Emendato il porcellum, si può ancora migliorare?

| 2 Comments

Abbiamo quindi una prima versione dell’Italicum, legge elettorale che sarebbe probabilmente più onesto chiamare «porcellum emendato». Ci sarà il tempo e il modo per correggerlo (ma temo solo marginalmente) al Senato. Come mi è capitato talvolta di scrivere in passato, non sono un fanatico di nessun modello di legge elettorale, vedendo di ciascuno pregi e difetti. Il mix ideale di rappresentanza e governabilità è molto, molto difficile da realizzare. Di ogni formula occorre essere consapevoli degli effetti collaterali negativi, per prendere le necessarie contromisure. Quindi non esprimo entusiasmo, né mi straccio le vesti. Il problema politico era chiaro: come superare le nefandezze del vecchio modello, senza adagiarsi su una legge strettamente proporzionale, residuale dopo la condanna da parte della corte costituzionale delle liste bloccate lunghe e dell’abnorme premio di maggioranza, che condannasse di fatto il paese a “larghe intese” perenni? L’iniziativa di Renzi sotto questo profilo è stata utile, e bisogna anche riconoscere che non ci si poteva che rivolgere a Berlusconi, data l’impossibilità a smuovere la collaborazione del Movimento 5 stelle e l’analoga impossibilità di immaginare un’imposizione a colpi di maggioranza di regole totalmente inaccettabili alle opposizioni. Le regole devono avere almeno un minimo di legittimazione comune (altro è capire cosa ci stia di preciso nel suo patto politico con Berlusconi, ma questo è per ora un altro problema).

Naturalmente, se mi pare insensato – nell’Italia di oggi, non in assoluto – immaginare una soluzione rigidamente proporzionalista, vedo anche tutti i limiti della correzione maggioritaria. Ricordo infatti che forzando la costruzione del bipolarismo per via istituzionale si rischiano sempre due cose: coalizioni ingestibili perché politicamente fragili e soprattutto una sostanziale deriva presidenzialista (non  a caso lo slogan del “sindaco d’Italia”, nonostante tutte le precisazioni, va alla fine a parare lì, ideologicamente anche se non formalmente). Scontato questo problema oggettivo, dal mio punto di vista, almeno il minimo dei voti per ottenere il premio e il doppio turno di ballottaggio vanno nella direzione giusta. In via generale, occorrerebbe però innalzare il tetto del 37% per avere il premio al primo turno, anche se mi rendo conto che c’è già stato un compromesso in materia. Il ballottaggio garantisce almeno che siano ancora un volta gli elettori a dirimere la scelta della coalizione di governo. Sempre in questo senso, la divaricazione così alta delle soglie di sbarramento per i coalizzati e i non coalizzati (dal 4,5% all’8%) mi parrebbe il punto più critico da correggere (incentiva troppo alle coalizioni, e quindi anche a coalizioni politicamente forzate). Come la soglia del 12% per le coalizioni mi pare assurda: perché negare rappresentanza a un eventuale raggruppamento terzo così cospicuo?

Le liste corte sono invece un chiaro escamotage per aggirare la condanna delle liste bloccate da parte della corte costituzionale: dovrebbero permettere ai cittadini di riconoscere maggiormente e quindi di scegliere con più consapevolezza i candidati. Se la redistribuzione dei seggi avviene su scala nazionale, il loro senso è però modesto: se fossero sul modello spagnolo (collegi plurinominali, potremmo chiamarli), avrebbero già avuto un effetto maggioritario e bipolarizzante, e avrebbero dato anche rappresentanza diretta a un territorio. Segnalo che su 120 collegi distribuiti sul territorio, per i partiti maggiori di fatto ci sarà ancora un’alta percentuale di deputati di sicura elezione (i capilista). Quindi un parlamento che ancora per buona parte sarà costituito di nominati. A questo proposito, però, non credo che le preferenze potessero da sole restaurare un rapporto bruciato cittadinanza-rappresentanti, anche se in fondo le avrei preferite a questa soluzione. Ma non mi convince nemmeno chi ha opposto alle preferenze il sistema salvifico delle primarie obbligatorie: anche nelle primarie, alla fine, si produce o si produrrà quell’elemento di innalzamento di costi per la necessaria propaganda politica, che era ritenuto il sottoprodotto più negativo del sistema delle preferenze. La Camera ha battuto comunque tutt’e due gli emendamenti, confermando l’impostazione molto verticistica della scelta dei candidati.  Alfano e i suoi hanno ottenuto anche la possibilità delle pluricandidature, che è un altro elemento molto discutibile, per le manovre che consente ai capi partito: almeno però si è posto un limite numerico, rispetto alla precedente legge, limite che andrebbe ancora ridotto al Senato. La questione del genere, su cui si è incentrato lo scontro dell’ultima settimana, è delicata: la tutela che resta nella formulazione attuale è troppo modesta, ma mi pare anche insostenibile l’imposizione per legge della parità assoluta nel numero dei capilista. Una formula a metà strada potrebbe forse essere elaborata.

L’auspicio è che con qualche incisivo emendamento al Senato, almeno si realizzi un modello decente (non entusiasmante) e poi non lo si cambi per almeno vent’anni: il continuo modificare le regole sotto impulsi contingenti e interessi micro-temporali è quanto di più negativo per qualsiasi sistema istituzionale, che deve invece potersi esprimere sul medio-lungo periodo, per verificare se è funzionale. Naturalmente, rimane poi il problema politico tutt’altro che banale della mancata previsione di una riforma per il Senato, il che implica l’attesa necessaria della riforma costituzionale sulla seconda camera per tornare a votare: ma questo fa parte di un discorso diverso, che è quello della sorte della scommessa governativa di Renzi.

 

Guido Formigoni

 

2 Comments

  1. Le sue osservazioni sono certamente condivisibili, ma mi permetto di dissentire sull’insensatezza di un ripristino rigido del proporzionale puro: con la scusante (o dovrei dire aggravante) si lima la rappresentatività e la democrazia. La classe dirigente non è in grado di sintetizzare una maggioranza politica per una sua incapacità e quindi gliela si fornisce sotto forma di premio di maggioranza o versioni maggioritarie del sistema elettorale: se una forza politica, solitaria o in coalizione, non arriva alla maggioranza si alleerà mediando e creando una maggioranza su posizioni condivise, se non ne è capace perchè deve governare una minoranza?
    Dovesse inquinarsi una falda acquifera e la società di gestione dell’acquedotto non riuscisse, per incapacità tecnica e direttiva, a risolvere il problema si dichiara potabile l’acqua inquinata o si sanziona e sostituisce la società di gestione?
    Non ci sarebbe, peraltro, nulla di scandaloso in una serie di governi di grande coalizione, se questi sono rappresentativi e attuano scelte condivise: la maturità politica dell’elettorato arriverà con la maturità politica della classe dirigente: trovo allucinante che il mio voto non conti perchè il PD o Forza Italia non sono in grado, per analoga incapacità, a raggiungere la maggioranza.
    Quando i partiti erano pochi e popolati da persone serie e responsabili oltre che da sciacalli e parassiti c’era il proporzionale puro senza sbarramento, con le varie riforme elettorali i partiti si sono decuplicati e il numero di persone serie e responsabili negli stessi è sensibilmente diminuito a vantaggio degli sciacalli e dei parassiti: è un dato di fatto, non una opinione.
    La Democrazia Cristiana ha governato praticamente da sola fino a che non ha perso voti e si è alleata con il PSI che, non raggiungendo la maggioranza e non potendo o volendo trovare nel PCI un alleato, ha scelto di trovare un compromesso: la dialettica politica ha creato il Centro-Sinistra adeguando ai tempi in evoluzione la classe dirigente.
    Quando si è sostituita alla dialettica politica la legge elettorale e si è inventato il maggioritario italiano è saltato fuori Berlusconi, direi che gli ultimi venti anni e i personaggi principali della politica attuale siano la migliore ragione per un radicamento del proporzionale e l’allontanamento con la massima fermezza alle derive maggioritarie, pure o travestite da premi di maggioranza.
    L’attuale legge elettorale è insultante della nostra intelligenza in quanto un travestimento della legge di Calderoli: niente preferenze, premio di maggioranza al 37% o ballottaggio. Trovo assolutamente incivile che in un paese dove votano, se va bene, due terzi degli elettori un partito con il 30% scarso possa avere la maggioranza assoluta perchè ne ha superato un altro a un ballottaggio con meno ancora votanti: si tratterebbe di consegnare la maggioranza assoluta del Parlamento, criminalmente privato del Senato della Repubblica, a una guarnigione scelta da un quinto dei cittadini.
    In ultimo chiudo ricordando che questo è il Paese che gridava cannoni quando un dittatore al balcone domandava a una piazza festante, gremita e ridicolmente vestita se volesse il burro o i cannoni, questo è il Paese che rispose agli stimoli e alle rivendicazioni del 63 e del 68 con lauree ope legis per esempio, questo è il Paese che rispose alla crisi sociale con il Terrorismo e che negli anni Novanta prima innalzò la demolizione sistematica del sistema politico a faro della Nazione e subito dopo proclamò il principale corruttore di quella stagione politica a inviolabile protagonista politico con dieci anni al potere e gli altri dieci a condizionarlo e ora questo è il paese che per un quarto si consegnerebbe a Grillo e per un terzo spera che Stenterello tiri finalmente fuori i conigli dal cilindro.
    Questo è un paese dove l’unica speranza è una maggioranza politica eclettica e eterogenea che sintetizzi la parte migliore della classe dirigente: ora l’unica sua possibilità è proprio in un intesa più larga dei singoli schieramenti, i cui confini peraltro sono già molto approssimati, perchè è l’unica modo di costringere la politica a ritrovare argomenti e dialettica e di ottenere delle scelte che siano veramente condivise dalla maggioranza dei cittadini e quindi rispettate.

  2. propongo una riflessione che non vuole entrare nel merito delle argomentazioni di Formigoni e Marinoni: trovo importante il dibattito, che utilizzo al massimo per comprendere ed, eventualmente, essere in grado di decidere; desidero invece riflettere in parallelo, se così posso dire: trovo che ci lasciamo assorbire talmente dal problema della legge elettorale, che da troppo tempo stiamo dimenticando l’altro gravissimo problema, che riguarda la necessità che si continui a lavorare alla costruzione di un programma elettorale degno di questo titolo
    ricordo che la sinistra ha vissuto per mezzo secolo (sotto una dittatura, durante una guerra, in un dopoguerra troppo prolungato) nell’idea che bastassero grandi ideali e l’onestà per guidare nella politica del quotidiano
    ricordo che anche il tentativo – spezzato dal crimine e dalla morte precoce di entrambi – di moro e berlinguer, in fondo, soffriva di una relativa insufficienza progettua le e programmatica
    siamo ancora fermi al “progetto” di prodi, nè i documenti di preparazione dell’ultimo congresso pd sono, da questo punto di vista, esaurienti, anche se dotati di ampia argomentazione, come nel caso di beppe civati
    nè renzi ha adottato una strada diversa dal promettere per grandi titoli, affidandosi empiricamente alla verifica attraverso il “fare”, scommettendo sull’unico strumento di controllo da lui scelto e offerto all’elettorato, che è il tempo utilizzato per raggiungere risultati, che – ripeto – sono stati enunciati per titoli e non certo attravero un progetto di fattibilità
    allora dobbiamo muoverci
    occorre ricominciare a lavorare al rinnovamento di una politica e alla sua fase pre-elettorale fondate su proposte che abbiano un preciso carattere programmatico
    e spero che qualcuno non insorga pensando che voglia riproporre le logiche di pieraccini e giolitti!
    non a caso ho citato il tentativo di prodi, ma dobbiamo andare ben oltre il documento di intenti e di buona volontà
    mi rendo conto che un punto di vista come questo si espone a molte critiche e dubbi: come si fa? e la finanza mondiale? e l’europa?…………e cento altri interrogativi
    ma non è finalmente il momento di togliere il governo della politica dalle mani dei vari “dei ex machina” che tutto risolvono, essendo solo dei provetti manovratori del timone?
    chi sa navigare sa anche molto bene che se il timone serve per mantenere la rotta, prima di tutto è necessario avere ben tracciato sulla carta nautica la rotta stessa

Lascia un commento

Required fields are marked *.