Severa critica di Balboni alla proposta Ceccanti e Chiti di “referendum di indirizzo” sulla forma di governo

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gi. fo.

Duro scontro sul quotidiano “Europa” tra il costituzionalista Enzo Balboni e i senatori del Pd, Stefano Caccanti, costituzionalista, e Vannino Chiti, vicepresidente del Senato. Tema la riforma costituzionale in discussione in Senato, e, in particolare, la proposta di indire un referendum costituzionale di indirizzo sulla forma di governo. Proposta nata in seno al Pd, per sbloccare l’impasse in Senato dopo che sul testo di riforma licenziato dalla Commissione Affari costituzionali (con l’accordo dei partiti dell’attuale maggioranza) era piovuto l’emendamento del Pdl per introdurre nella riforma anche il semipresidenzialismo, cui si era agganciata la Lega, che si era detta a favore in cambio di altri emendamenti in senso federalista della composizione del Senato riformato.

Ne aveva scritto Stefano Ceccanti su “L’Unità” del 22 giugno (“Referendum sulla forma di governo in cambio del doppio turno subito”). In quell’articolo aveva fatto il punto sulla situazione. Aveva premesso che “fallire sulle riforme politiche non sarebbe senza conseguenze”, e aveva riassunto la questione dicendo che bisognava distinguere tre livelli. “Il primo – aveva scritto – è la riforma ancora approvabile a maggioranza di due terzi (come prescrive l’art. 138 della Costituzione, ndr). E’ il testo Vizzini in corso di esame al Senato”, approvabile, però scorporando la parte relativa alla forma di governo, su cui non c’è accordo perché c’è la nuova proposta pdl di introduzione del semipresidenzialismo. Il secondo livello è, appunto, quello della forma di governo. Qui la proposta che Ceccanti avanza – riprendedola, egli dice, da Violante, dalla Finocchiaro e da Chiti, è quella di effettuare un “referendum di indirizzo”, per dare la parola al popolo. Su due punti: sull’opportunità o meno di modificare l’attuale forma di governo (parlamentare) e su quale forma di governo introdurre, quella del Primo ministro (già contenuta nel testo Vizzini approvato dalla commissione) oppure quella semi-presidenziale (proposta dal Pdl).

Ceccanti concludeva il suo articolo indicando il terzo livello della questione, la terza possibile soluzione: in cambio dell’approvazione del referendum sulla forma di governo, pensato per andare incontro al Pdl che ritiene che il popolo è in maggioranza favorevole al semipresidenzialismo, il Pdl potrebbe dichiararsi d’accordo per varare, con il Pd, una riforma elettorale basata sul doppio turno di collegio. Fin qui l’articolo di Ceccanti sull’Unità del 22 giugno.

Per fare il referendum, però, è necessario che il Parlamento approvi un’apposita legge costituzionale. Il 27 giugno Ceccanti e Chiti depositano, come primi firmatari, un disegno di legge costituzionale per dare libero corso al referendum. Il testo – che ha tra i firmatari molti altri senatori, tra cui Tonini, Morando, Garavaglia, Giaretta, Follini, Ichino, Di Giovan Paolo – è stato  inviato per l’adesione ai senatori di tutti i gruppi parlamentari.

Nel presentare la loro proposta i due senatori del Pd dicono che “non si tratta di ripartire da zero”. E chiariscono: “Sulla forma di governo esistono da tempo due proposte coerenti già istruite. Da un lato quella del Primo Ministro concordata originariamente e basata sui pilastri del testo costituzionale tedesco. Dall’altro quella semi-presidenziale che si ispira al testo vigente nella V Repubblica francese, tenendo conto del testo Salvi approvato a suo tempo nella Commissione Bicamerale”. Quanto allo strumento, scrivono che  “il referendum di indirizzo si basa su due precedenti. Il primo è quello varato in Francia nel 1945 per dirimere il conflitto tra visioni diverse del processo costituente e il secondo è quello italiano della legge costituzionale 2/1989 sui poteri costituenti al Parlamento europeo”.

“Riflettiamoci bene – concludono -. Il rischio di un ennesimo stallo sulle riforme costituzionali ed elettorali, dopo l’eventuale fallimento del tentativo sperimentato in questi mesi, non sarebbe senza effetti per il Paese”.

Il 29 giugno, sul quotidiano “Europa”, con il titolo “Non si gioca con la Carta”, Enzo Balboni, docente di Diritto costituzionale alla Cattolica di Milano e tra i promotori della rivista “Appunti di cultura e politica” (edita dall’associazione “Città dell’uomo”), interviene con grande severità sul disegno di legge costituzionale Ceccanti-Chiti per il referendum sulla forma di governo. “Grande è il discredito che scende sulla classe politica e sul ceto degli esperti quando vengono messi in circolazione testi e proposte di legge nei quali l’avventurismo e la pericolosità fanno a gara con la piattezza e la sciatteria”, scrive. Le sue critiche sono di metodo e di merito. Di metodo perché, secondo Balboni, “non è lecito utilizzare lo strumento del tutto improprio del referendum di indirizzo”, uno “strumento sconosciuto alla nostra Costituzione”, usato solo una volta, e “malamente”, nel 1989, per dare più poteri al parlamento europeo, “quando la Costituzione si può revisionare solo con il lungo e aggravato procedimento dell’articolo 138”.

Quanto al merito, Enzo Balboni formula numerosi rilievi: dal fatto che i quesiti sono posti in modo da indurre a certe risposte invece che ad altre, al fatto che si tratta di quesiti generici che lasciano aperti molti interrogativi: “Per restare alla forma di governo semipresidenziale – scrive -, prima di approvarla con un sì, vorrei sapere, ad esempio, se quel presidente della repubblica al quale do già tantissimi poteri sarebbe ancora il Presidente del Csm, conserverebbe il potere di grazia, manterrebbe il potere di nomina di cinque giudici costituzionali e così proseguendo”. Ugualmente, nel caso di forma di governo del primo ministro, Balboni dice che non si sentirebbe affato tranquillo di “affidare al primo ministro la somma di poteri che ha in questo momento la cancelliera Angela Merkel”, sapendo che in Italia, a differenza della Germania, non c’è un sistema politico altrettanto serio, con “un’organizzazione costituzionale federale di tutto rispetto”, “un Bundestag coi fiocchi” e “un Tribunale costituzionale con i controfiocchi”. Il fatto – scrive – è che “in un sistema costituzionale tutto si tiene”.

Il giorno successivo, 30 giugno, Stefano Ceccanti e Vannino Chiti replicano, sempre su “Europa” (“Referendum, ecco perché sì”). Contestano a Balboni di vedere nel possibile ricorso agli elettori una forma di avventurismo, “quando questa repubblica nacque anche da un referendum popolare tra Monarchia e Repubblica e quando il vero avventurismo ci sembra in realtà consista oggi nella difesa di uno status quo inconcludente”. Sul piano del metodo, ammettono che il referendum ipotizzato sia una deroga al 138, “ ma – osservano – la situazione di stallo non richiede anche il coraggio di strumenti innovativi?”, e ricordano che Balboni “partecipò in prima persona attivamente al cosiddetto tavolo Martinazzoli istituito dal governo nel 1991 esattamente allo scopo di individuare varie deroghe possibili al 138, comprese alcune modalità di referendum, anche più ardite della nostra”. Sul merito, delle critiche Ceccanti e Chiti si soffermano solo di sfuggita. Dicono che i quesiti proposti sono stati non del tutto dettagliati per lasciare più margine al parlamento nella fase, successiva al referendum, di precisare il nuovo dettato costituzionale. “Comunque – concludono – non ci sembra il caso di essere contenti se calerà anche in questa legislatura il sipario su riforme promesse e non attuate: le situazioni incancrenite si prestano meno a strumenti e soluzioni razionali e preparano la democrazia a rischi assai gravi. Sarebbe dunque opportuno evitare letture pregiudiziali rispetto a iniziative di parlamentari che esercitano oggi la propria responsabilità”.

Dunque, si approfondisce sempre di più – in seno allo stesso centro-sinistra, e in seno a figure provenienti dallo stesso retroterra culturale – la divaricazione tra chi ritiene espressione di democrazia e di responsabilità verso i cittadini di intervenire in questa fase a riformare, in senso forte, la Costituzione, per aumentare la solidità del governo, e chi, al contrario, trova che questa insistenza porti a operazioni di avventurismo, come dice Enzo Balboni, o a mettere in atto delle “sceneggiate”, come ha scritto di recente Franco Monaco.

 

L’articolo di Enzo Balboni:

http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/135705/non_si_gioca_con_la_carta

L’articolo di Stefano ceccanti e Vannino Chiti:

http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/135735/referendum_ecco_perche_s%C3%AC

Il testo del disegno di legge costituzionale per indire un referendum di indirizzo sulla forma di governo:

http://stefanoceccanti.wordpress.com/2012/06/27/disegno-di-legge-costituzionale-su-referendum-di-indirizzo/

 

 

 

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