Portare la profezia eucaristica nell’etica economica

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L’autore è un giovane sociologo, ricercatore all’Università di Trieste

 

Il tema dei cattolici in politica è ritornato alla ribalta negli ultimi mesi. Molto si è dibattuto sulle forme attraverso le quali l’impegno dei cattolici si può incarnare nella vita politica del nostro paese, ma poco sulla sostanza del loro impegno. Molte analisi sulla forma partito, sull’impegno come testimonianza individuale o in forma collettiva, partito dei cattolici o partiti all’interno dei quali agiscono i cattolici. Ma per che cosa i cattolici del XXI secolo dovrebbero guardare alla Città e prenderne parte attivamente? Quali contenuti devono portare nella Città dell’oggi, fondata su principi di democrazia e pluralismo?

La recente autorizzazione da parte di Papa Francesco alla beatificazione in odium fidei del Cardinale Romero ci indica una strada possibile. Romero fu barbaramente ucciso mentre profeticamente celebrava il sacrificio eucaristico. Proprio di quel sacrificio aveva fatto una ragione del suo sacerdozio, scegliendo l’opzione preferenziale per i poveri come motore di evangelizzazione. Scriveva Romero: “I poveri sono coloro che ci dicono che cos’è la polis, la Città”. Non possiamo certamente decontestualizzare Romero dalla radicalità della realtà sociale e politica nella quale operava, ma dalla sua predicazione possiamo evincere come agire la fede nella Città significhi contaminare l’etica economica con la profezia eucaristica. “Sacrificare il frutto dell’ingiustizia è un’offerta da scherno: i doni dei malvagi non sono graditi”: il profeta Siracide pone la giustizia come condizione dell’offertorio. Se il pane e il vino hanno origine da una ingiustizia sociale, da relazioni economiche perverse e disumane, allora il rito eucaristico viene svuotato della sua essenza messianica. Se, concretamente, il pane che consacriamo è frutto del lavoro schiavo dei braccianti di Rosarno, quell’offertorio diviene uno scherno. Lo spirito di Romero, allora, sacrificato durante il sacrificio, ci suggerisce la funzione critico-messianica dell’eucaristia nei confronti dell’economia.

Ed è questa funzione che i cattolici possono portare nella Città. Alimentare una critica al pensiero unico, che mette al centro l’interesse dell’individuo come elemento fondante dell’economia, per affermare il paradigma dell’economia civile, un agire orientato alla relazione tra gli individui e tra i corpi sociali come costitutiva del comportamento economico e politico.

La profezia eucaristica introduce nell’etica economica l’esercizio della critica a come la ricchezza viene prodotta, prima ancora che distribuita. A che cosa si produce per creare ricchezza, e a che cosa si consuma per soddisfare i propri bisogni. Se il pane e il vino sono frutto di un processo economico sostenibile, equo e solidale, che ha prodotto buone relazioni tra gli uomini che hanno concorso a questo processo, oppure se è frutto di sopraffazione tra gli uomini e distruzione del creato.

L’etica eucaristica richiama allo stesso tempo una condizione prepolitica e politica tout court. Prepolitica, perché guarda agli stili di vita, all’etica di produrre e consumare, alle pratiche quotidiane, al voto che esercitiamo orientando i nostri consumi. A tutto ciò che Agamben chiama le forme-di-vita nella comunità che viene. Politica, perché necessita di legislatori che mettano l’etica eucaristica al centro delle proprie scelte, facendosi guidare dalla reciprocità come elemento fondante di un nuovo agire economico e sociale.

Giovanni Carrosio, sociologo, Università di Trieste

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