Ripartire dalla formazione: il convegno dei cattolici democratici lombardi.

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di Sandro Antoniazzi

Il convegno di Milano del 14 marzo scorso sulla formazione politica, ha costituito un’occasione importante non solo di riflessione, ma anche di novità politica. (Si pensi solo che a Roma qualcuno paventava la nascita di un’ulteriore corrente…).

Il suo successo, non solo di partecipazione, ma anche d’idee e di proposte, è dovuto almeno in parte a un metodo che merita di essere richiamato. Nominalmente il convegno è stato promosso dai cattolici democratici lombardi, sigla che non è neppure un’associazione, ma solo un gruppo di persone, piccolo ma molto aperto, che cerca di tenere vivi il dibattito e l’elaborazione culturale; è soprattutto l’apertura amichevole e fiduciosa nei confronti di chi proviene da esperienze e tradizioni diverse che fa di questo gruppo una realtà solida di riferimento. Hanno così partecipato all’incontro esponenti politici di ieri e di oggi di differente provenienza, studiosi e esponenti di associazioni, a loro agio nel presentare le proprie considerazioni a un pubblico estremamente attento.

Giovanni Bianchi ha introdotto illustrando le ragioni profonde sottese all’incontro e soprattutto proponendo i temi della discussione (trattandosi dell’unico intervento scritto, rimandiamo al testo).

La relazione introduttiva è stata poi svolta da Giuseppe Vacca, presidente dell’Istituto Gramsci, che in questa veste partecipa fra l’altro ai lavori preparatori della preannunciata Conferenza del Pd sull’argomento. Vacca ha sviluppato dapprima delle considerazioni sui presupposti di un approccio politico: com’è possibile formare nuove volontà collettive, come sia da escludere oggi un’elaborazione autoreferenziale, come nel rapporto passato e presente tocchi alla fine alle nuove generazioni esprimere le scelte. Parlando della formazione politica Vacca ha evidenziato che la proposta politica di un partito deve soddisfare dei “criteri di coerenza”, tra i suoi diversi programmi, che ne costituiscano la fisionomia. Ha indicato in proposito alcuni temi ineludibili da affrontare fra cui l’Europa e la crisi della democrazia, affermando che non si può criticare il liberismo o la Merkel in modo generico; il progetto conservatore ha una sua coerenza e si deve essere in grado di rispondere con un progetto altrettanto coerente.

Secondo Michele Salvati se prima il Pd rappresentava la convivenza tra due tradizioni (cattolica e sinistra), ora si può dire positivamente che si sia realizzata una sostanziale unità: il Pd è uno (grazie anche a Renzi). Se questo è un fatto molto positivo, a questo partito unitario manca però una cultura, mentre un partito ha bisogno di una cultura. Per Salvati la cultura ideale sarebbe un liberalismo di sinistra.

Una diversa e significativa impostazione è venuta da Paolo Sorbi, secondo cui si può convenire attorno al Pd (Sorbi non è un aderente) in quanto ci si può ritrovare senza bisogno di essere d’accordo su tutto. Ieri il mondo era omogeneo e anche il programma lo era di conseguenza. Oggi siamo in una realtà pluralista e altrettanto pluralista è il partito. Da qui dunque un costante raccordo non solo tra generazioni, ma anche tra valori diversi, alla ricerca di un umanesimo condiviso (in questa ricerca può stare anche una prospettiva di superamento del capitalismo).

Un intervento interessante è stato realizzato da Michele Mezza, esperto di comunicazione, volto a ribadire che ormai nessuna attività di formazione politica può prescindere da un uso organico dei mezzi mediatici. La rete non è un canale per far conoscere i propri programmi, ma è un modo per mettere in comunicazione e in conflitto gli ascoltatori fra loro. Mezza sostiene inoltre che ormai la decisione sulla vita delle persone dipende da chi ha in mano l’ “algoritmo” (a mio parere con un‘enfasi eccessiva attribuita al potere della tecnologia, come capita sempre tra i tecnici).

Due interventi di rilievo dell’area sociale cattolica sono stati espressi da don Virginio Colmegna (Casa della Carità) e da Paolo Petracca (presidente Acli di Milano). Don Virginio si è soffermato sul fatto che troppo spesso negli ambienti cattolici, anche per il divieto di parlare di politica, ci si ferma al volontariato e all’assistenzialismo: noi facciamo la società civile, gli altri facciano la politica. E’ però sbagliato anche strumentalizzare le associazioni per finalizzarle a politiche antagonistiche. Occorre rilanciare la politica con persone che provengono da esperienze sociali reali.

Petracca ha parlato del lavoro formativo che le Acli svolgono alla base tra gli amministratori e coloro che sono interessati alla politica e che in un anno ha coinvolto circa 400 persone. Pur condividendo l’analisi di don Colmegna, Petracca ha richiamato che nella sua area in provincia di Milano l’ 80% dei coordinatori di Circolo (Pd) proviene dalle parrocchie. Nella sostanza è scaturita una sentita esigenza di rilanciare l’interesse e l’impegno per la politica nell’ambito cattolico, contrastando le ipotesi qualunquistiche e minimaliste, utili solo alla destra.

All’incontro ha partecipato il segretario del Pd Pietro Bussolati, la cui presenza è stata di per sé un importante riconoscimento politico e culturale; Bussolati ha in particolare espresso l’intensione di mettere mano all’organizzazione del Pd, per dargli una struttura valida anche per il futuro.

Se una conclusione si può ricavare da un incontro ricco di spunti, di cui molti a un livello embrionale, è soprattutto la forte convinzione che non si può tornare indietro: occorre guardare avanti con fiducia e con convinzione. Personalmente ritengo che vadano abbandonate non solo le ipotesi antagoniste di un tempo, ma anche quelle di una critica continua e deleteria: il vero ambito di confronto è sempre di più quello costruttivo, d’idee, progetti, programmi, che man mano configurino una proposta politica generale. Anche se alla fine dell’incontro non si sono presi impegni per il futuro, sembra che una strada sia stata tracciata e il consenso raccolto costituisce una buona garanzia per il proseguimento.

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