale e poi non più, perché vittime, tra il 29 settembre e il 5 ottobre del ’44, di un terribile eccidio delle truppe tedesche, che ha fatto più di 800 morti, tra cui oltre un centinaio di bambini, tante donne, tanti vecchi. Non una rappresaglia in risposta alle azioni militari dei partigiani, ma un massacro voluto dalle truppe tedesche per annientare le popolazioni civili che in quella zona erano il sostegno della guerriglia partigiana: massacro considerato come condizione necessaria per sconfiggere i partigiani. La strage di Monte Sole fino a non molti anni fa la si conosceva come la strage di Marzabotto, perché è in quel piccolo paese, a fondo valle, che si trova il sacrario con i resti delle vittime, ed è lì che fin dal 1945, in settembre, si sono sempre svolte le celebrazioni in loro memoria. Il Comune di Marzabotto fu dichiarato Medaglia d’oro della Resistenza nel 1949. Ma la strage fu compiuta in alcune delle località di Monte Sole (Cerpiano, Casaglia, Caprara, San Martino, Pioppe di Salvaro…) che in seguito furono abbandonate dai supersiti e mai più ripopolate. Tra le vittime figurano anche cinque sacerdoti: padre Capelli, padre Comini, don Marchioni, don Casagrande e don Fornasini.

Per trent’anni la Chiesa di Bologna ha evitato di parlare di quei suoi sacerdoti uccisi. Ed è proprio questo il tema del libro: una ricostruzione, senza sconti, dell’atteggiamento tenuto dalla chiesa bolognese verso la strage di Monte Sole dal 1945 ai nostri giorni, compresa dunque la “svolta” che si è avuta a partire dal 1975, e le “ricadute” che il recupero della memoria storica di quei fatti ha poi determinato(e ancora può e deve determinare) nella coscienza ecclesiale e nella stessa riflessione teologica. Perché si è preferito non parlarne? Secondo la recente testimonianza di mons. Bettazzi, che a Bologna  fu ordinato sacerdote nel 1947 e che fu a lungo insegnante al Seminario regionale, poi assistente della Fuci e infine vescovo ausiliare dell’arcivescovo Giacomo Lercaro nei primi anni ’60, la chiesa bolognese “aveva dimenticato le ottocento vittime innocenti e i cinque sacerdoti assassinati, per non associarsi alle sinistre social-comuniste che ne avevano fatto la loro bandiera”. “Lo scontro politico – ebbe a dire Luigi Pedrazzi, in anni più lontani – ha fatto rimuovere un pezzo di storia”. “Penso – aggiunse Pedrazzi – che sia stata una perdita secca per la chiesa bolognese, che aveva avuto il privilegio di quei martiri e che ha in un certo senso la vergogna di questo lungo silenzio”.

Daniele Menozzi argomenta che il silenzio fu una sorta di reazione cattolica alla mitizzazione che le sinistre operarono della Resistenza armata come fonte di legittimazione dell’antifascismo e della Costituzione repubblicana. C’era il timore di contribuire alla propaganda dell’avversario. E c’era anche la volontà di evitare di fare i conti con gli spinosi problemi che un’indagine storica di quegli episodi avrebbe fatto emergere: i rapporti concordatari della chiesa con il fascismo e il nazismo, l’accettazione da parte di molti cattolici della legislazione razzista, la legittimazione data dalle autorità ecclesiastiche alla partecipazione dei cattolici alla guerra nazifascista, e, per contro, la stessa disobbedienza di un certo numero di preti e laici insofferenti all’invito dell’autorità religiosa di obbedire agli ordini del potere civile e militare dopo l’8 settembre. L’autore del libro, don Baldassarri, rileva che, in realtà, non fu solo a Bologna che la chiesa ebbe questa così pesante reticenza; qualcosa di simile è accaduto per la strage di Boves, nel cuneese, nel ’43, e per la strage di Sant’Anna di Stazzena nel pisano, nel ’44, che videro anch’esse, tra le vittime, sacerdoti impegnati a difendere le loro comunità.

Il libro si articola in quattro parti. Nella prima si ricostruiscono gli anni del silenzio (1945-1975). Silenzio che fu, prima, del cardinal Nasalli Rocca, il quale tra l’altro ebbe il torto di non rendere mai pubblica la relazione che gli fu consegnata da una suora orsolina, Antonietta Benni, testimone delle stragi delle due comunità di Casaglia e di San Martino, e superstite della strage dell’asilo di Cerpiano (la relazione fu pubblicata dall’Anpi vent’anni dopo, nel 1964). E silenzio che poi fu anche del cardinale Giacomo Lercaro. Quest’ultimo non venne forse neppure a conoscenza dei fatti della strage né dei sacerdoti uccisi, “confusi – scrive don Baldassarri – dentro il mito resistenziale che è sostanzialmente da contrastare”; e lo stesso Dossetti, a Bologna e vicino a Lercaro fin dal 1953, rimase all’oscuro fino al 1984 del coinvolgimento nell’eccidio di intere comunità parrocchiali.

Nella seconda parte del libro si ripercorrono gli anni della svolta e della “risalita a Monte Sole” (1975-1983). Il clima è ormai cambiato: la Cei, per il trentennale della Liberazione, nel 1975, ha invitato le comunità ecclesiali a riscoprire l’anelito di giustizia e di pace che, pur tra contrasti spesso violenti, aveva dato vita a un periodo nuovo e positivo della storia italiana; il Pci di Berlinguer avanza la proposta di un’alleanza di governo con la Dc  A Bologna è ora vescovo mons. Poma, che è anche presidente della Cei. In occasione della rievocazione bolognese del 30° della Liberazione prendono la parola due figure eminenti del mondo cattolico, con un passato di antifascismo, l’onorevole Raimondo Manzini, direttore dell’Avvenire d’Italia, e mons. Luigi Dardani, medaglia d’argento della Resistenza, vescovo di Imola dal ’74. Dai loro interventi viene l’invito a ricostruire la biografia di quei preti che, nonostante l’invito del vescovo Nasalli Rocca ad allontanarsi dalle zone di conflitto, rimasero al loro posto, e che sostennero l’opposizione morale delle loro comunità al nazifascismo con opere di carità, di assistenza e di mediazione tra le parti.

Un prete bolognese, don Luciano Gherardi, in quello stesso anno, fondò il Centro di documentazione “Comunità di fede e di resistenza” e avviò un percorso decennale di raccolta di documenti e di testimonianze; si occupò anche di  mettere mano alle rovine delle chiese, delle case e delle scuole delle località di Monte Sole che erano rimaste abbandonate dai giorni delle stragi. Il grande lavoro di don Gherardi portò, nel 1986, alla pubblicazione di un bellissimo libro, Le querce di monte Sole. Vita e morte delle comunità martiri tra Sette e Reno (1898-1944), una intensa rivisitazione storica di quelle comunità, con al centro la figura dei sacerdoti trucidati. L’intento di Gherardi era di riconoscere in Monte Sole il “santuario moderno” della chiesa bolognese, capace, in forza della testimonianza di amore di quei preti per le loro comunità, senza distinzione tra credenti e non credenti, di riavvicinare alla fede cattolica anche quanti se ne erano stati allontanati. Al libro don Giuseppe Dossetti scrisse un’impegnativa introduzione di settanta pagine, in cui pone la questione del riconoscimento delle proprie colpe da parte della chiesa nelle vicende storiche del Novecento, e sottolinea l’esigenza, per la chiesa, di dar vita, d’ora in avanti, ad una presenza più evangelica nei tornanti della storia.

Tre anni prima dell’uscita del libro di Gherardi, c’era stato il primo pellegrinaggio diocesano a Monte Sole, guidato dal vescovo Manfredini. Nell’85, poi, il vescovo Giacomo Biffi promuove la causa di beatificazione dei sacerdoti morti nell’eccidio, e, contemporaneamente, dà il permesso alla comunità religiosa dossettiana della Piccola Famiglia dell’Annunziata di realizzare una presenza stabile della chiesa bolognese a Monte Sole, con il mandato del suffragio per i morti, della preghiera per la pace e dell’accoglienza dei pellegrini. Dossetti morirà nel 1996 e chiederà di essere sepolto nel piccolo cimitero di Casaglia, dove anni dopo vorrà essere sepolto anche don Gherardi. Queste vicende sono narrate nella terza parte del libro di don Baldassarri, con una serie di interessanti approfondimenti che riguardano il rapporto tra le comunità di Monte Sole e la brigata partigiana che su quella montagna combatté i tedeschi, la questione del “perdono” al comandante delle SS Walter Reder, l’ambivalenza del card. Biffi nel rapporto con Dossetti, l’azione svolta dalla Piccola Famiglia dell’Annunziata a Monte Sole a partire dal 1984, e il corso controverso delle cause di beatificazione che sono state avviate per i preti uccisi.

L’ultima parte del libro è dedicata ad alcune  complesse ma avvincenti riflessioni storico teologiche  sui fatti di Monte Sole. Una prima riflessione si incentra sui rischi, per la chiesa, di costruire la propria identità sulla paura del nemico. “Una chiesa che ha letto se stessa solo nell’ottica di salvarsi dal comunismo – scrive don Baldassarri – pensa a questo nemico anche quando si sta parlando di comunità sterminate dalla violenza nazifascista”. Questo fu il condizionamento in cui la chiesa bolognese si trovò richiusa nel secondo dopoguerra e di cui Lercaro divenne gradualmente consapevole, fino a liberarsene negli anni del Concilio e in quel breve post-concilio in cui l’arcivescovo di Bologna abbozzò una via radicalmente diversa. Una seconda riflessione riguarda il coinvolgimento del clero nella lotta partigiana. I preti uccisi nell’eccidio furono, essi stessi, in qualche modo, dei partigiani? E, nel caso, questo fu un limite? Oppure, viceversa, un merito? Come possono o debbono esprimersi le scelte evangeliche di rivolta contro il male? Qui si pone una questione che è tuttora da indagare, dice don Baldassarri, che si chiede: “il cammino di una comunità cristiana può essere descritto soltanto secondo il parametro di evitare ogni scelta politica o di parte?”. Nello specifico dei fatti di Monte Sole ciò che avviene è che quei sacerdoti “cercano di soccorrere tutti coloro che hanno bisogno di aiuto affrontando situazioni in cui è impossibile non compromettersi”, epperò, dice don Baldassarri, accade che da parte di molti cattolici “ogni traccia di legame con una lotta di parte è ritenuta a lungo un segno di incoerenza rispetto alla scelta cristiana”.

Le riflessioni conclusive sono nel solco dell’introduzione di Dossetti al libro Le querce di Monte Sole e riguardano le nozioni di sacrificio e di martirio, e, soprattutto, la questione del rapporto del cristianesimo con la storia. “Non si tratta – dice don Baldassarri – di voler dare una lettura teologica agli avvenimenti, quanto di prendere sul serio il fatto che, a partire dall’incarnazione e morte di Gesù, è proprio dalla storia che si comprende dove e chi è Dio”. Il cristianesimo si deve accostare alla storia non per una sua autoaffermazione ma per “comprendere quello che ancora non è stato accolto del Vangelo”. Che cosa non è stato accolto? Qui il discorso si fa arduo. Nel libro si ricorda che, dopo la strage, la gente di Monte Sole ha mostrato di rifiutare una religiosità che non ha saputo garantire la protezione sperata. Ma, da parte della chiesa, si è continuato a parlare “con quel linguaggio sacrificale che ha impedito di riconoscere come incompatibile con il disegno divino la morte di tanti cristiani contrapposti tra loro nei diversi fronti della guerra”. Viceversa – è la tesi del libro – a Monte Sole è possibile scoprire un luogo straordinariamente proficuo per spingere la comunità cristiana a interrogarsi in modo radicale sul tema decisivo della pace. Nella strage, infatti, si è manifestata una violenza che non può essere considerata estranea alla storia dell’Europa e alla cultura dell’Occidente. La convinzione qui espressa è che “ogni tentativo di rinnovamento ecclesiale rimarrà solo una operazione di cosmesi fino a quando non condurrà ad una ricomprensione critica del rapporto con quella cultura”, la quale “ha fatto da alveo per un evento come Monte Sole” e per le tante stragi che ancora oggi la storia ci pone sotto gli occhi.

 

Giampiero Forcesi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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