Mettere mano alla Costituzione solo dopo aver definito il ruolo dei cittadini

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di Angelo Bertani

È cosa buona che cresca l’attenzione verso i temi di una possibile riforma della Costituzione. Ma è anche cosa pericolosa perché siamo ad un bivio importante. Una cosa, infatti, è dire: vogliamo ripartire dalla Costituzione perché essa è il fondamento della convivenza civile; la Costituente è stata la più alta esperienza politica e legislativa da quando è nata la nostra democrazia; i valori e il “progetto” affermati dalla Costituzione sono tuttora il principale e più vero “collante” che tiene unita la coscienza delle persone che vivono in Italia. E dunque meritano di essere riproposti e aggiornati nel modo migliore e con la partecipazione di tutti.

E altra cosa, del tutto opposta, è dire che bisogna mettere mano alla Costituzione per correggerne norme ed orientamenti, quasi per fare una nuova Carta fedele allo spirito che oggi prevale (e che sarebbe quello di un decisionismo più o meno presidenzialistico, di una democrazia competitiva cioè giocata sullo scontro anziché sull’incontro tra fazioni ideologiche o gruppi di interesse).

Certo c’è il problema delle “decisioni” che devono essere tempestive, identificando chiaramente chi deve prenderle (e portarne la responsabilità). E c’è il problema di definire nel modo migliore il ruolo dei cittadini. Essi devono avere un modo più efficace e riconoscibile per esprimere la loro volontà; ma, prima ancora, devono avere una migliore possibilità di maturare il loro pensiero e le loro scelte attraverso una migliore formazione, una migliore informazione e un modo più efficace di partecipare alla vita politica, a cominciare da quella interna ai partiti (art 49 Cost).

Romano Prodi giustamente ricorda (Messaggero 10 giugno) che il cittadino deve tornare “sovrano”. Aggiungerei volentieri che i politici (e tutti i cittadini) devono soprattutto tornare ad essere servitori del bene comune. E mi vengono alla mente le discussioni con Scoppola e Ruffilli. Ci insegnavano che il cittadino dovrebbe essere “arbitro”. Ma a quanti gli rispondevamo (anni ’70-’80) che a noi interessava soprattutto il cittadino come giocatore (più, ed oltre, che come arbitro), come lavoratore, costruttore, anche manovale che costruisce la città dell’uomo (più che come sovrano…), beh, riconoscevano che ci vuole l’una e l’altra. Del resto non c’è contraddizione: per i credenti e per tutti gli uomini di buona volontà, servire è regnare (essere servitori è il vero modo di essere sovrani). E un bravo giocatore è il primo arbitro di se stesso perché deve conoscere ed osservare le regole. L’obbiettivo finale è che l’arbitro sia quasi inutile perché i giocatori si comportano bene. Ma perché tutto ciò avvenga occorre che tutte le agenzie educative funzionino bene e costruiscano coscienze e comportamenti limpidi, rigorosi e davvero solidali. E perché anche i partiti non potrebbero tornare ad essere capaci di educare i cittadini, non sui libri ma nella pratica quotidiana, ad essere davvero solidali e capaci di leggere i segni dei tempi?

Non potremmo cominciare da qui la riflessione sulla riforma costituzionale? E quella sul contributo dei credenti alla ricostruzione della democrazia e di una cittadinanza condivisa, generosa e serena?

2 Comments

  1. Condivido pienamente la riflessione di Angelo Bertani confidando molto in un rinnovato modo di vivere la politica attraverso i partiti. Quello che dovrebbe essere il luogo per eccellenza dell’impegno politico, oggi è in buona sostanza impraticabile e inospitale, ma soprattutto non partecipativo. Le conseguenze – del tutto evidenti – sono una discussione pubblica distorta e condizionata dai grandi media e l’annilichimento del confronto tra quanti sentono l’urgenza di un confronto aperto e diffuso (anche sul territorio) e che, invece, è molto difficile. La vostra iniziativa potrebbe essere di aiuto in questo senso e perciò la ritengo giusta e opportuna. Grazie. Pio Cerocchi

    • Se una riflessione (di Angelo Bertani) sulla possibilità di metter mano alla Costituzione impone una premessa sul ruolo dei cittadini e se, poi, proprio la definizione di questo ruolo conduce alla necessità di un’ulteriore premessa (con sintetico ma adeguato intervento di Pio Cerocchi) in merito alla funzione dei partiti (art. 49 Cost.), credo che si possa chiudere il cerchio con una ipotesi di lavoro che a distanza di 64 anni di distanza dall’entrata in vigore della Costituzione non dovrebbe suscitare più alcuno scandalo. L’ipotesi è di riformulare l’art. 49 della Cost. in modo più ampio, prevedere una legge ordinaria che regoli i partiti e ripensi radicalmente il finanziamento pubblico e, sopratutto, una legge (potrebbe anche essere il disegno di legge anticorruzione) che preveda aggravanti per la commissione di reati contro la P. A., contro l’amministrazione della giustizia etc.

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