Il pianeta che speriamo. La Settimana Sociale dei cattolici di Taranto.

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La Settimana Sociale si è mossa sulla linea della “Laudato Sì”, senza più le dotte relazioni di una volta, ma invece con testimonianze, interventi, lavori di gruppo, racconti di esperienze, esempi di buone pratiche. Sulla Settimana si veda la Nota finale, e gli articoli pubblicati nei giorni scorsi sul nostro sito.

Questo contributo è apparso sul sito di Demos di Milano, il gruppo politico di base in cui l’autore è impegnato.

 

 

 

Si è svolto dal 21 al 24 di ottobre a Taranto, la 49^ Settimana Sociale dei cattolici italiani.

La prima Settimana Sociale si era svolta nel 1907 a Pistoia su iniziativa in particolare di Giuseppe Toniolo, infaticabile apostolo della questione sociale nel mondo cattolico; ne sono poi seguite molte altre dedicate ai maggiori problemi sociali del paese.

Scopo sempre attuale della Settimane è quello di coinvolgere e preparare i cattolici ad affrontare i problemi della società.

Nel mondo cattolico è fortemente e giustamente radicata l’etica del prossimo (che costituisce uno dei comandamenti evangelici primari), ma nei tempi recenti si manifestano forze e dimensioni dei fenomeni che vanno ben al di là delle nostre capacità di visione e di controllo personale.

Pensiamo al tema delle armi atomiche, dello sviluppo di tecnologie informatiche (e dei social), al clima, alla carenza di materie prime, ma anche e sempre di più a un mercato mondiale con uno scambio vertiginoso di merci di cui sempre meno sappiamo la provenienza e da chi e come sono prodotte.

Il compito difficile degli uomini come della Chiesa è quello di aprirsi alla responsabilità verso questo ordine di problemi che, essendo giganteschi e non valutabili dall’esperienza immediata, tendono ad essere tralasciati, ritenuti fuori dalla nostra portata.

E’ il richiamo incessante di papa Francesco che ci pone continuamente davanti ai problemi del mondo: all’Amazzonia, al clima e all’ambiente, al tema della fratellanza universale.

La Settimana Sociale di Taranto aveva per tema “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. Tutto è connesso” e si è mossa sostanzialmente sulla linea tracciata dall’Enciclica “Laudato Sì”.

Il compito che si era proposta non era tanto l’approfondimento del tema, quanto piuttosto calare quelle idee nella realtà italiana e ancor prima nella chiesa del nostro paese; questa finalità ha trovato espressione anche nelle modalità realizzative della Settimana, una volta riempita dalle dotte relazioni di eminenti professori, oggi invece attuata attraverso testimonianze, interventi, lavori di gruppo, racconti di esperienze, esempi di buone pratiche.

Indubbiamente il punto di partenza consiste nel prendere atto della gravità della situazione: il clima continua a peggiorare, si moltiplicano i casi di popolazioni che devono abbandonare il proprio territorio, aumentano gli eventi disastrosi legati al clima, emergono tante situazioni di sfruttamento congiunto di uomini e ambiente (le pratiche cosiddette “estrattive”) non più sopportabili; e spesso sono i più poveri a subire tutto questo.

Alla condizione di crisi ambientale è infatti strettamente unita la crisi sociale, la crisi delle popolazioni che devono sopportare le conseguenze di eventi al di là delle loro forze e della loro possibilità di intervento.

La visione però tanto dell’enciclica che della Settimana Sociale non riveste un carattere catastrofico: la presa di coscienza della situazione invita piuttosto a una responsabilità da parte di tutti.

Forse in questo sta un carattere distintivo del discorso della chiesa: questi problemi, anche se enormi, anche se lontani, anche se fuori dalla nostra portata diretta, non riguardano solo i governi e gli organismi internazionali, ma riguardano tutti noi, ognuno di noi singolarmente.

E’ a partire da noi, dalla nostra coscienza e dal nostro comportamento, che le cose possono cambiare, che si può formare una “coscienza collettiva” e una “pratica sociale” coerente, che rende possibile anche i grandi cambiamenti auspicati.

Come dice l’enciclica, dobbiamo ”prenderci cura” del nostro ambiente, della natura, della Terra; come dobbiamo aver cura delle persone così dobbiamo aver cura dell’ambiente in cui vivono perché è parte della loro vita e perché la natura offre risorse essenziali alla nostra esistenza.

Nell’incontro preparatorio delle diocesi del Nord, mons. Castellucci, arcivescovo di Modena, richiamava come nella Bibbia il termine “custodire” (aver cura) è usato sia per custodire l’Eden, sia come domanda essenziale che grava sul delitto di Caino (“Sono forse io custode di mio fratello?”); siamo tutti “custodi” nell’uno e nell’altro caso.

Ponendosi in questa chiave, del trasferimento dei contenuti dell’enciclica alla realtà italiana ed ecclesiale, la Settimana Sociale ha dato particolare risalto alle realizzazioni pratiche, allo stesso tempo significative sul piano ecologico che sul piano sociale, e ha indicato, nelle sue conclusioni, dei percorsi concreti di impegno.

Un riguardo particolare è stato rivolto al tema dei consumi chiedendo di aumentare la nostra consapevolezza su quello che acquistiamo, riservando i nostri acquisti a prodotti “caporalato free” (e il discorso andrebbe allargato a tanti prodotti proveniente dall’estero che spesso coprono realtà di sfruttamento).

Ed è bene richiamare come una novità importante della Settimana Sociale sia costituito dall’appello diretto rivolto alla comunità cristiana.

Mons. Santoro, vescovo di Taranto, nel suo discorso conclusivo ha in sostanza proposto alle parrocchie di diventare delle “comunità energetiche”, formulando anche dei calcoli precisi: in Italia occorrono 7 gigawatt di energia elettrica da fonti rinnovabili; se ognuna delle 25.610 parrocchie italiane producesse 200 chilowatt, si realizzerebbero 5,2 gigawatt, una larga parte dell’energia necessaria.

Si tratta forse di un sogno utopico, ma offre una bella immagine dell’impegno che attende la chiesa.

E, ricordando che la Settimana si è svolta a Taranto, città al centro di uno dei nostri più gravi problemi ambientali, possiamo chiudere con un pensiero di  don Tonino Bello, citato da Papa Francesco: “Non possiamo limitarci a sperare. Dobbiamo organizzare la speranza”. E’ il senso anche del discorso del card. Bassetti, presidente della Cei, che affermava che al Settimana non era un convegno, ma piuttosto una piattaforma di partenza per avviare processi. L’iniziativa ora è ai cristiani e alle loro comunità.

 

Sandro Antoniazzi

ottobre 2021

 

 

 

 

 

One Comment

  1. caro Sandro, perchè su queste importanti tematiche non cè un confronto con la “teologia della liberazione”
    Sarebbe una cosa importante e sondo me ne guadagneremmo tutti. Ho vissuto per parecchi mesi in Nicaragua ,ho conosciuto molto bene Padre Ernesto Cardenal padre de Scoto Boff insomma mi sono innamorato di questa teologia,senza rinnegare quella cattolica .Mentre scrivo queste mie considerazioni sulla teologia della liberazione ,penso a Pippo Morelli. mio grande amico io sono di Reggio.

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