Indignarsi, reagire, ripartire … ma la vittoria c’è già

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L’articolo è apparso su “Appunti alessandrini”, il sito di un’associazione della rete c3dem

‘L’uomo è antiquato’ titolò nel 1956 il suo libro più importante il filosofo Günter Anders, descrivendo come la nostra capacità di prevedere sia rimasta indietro rispetto alla nostra crescente capacità di fare. Per questo anche ‘la giustizia è antiquata’. Così scriveva Marco Morosini su Avvenire del 22 novembre scorso, nel commentare la sentenza inspiegabile e offensiva (per i morti, ma anche per il buon senso) della Cassazione riguardante il processo Eternit.

Ho atteso qualche giorno per un commento, perché a caldo sarebbe stato forse poco obiettivo; anche se fortunatamente non ho famigliari coinvolti (ma quanti amici e conoscenti!). Ma da cittadino, da ex amministratore pubblico, da credente, da uomo non posso che sentirmi coinvolto nelle vicende e nella storia della mia comunità: soffrire e gioire con essa, lottare e impegnarmi con essa dando, nelle forme possibili, anche solo un piccolo contributo.

La storia del processo la si conosce. Due condanne chiare e pesanti per chi ha inquinato e non si è mai pentito, anzi ha irriso associazioni, Enti, e vittime. Un tentativo di “comperare” il silenzio della città con un’offerta definita “del Diavolo” perché il Comune di Casale Monferrato si sfilasse dal processo. Offerta giustamente respinta dalla collettività, anche grazie all’entrata in campo delle Istituzioni nel farsi carico di una serie di risposte: il Vescovo che ha preso posizione e, ancor più, la presenza concreta, fisica, non solo di idee e di iniziative, dell’allora Ministro Renato Balduzzi, che ha rappresentato uno dei punti più alti del senso delle istituzioni, e resta nella storia di Casale Monferrato in modo non indelebile.

Torniamo alla dichiarazione iniziale di Anders: la giustizia è antiquata. Qualche giorno fa il senso delle istituzioni, il sentirsi italiani (lo ha sottolineato anche il Governatore della Regione Piemonte Sergio Chiamparino) per qualche attimo è venuto meno. Ci si sentiva di non appartenere a questo Stato; ci si sentiva abbandonati da chi deve garantire giustizia, salvaguardia delle condizioni sanitarie, ambientali, civili. Casale era fuori dall’Italia. Perché, appunto, la giustizia è ancora antiquata.

Poi, passati quegli attimi di smarrimento e di vergogna per un modo di interpretare ed attuare la legislazione, tutti (anche qui Chiamparino ha insegnato ed è rientrato nella parte di guida del Piemonte) siamo tornati a pensare che l’Italia vera eravamo noi. “Oggi siamo tutti casalesi” hanno affermato i non monferrini e i rappresentanti delle delegazioni estere. L’Italia sana è con Casale, è Casale!
Il Vescovo, ancora una volta, ha dovuto e voluto dichiarare la sua partecipazione: “Sono addolorato, deluso, frustrato, indignato. Nei giorni delle sentenze avevamo rinnovato la nostra fiducia nella giustizia, ora veniamo a sapere – noi poveri ingenui – che il diritto non ha nulla a che fare con la giustizia! Allora avevano ragione i latini quando dicevano summum jus summa iniuria; allora il diritto è solamente un insieme di regole che funziona in maniera autoreferenziale… Ancora una volta siamo chiamati ad essere solidali, comunità solidale che condivide e si impegna e non permette che l’unione venga incrinata”.

Infatti, se il diritto non sa garantire giustizia si torna al Far West. «Non c’è giustizia senza diritto, ma neanche può esservi davvero diritto senza giustizia. Opporre giustizia a diritto, o diritto a giustizia mi è sempre parso poco saggio, e comunque non consono ad uno Stato costituzionale di diritto degno di questo nome» – afferma l’ex Ministro Balduzzi – «La prescrizione fa cessare la possibilità dell’ordinamento di punire le condotte dell’imputato, ma non cancella il fatto di disastro accertato da due pronunce di merito e soprattutto non cancella le gigantesche conseguenze dannose per intere comunità locali, territori, persone. L’applicazione al particolare caso amianto delle regole sulla prescrizione configura allora un vero e proprio diniego di giustizia rilevante ai sensi della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea e della Corte europea dei diritti dell’uomo».

La Romana, così la conosciamo ormai tutti, questo monumento alla dignità che combatte da anni per vedere riconosciuto un diritto (un diritto per chi non c’è più), la signora Romana Blasotti, Commendatore della Repubblica da pochi giorni, ora si sente trattata come una qualunque, che non ha alcun diritto; i cui morti sono morti per colpa di nessuno, perché il disastro non è più punibile. Tutto ciò non è accettabile.

Ecco allora la voglia di ripartire, di non subire come comunità, di riprendere l’impegno ed essere il fulcro della lotta, riferimento ed esempio mondiale di un impegno civile.

Anche il vicedirettore de La Stampa Michele Brambilla ha affermato che comunque e nonostante tutto “Avete vinto voi, perché avete fatto un miracolo, in questi anni”, perché si è innescato un processo mondiale che porterà allo smantellamento della lavorazione, del commercio e dell’uso dell’Eternit; perché si è costruita una riguardo a questa problematica e non solo, anche per altre.

La città è tornata unita e deve continuare ad essere riferimento per la difesa del creato, contro ogni interesse del profitto a scapito della salute e del rispetto della natura e della sicurezza sul lavoro. E’ importante che la positiva ed esemplare “esperienza civile” di Casale Monferrato continui e diventi ancor più interessante e significativa.

La battaglia per un mondo che consuma e produce in modo nuovo e non inquinante passa anche da Casale Monferrato, passa dalla capacità della città di continuare nell’impegno derivante dal processo, ma passa anche dal coraggio di nuove sentenze e di nuove leggi che sappiano riunificare diritto e giustizia. Ed è una questione culturale ed educativa: ognuno deve imparare ed essere consapevole che i comportamenti (personali, aziendali, comunitari) che non tengono conto del rispetto e della salute delle persone, e della salubrità di terreni e aria, oltre che moralmente deprecabili, saranno penalmente perseguibili … sempre.

 

Carlo Baviera

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  1. Anch’io ho avuto la reazione indignata e sconcertata di tutti all’apprendere la sentenza. Ma poi ho sentito una trasmissione che spiegava perché, in base alle leggi vigenti, questa sentenza non poteva essere diversa. Infatti l’accusa era di aver provocato un disastro: siccome lo stabilimento è stato chiuso mi pare nel 1981, non si poteva sostenere che l’azione delittuosa (non le sue conseguenze!) era proseguita anche dopo. E inevitabilmente la prescrizione non poteva che decorrere da quella data. Diverso sarebbe stato se l’accusa fosse stata di omicidio, non prescrivibile. Ma l’accusa non ha scelto questa imputazione (cosa che si accinge a fare adesso) per la difficoltà di provare in modo incontrovertibile la relazione diretta di causa effetto tra la lavorazione dell’amianto e le singole morti.
    Allora diritto e giustizia sono destinate a rimanere divergenti? No, ma – come detto nell’ultimo paragrafo – occorrono modifiche alle leggi sul disastro che tengano conto degli effetti nel tempo. Oppure una giurisprudenza come la “common law” che consente maggiori margini interpretativi (salvo verificare come sarebbero utilizzati in Italia)

  2. Desidero solo ricordare, al di là delle considerazioni di ognuno, che lo stabilimento non venne semplicemente chiuso. Fu abbandonato, con mucchi di amianto ammassati, i vetri rotti, alle intemperie e al vento che li ha sparsi per la città anche successivamente. Questo non può essere equiparato ad altri delitti ambientali che, spenta la causa, terminano immediatamente: questo è continuato nel tempo. In più c’è l’aspetto che la proprietà (secondo quanto testimoniato da molti nei processi e appurato dai giudici) pur a conoscenza della pericolosità, hanno sempre tenute nascoste le notizie per continuare a lucrare. Non commento la sentenza, formalmente magari giusta, mi limito a rilevare (come sottolineato da giuristi ed esperti) che se il diritto e la giustizia divergono c’è qualcosa che non funziona; ed è il diritto che deve essere ricollegato alla giustizia, la quale deve sempre prevalere perchè riguarda le persone e non la arida legge.

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