LA DERIVA DELL’ANTIPOLITICA

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Dice sconsolato Ilvo Diamanti che “chi crede ancora nella politica come luogo di partecipazione sociale … rischia di scoprirsi fuori luogo e fuori tempo” ( “Cosa resta della politica se la Tv diventa il nemico”, Repubblica). Roberto Esposito annota come le democrazie contemporanee siano “strette nella tenaglia tra disinteresse e avversione”  (“Processo alla democrazia”, Repubblica). Federico Rampini racconta come la politica estera è sempre più appaltata alle celebrità del cinema, dal momento che “l’opinione pubblica ha fiducia in queste figure più che nei politici di mestiere” (“Pop power”, Repubblica).  Cesare Martinetti racconta dei dirigenti di Air France inseguiti e malmenati da operai e sindacalisti, in un paese “in cui sono saltati i confini e la tenuta anche semantica della politica” e l’ultra sinistra dice le stesse cose della destra di Marianne Le Pen (“La febbre alta di un Paese”, La Stampa). Marianna Rizzini, sul Foglio, risale invece la corrente e, parlando di Napoli, scrive un articolo intitolato “Il ritorno di Bassolino e altre spie della lenta morte dell’antipolitica” (Il Foglio).

 

 

 

 

 

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