Costituzione, lavoro e dignità. Pier Luigi Castagnetti racconta di Dossetti e Togliatti…

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All’inizio dello scorso ottobre  Pier Luigi Castagnetti, non più impegnato nella politica attiva tuttavia attento e disponibile ai percorsi di formazione della cittadinanza, è intervenuto a San Giovanni Rotondo, nella sala Pier Giorgio Frassati della parrocchia di San Giuseppe artigiano, per la presentazione del volume di Guglielmo Minervini, La Politica generativa. Testo che lo studioso emiliano ha indicato come il “manifesto di un pensiero alternativo a quello dominante”, espressione feconda del servizio politico del consigliere regionale pugliese, “uomo di pensiero, uomo di utopia ma anche di concretezza e senso storico, che aveva in dono quella forza straordinaria che hanno solo i miti”. “Testimone che non è stato toccato dall’esercizio del potere” e “ha sempre continuato ad avere fede nella possibilità di cambiare il mondo”, e che, come La Pira e come don Milani e come solo i profeti sanno fare, “era capace di sognare e di far sognare chi lo ascoltava”.

Castagnetti ha offerto un’interessante lettura sul rapporto tra lavoro e dignità. Lo ha fatto partendo da uno spunto del libro di Minervini, lì dov’è scritto che  “una politica deve rigenerarsi al servizio della persona”, passaggio che Castagnetti ha legato con la genesi dell’articolo 1 e dell’articolo 49 della nostra Costituzione. “La sovranità appartiene al popolo – recita l’articolo – , i cittadini sono quelli che hanno diritto al lavoro  perché la repubblica è fondata sul lavoro. Il lavoro – ha continuato Castagnetti – ti da la cittadinanza, e questa ti rende sovrano. Sei tu il sovrano, non la politica. La repubblica deve garantire quella dignità che deriva dal lavoro”. Così, ha ricordato lo stato di empasse iniziale dell’assemblea costituente dinanzi alla stesura dell’articolo 1 della Costituzione. “Non riuscivano a mettersi d’accordo sul modello di democrazia che realizzare nel nostro Paese. Dopo le relazioni di Lelio Basso e Giorgio La Pira le distanze erano addirittura aumentate. Così all’uscita degli onorevoli dall’emiciclo, un deputato cattolico, Giuseppe Dossetti, chiede a un anziano parlamentare, segretario del partito comunista, Palmiro Togliatti di potersi incontrano l’indomani in modo riservato”. Si apre così un racconto avvincente che mostra la capacità degli autentici discepoli di Cristo di vivere l’Evangelo e mediante uno stile dell’accoglienza e dell’incontro creare ponti, innescare processi. “Nell’incontro, avvenuto in un bar di Roma, in fondo a Via del Corso, – continua Castagnetti – Dossetti propone a Togliatti di concertare almeno l’incipit della Costituzione. Togliatti risponde: Faccia una proposta lei. Dossetti dice: Io propongo di scrivere che la Repubblica Italiana si costruisce sul diritto al lavoro. Togliatti replica: Ma lei dice questo per compiacere le mie posizioni?. Risponde Dossetti: No, lo faccio per compiacere le mie. Io so che quando le propongo il tema del lavoro lei non può dire di no, perché conosco la storia del comunismo. Ma del resto se vogliamo sbloccare la situazione è necessario trovare un tema su cui siamo d’accordo. E così dobbiamo fare anche per tutti gli altri articoli. Io ci arrivo da un’altra strada rispetto alla sua ma l’importante è approdare nello stesso punto. E poi aggiunge: Sa perché io credo nella centralità del lavoro? Perché io penso che l’individuo possa diventare persona solo se conquista la dignità e la dignità la conquista solo se ha il lavoro. Un individuo che ha il lavoro conquista la dignità quando va a casa e può guardare negli occhi i suoi figli. È un uomo che ha recuperato la dignità, è una persona. Io credo la nostra Costituzione vada costruita intorno a un asse personalista e quindi sulla centralità della persona”. Giuseppe Dossetti arriva a parlare anche di lavoro orante, includendo nella sua analisi perfino le suore di clausura. Il richiamo alle sue parole, del dossettiano Castagnetti, è illuminante per offrire sani strumenti di interpretazione della storia insieme alla comprensione del ruolo preminente di una cittadinanza attiva non perché in preda al dinamismo, spesso sterile del fare, ma in quanto formata intimamente nell’intimo della propria coscienza, da cui il servizio nel sociale è solo oggettivazione.

 

Giovanni Chifari (biblista e giornalista)

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