Papa Giovanni a 50 anni dalla morte, con un estratto del discorso funebre di Giovanbattista Montini

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Cinquant’anni fa moriva Giovanni XXIII” (Christine Pedotti, Teimoignage Chretien); “Francesco, a 50 anni da Giovanni” (Andrea Tornielli, La Stampa); “La simpatia del papa che sapeva unire” (Andrea Riccardi, Corriere della Sera); “Nella stanza del papa” (Sole 24 Ore, dalla ristampa di un libro di Peter Habblethwate). Gli amici del Cipax di Roma lo ricordano riprendendo un estratto (che pubblichiamo qui di seguito) del discorso funebre pronunciato nel Duomo di Milano dall’arcivescovo Montini, dopo 4 giorni dalla morte di Roncalli (tratto dalla “Cronaca del Concilio” di Giovanni Caprile).  

“Ognuno di noi ha sentito l’attrattiva di questo uomo, e ha capito che la simpatia che lo ha circondato non era un inganno, non era un entusiasmo di moda, non era un futile motivo; era un segreto che ci si svelava, un mistero che ci assorbiva. Un altro semplicissimo binomio forse irradiava ai nostri occhi meravigliati e consolati la sua magica potenza, la combinazione cioè della verità con la carità. Ci ha dato la lezione elementare, ma così rara e così difficile a esprimersi nella realtà, della antica parola di San Paolo: professare il vero con l’amore; veritatem facientes in caritate (Eph. 4, 15); ci ha fatto vedere che la verità, quella religiosa per prima, così delicata, così difficile, anche nelle sue inesorabili esigenze di linguaggio, di concetto e di credenza, non è fatta per sé per dividere gli uomini e per accendere fra loro polemiche e contrasti; ma per attrarli ad unità di pensiero, per servirli con premura pastorale, per infondere negli animi la gioia della conquista della fratellanza e della vita divina. Già sapevamo questo, ma egli ce ne ha fatto godere l’esperienza, ce ne ha dato la speranza, ce ne ha promesso la pienezza.

Ed è seguendo questa traccia di pensieri, che raddoppiano il nostro rammarico – fu un baleno fugace la sua apparizione e la sua scomparsa! – ma che insieme fanno scaturire ineffabili consolazioni in fondo agli spiriti, è su questa traccia, io dico, che un’altra prospettiva ci si offre davanti, illuminata dalla candida figura di Papa Giovanni: non più indietro guardiamo, non più lui, ma l’orizzonte che egli ha aperto davanti al cammino della Chiesa e della storia. Se ancora volessimo tenere fisso lo sguardo su la tomba oramai suggellata, potremmo parlare della sua eredità, che quella tomba non può contenere, dello spirito da lui infuso alla nostra età e che la morte non può soffocare; e saremmo obbligati non più a descrivere il suo passato, ma a presagire l’avvenire che da lui scaturisce. Che cosa lascia Giovanni XXIII alla Chiesa e al mondo, che non potrà morire con lui? Giovanni  XXIII ha segnato alcune  traiettorie al nostro cammino, che sarà sapienza: non solo ricordare, ma seguire.”

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