Cerchiamo altre strade

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Penso sinceramente che la proposta dell’amico Monaco rappresenti, come del resto si evince dalle sue dichiarazioni, una provocazione e che come tale vada ricevuta, non per accoglierla (anzi, al contrario, merita di essere chiusa al più presto prima che assuma direzioni sbagliate), ma per cogliere l’occasione di una riflessione non occasionale ed estemporanea.

Le critiche avanzate a sostegno di una “separazione consensuale” mi sembrano in sé fragili e facilmente controvertibili; riguardano due temi, quello della scarsa democrazia e della non contendibilità della direzione del partito e l’accentuarsi della tendenza centrista.

Sul primo problema desidero richiamare che le regole in vigore nel PD sono quelle originarie patrocinate da  illustri cattolici al disopra di ogni sospetto (Prodi, Scoppola, Parisi…) e che per quanto riguarda il centrismo penso che si dovrebbe esprimere un giudizio più equo, tenendo conto della necessità di avere una maggioranza in parlamento  (dove Renzi non ha potuto contare nemmeno sulla minoranza interna, il cui comportamento si è posto al di fuori di ogni normale regola di convivenza) e anche delle molte cose positive contenute nei provvedimenti approvati, che superano, a mio parere, i limiti e i difetti pur presenti.

Ma ritengo che il nodo della questione non stia qui; la critica di Monaco prende spunto da limiti del Governo, ma la sua vera motivazione si radica in una visione culturale del tutto diversa.

Monaco, e con lui un buon gruppo di cattolici democratici, ritiene Renzi  qualcosa di estraneo alla propria tradizione e cultura; giudica Renzi un essere “alieno”, non  ben identificabile,  e comunque  lontano e poco conciliabile con la cultura dossettiana-lazzatiana.

Renzi sarà cattolico, ma non si capisce bene, al di là del collocamento religioso, se ciò comporti una cultura specifica; sostanzialmente lo si considera non come un’espressione di una cultura, ma come un caso soggettivo.

Per i cattolici democratici, provenienti da una cultura con una storia prestigiosa, è più facile confrontarsi con altre culture (ad es. i comunisti di ieri),  piuttosto che con una realtà culturalmente non definita.

Mi permetto di esprimere a riguardo alcune considerazioni.

E’ fuorviante giudicare azioni di governo avendo come principale riferimento dei canoni culturali, non solo perché qualsiasi realtà è sempre lontana dagli ideali, ma anche perché il metro per giudicare deve essere un altro più consono.

Questa regola primaria non sempre è tenuta presente da quest’area e così si vive molto male il comportamento di Renzi.

In una visione più realistica e più attinente alle questioni politiche, se quella di Renzi è oggi la migliore soluzione possibile di governo, non è giusto e opportuno sostenerla? Ci sono concrete soluzioni alternative possibili? E se non ci sono perché continuare in un’opera costante di erosione e di creazione di difficoltà?

Procedendo oltre, mi sembra che la proposta di “separazione consensuale”  abbia  ben poche possibilità di successo per un motivo essenziale e cioè che ad essa non corrisponde nessuna  cultura alternativa adeguata da proporre come base di una formazione politica.

Il cattolicesimo democratico non può certamente essere la spina dorsale di tale ipotesi per molteplici motivi: per la sua consistenza, per la sua natura di cultura generale (e non dottrina di partito), perché è da ritenere superata l’idea  di un partito di un’area particolare, del resto ormai esausta.

Rimane, sì , una cultura di sinistra (e non per niente Monaco invoca Bersani): è la sinistra di ieri.

Ogni eventuale fuoriuscita dal PD mi sembra destinata inevitabilmente a confluire in quella collocazione; è l’esperienza di Genova, è la posizione di Fassina. E’ comprensibile il diniego di Bersani. Significa lavorare per una “grande” SEL.  E’ questo quello che si vuole?

A questo punto sarebbe necessario aprire un discorso più lungo e più approfondito.  In quella sinistra militano tante persone per bene, ha un suo seguito e certamente il PD dovrà sempre dialogare con essa per trovare possibili intese. Però deve essere chiaro che quella sinistra è quella di ieri, quella del passato che dobbiamo abbandonare; essa non è più una forza propulsiva, anzi oggi è spesso una remora al cambiamento, non può fornire nessuna prospettiva  e cultura al centro sinistra che vogliamo.

La prospettiva giusta a cui tendere è una critica a questo sistema che non nasca dal vecchio antagonismo, oggi protestatario e inconcludente, ma da una visione etico-sociale costruttiva, di cui i cattolici democratici  –  uscendo  da un eccesso di abitudini troppo politiche (mi viene da dire, e chiedo scusa a Monaco, “politiciste”)  – dovrebbero essere tra i principali creatori e sostenitori.

Oggi Papa Francesco  è molto più avanti dei cattolici democratici, così come già nel mondo del lavoro sono presenti  concezioni  più avanzate e più giuste di quelle del solito Landini, idolo dei mass media.

Come non avvertire che i problemi del mondo stanno qui e non  in diatribe interne alle formazioni politiche e ai loro dirigenti?  Misuriamoci non su questioni interne ai partiti, ma sui grandi problemi della realtà, che richiedono un serio impegno politico da parte dei cattolici, che ancora non si è espresso, e che lasciano il Papa isolato nei suoi discorsi, tanto lodati quanto poco seguiti. Traduciamo quegli stimoli in idee e iniziative politiche; questo mi sembra un programma più consono alle forze cattoliche democratiche, evitando strade sbagliate e senza via d’uscita.

Sandro Antoniazzi

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  1. Mi permetto, da persona di periferia e non appartenente ormai a nessuna formazione politica, di apprezzare le ultime frasi di Sandro Antoniazzi. Anche io credo che non ci si possa più attardare negli schemi passati e inquadrarsi sotto simboli o bandiere del ‘900 (sinistra, centrosinistra, popolari, ecc. – anche se per chi è cattolico democratico serve comunque schierarsi dalla parte della giustizia solciale, della libertà “da” e “per”, della legalità e dei diritti del lavoratore, della partecipazione e delle autonomie). Ho letto in qualche commento che ormai anche il riformismo mostra i suoi limiti, infatti Papa Francesco ci indica una prospettiva di profondo, radicale cambiamento. Perciò è la politica del cambiamento che oggi va pensata organizzata e realizzata: con nuovi strumenti. Superato l’Ulivo, con molti problemi il PD (anche se è vero che oggi per non regalare il Paese alla reazione non lo si può indebolire), riproposta del passato un qualcosa di sinistra socialista (con tutto il rispetto per il socialismo), credo si debba dare vita a un soggetto politico per il CAMBIAMENTO che raccolga i suggerimenti e le sollecitazioni che vengono dalla Laudato sì, che si impegni a realizzare pienamente la Costituzione più che cambiarla, che valorizzi il pluralismo e le autonomie locali e sociali, che si impegni per modificare i parametri del modello economico indirizzandolo verso la difesa dell’ambiente, delle condizioni di vita del terzo/quarto mondo, e dei diritti di chi lavora. La casa, il lavoro, l’istruzione, e la salute devono diventare un bene comune per tutti, godibile da tutti. E le risorse sappiamo che ci sono: armi, corruzione, evasione, finanza distorta. Da lì si può finanziare la rinascita.

  2. Grazie Sandro,
    finalmente una lezione chiara ed efficace per noi che ci definiamo cattolici democratici, oggi.
    Una lezione ancora più significativa perchè data da un maestro della cultura cattolico democratica.
    E’ urgente, se non vogliamo restare prigionieri della nostra autoreferenzialità e chiuderci nel recinto angusto delle solite analisi trite e ritrite, confrontarsi con l’aria nuova che respiriamo, adeguando ad essa non solo le nostre letture, più innovative e ardite, ma anche quegli abiti virtuosi che dovrebbero consentirci di essere più umili, meno supponenti e più disponibili a “nova semper quaerere et parta custodire”.
    Luigi Lochi

  3. Mi pare che Antoniazzi chiarisca bene il merito della questione. Aggiungo che a leggere quanto scrivono alcuni amici viene il sospetto che vogliano dare in qualche modo ragione – certo del tutto involontariamente- a quegli esponenti della destra cattolica che erano usi sostenere che i cattolici democratici soffrivano di un qualche complesso di inferiorità verso la cultura di sinistra. Era un’accusa priva di senso nei confronti di Dossetti, lo era un po’ meno nei confronti di molti cattolici passati un po’affrettatamente sulle barricate della contestazione dopo il Sessantotto e -soprattutto- dopo un’affrettata e mal digerita comprensione del Concilio, sarebbe ridicola ora nel momento in cui quella cultura è morta o moribonda, come dimostra l’endorsement ai 5stelle da parte di Flores d’ Arcais e Rodotà.

  4. Quel che ho capito io della riflessione di Sandro Antoniazzi con la sua formula (molto bella) del « cercare altre strade » é questo : é meglio concentrarsi «non su questioni interne ai partiti, ma sui grandi problemi della realtà, che richiedono un serio impegno politico da parte dei cattolici» in linea con l’azione pastorale di Papa Francesco. Non si può non essere d’accordo, ma questo intervento molto stimolante mi sembra fatto specialmente per dissuadere da ogni atteggiamento critico verso la dirigenza attuale del PD e verso il governo.
    Insomma : non stiamo a perder tempo su quel che fa il governo, cioé a chiederci se siamo a favore o contro certe sue decisioni, perché « se quella di Renzi è oggi la migliore soluzione possibile di governo » e se non ci sono « concrete soluzioni alternative possibili » resta solo da dire che tutto va bene; per conseguenza restiamo tranquilli in questo PD che Renzi ha preso in mano come suo partito personale perché l’ha fatto « con le regole in vigore nel PD », che siccome « sono quelle originarie patrocinate da illustri cattolici al disopra di ogni sospetto » vanno viste ormai come sacre e intoccabili anche se dovessero mai farlo divenire il partito di un « padrone ». E questo é un rischio giudicato irreale. Forse esagero, forse sbaglio, ma ho capito così…
    Preferirei sentire un serio tentativo per convincermi che l’impressione della « scarsa democrazia e della non contendibilità della direzione del partito » é una falsa impressione e non esiste veramente. Avrei voluto da Sandro Antoniazzi un maggiore approfondimento su questo, al di là del pretesto delle regole decise dai padri fondatori.
    E poi anche sul secondo punto evocato, che non é tanto «l’accentuarsi della tendenza centrista» (che peraltro a me sembra una giusta correzione di linea del centro-sinistra), ma é proprio la strategia d’attirare in ogni modo le tendenze di centrodestra, escludendo soltanto i leghisti e gli ex missini, togliendo l’aria al NCD di Alfano. Questa strategia potrebbe essere un’astuta strategia politica se il permanere della magari falsa impressione di cui sopra non provocasse una certa ansia e diffidenza del tutto comprensibile (in particolare riguardo alle conseguenze future possibili delle modifiche istituzionali globalmente considerate).
    In conclusione, d’accordo, « cerchiamo altre strade » perché non é il caso di seguire la sinistra dogmatica e verbosa del passato, o Fassina o Civati, o SEL, o altro che non abbiamo a disposizione nell’attuale fase politica, e d’accordo che « a questo punto sarebbe necessario aprire un discorso più lungo e più approfondito », ma non posso convincermi che siano soltanto le strade alte e grandi su cui cammina il Papa. Credo che bisogna cercare altre strade anche sul terreno più basso e fangoso della vita sociale, economica, politica, oggi intasate tutte dalle ideologie dominanti del liberismo, dall’illusione finanziaria, dal mito del mercato, dalla venerazione verso l’azione privata, dal pregiudizio contro ogni intervento pubblico.
    E lasciatemi dire che queste strade attualmente battute sono molto più vecchie di quelle che i cattolici democratici tentavano di percorrere con La Pira, Dossetti, Moro, e spesso si vuol far credere siano ormai superate, mentre al contrario sono proprio queste le “altre strade” da percorrere, cui invece l’attuale dirigenza PD volge le spalle a mio avviso.
    Paolo Sartini (Circolo PD Parigi).

  5. Ringrazio Sandro per la sua rinnovata attenzione critica. Come ci siamo scritti, ragionare e discutere fa sempre bene. Del resto, esattamente questo mi proponevo con la mia proposta-provocazione.
    Stimolare me stesso e altri amici e colleghi a mettere a tema problemi che non possono essere esorcizzati e che vanno chiamati con il loro nome.
    Difficile dissentire da Sandro su quattro punti: raccogliere le sollecitazioni di Papa Francesco; non contentarsi di evocare nobili riferimenti politico-culturali (a noi familiari ma datati) per misurarci con le concrete questioni programmatiche; di sicuro non affidarsi alle ricette a al personale politico estenuati di una sinistra tradizionale; non immaginare che micro-scissioni a sinistra del PD siano la soluzione.
    Persino troppo facile essere d’accordo. Richiami saggi ma un po’ ovvi. Tuttavia, tali pacifiche avvertenze non ci autorizzano a eludere tre interrogativi (qui mi permetto io di richiamare alla concretezza degli attori e dei processi politici in atto e alla responsabilità di impegnarsi in un giudizio su di essi): 1) la forma politica e la dinamica concreta (diciamo la “costituzione materiale”) del partito PD; 2) la cifra, il segno etico-culturale (“ideologico” nel senso buono del termine) dell’azione politica e programmatica del governo; 3) la dinamica complessiva del sistema politico che vorremmo orientato a una democrazia competitiva e matura (questo l’obiettivo in certo modo storico perseguito da Moro e poi dagli Andreatta, Scoppola, Prodi, Parisi citati ). Tre questioni da giudicare dal punto di vista di una sensibilità cattolico-democratica (suppongo che ancora, su questo sito, ci si possa esprimere così, grossomodo intendendoci). Ho specificato: soprattutto nella sua declinazione cristiano-sociale.
    Per non annoiare i lettori mi fermo qui. Solo rinvio a un scambio con il mio amico Arturo Parisi: trovo significativo che ora anche lui mostri di condividere sostanzialmente la mia diagnosi critica e la mia preoccupazione, anche se non se la sente di sottoscrivere l’idea della “separazione consensuale” del PD, che, del resto, io stesso avanzo a modo di ipotesi sulla quale ragionare. Certo, senza escluderla pregiudizialmente.

    Franco Monaco

  6. Ci sono almeno due livelli di lettura dell’intervento di Antoniazzi.

    Uno è quello relativo alla politica contingente che riguarda la natura del Pd e del governo e sotto traccia, ma non tanto, l’obbligo che i “vecchi” politici hanno di avvicinarsi al fenomeno ‘Renzi’ superando lo smarrimento che la sua irruzione sulla scena politica ha rappresentato.

    Un secondo livello , quello decisivo, è rappresentato dall’invito a un impegno di ricerca finalizzato ai ‘ grandi problemi della realtà che richiedono un serio impegno politico da parte dei cattolici’ perchè è da qui, mi pare di capire, che passerà la storia.

    Ora io sono del tutto d’accordo su questa gerarchia di priorità, ma il punto è che Antoniazzi non spende una parola ‘sui grandi problemi della realtà…’ mentre non lesina giudizi e apprezzamenti sui problemi per così dire ‘secondari’ e contingenti.. Epperò da questi giudizi si possono dedurre, a mio parere, quali sono, in via ipotetica almeno, i suoi abbozzi di orientamento sulle grandi questioni.

    Non entro nella questione della ‘separazione consensuale’ posta da Monaco, la cui interpretazione autentica mi pare debba essere lasciata all’autore.

    Ma, per fare un esempio, che cosa significa dire che ‘è fuorviante giudicare azioni di governo avendo come principale riferimento dei canoni culturali’ o dichiarare che la cultura di sinistra ‘è la sinistra di ieri’?
    A me pare, al contrario, che sia necessario avere alle spalle dei canoni solidi di riferimento a cui ancorarsi e allo stesso tempo verificare se la sinistra di ieri ha qualcosa da dire sui problemi dell’oggi. A questo riguardo è opportuno chiedersi se una visione ‘etico-sociale’ costruttiva è quella che cancella l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori o abolisce il senato perseguendo il rafforzamento di tutti i poteri esecutivi, dal governo alla scuola. Il valore della persona sui luoghi di lavoro o la partecipazione- corresponsabilizzazione dei cittadini devono essere rottamati (uso mio malgrado ‘ rottamati’ per sottolineare però la mia assoluta contrarietà a questo termine quando si tratti di persone) per dare spazio al nuovo? E un saldo ancoraggio a un sano patrimonio etico – culturale non rappresenta una guida utile se non necessaria?

    Al contrario, l’abolizione dell’articolo 18 o il restringimento degli spazi democratici non sono ancorati a un patrimonio etico-culturale di segno opposto? Quale dei due scegliere?

    E Antoniazzi considera lecito (o doveroso) battersi (cioè essere antagonisti) contro simili provvedimenti?

    E ancora che cosa significa che non si può ‘scendere dal carro senza la reale possibilità di salire su qualcosa di più solido’ se il carro del potere, amico per la precisione, è quello che ha abrogato l’articolo 18 e manomesso la costituzione nel modo sopra accennato?

    Non si viene meno in tal modo al diritto (ma anche al dovere) di una necessaria opposizione di ‘principio’, di una altrettanto dovuta testimonianza di natura ‘banalmente’ etica, senza dimenticare gli effetti di buona pedagogia che simili comportamenti possono innescare nel dibattito pubblico?

    Mi rendo conto che la ‘sinistra di ieri’ non può limitarsi a difendere il proprio passato e che uno sforzo immane vada fatto, per esempio, per garantire la ‘cittadinanza’ (il 40% è disoccupato) ai giovani in un modo che riconosca e valorizzi le qualità, le propensioni di ognuno, non pensando alle linee di montaggio di arcaica memoria.

    Ma una tale prospettiva non si costruisce demolendo il sistema di diritti o le regole democratiche che hanno definito il livello di civiltà della nostra convivenza.
    Da qui si deve partire ed è per queste ragioni che la discussione sui ‘grandi problemi’ mi pare sia già stata avviata da Antoniazzi con orientamenti molto precisi.

    Infine, ma è solo una battuta, è vero che le regole in vigore nel Pd sono quelle a suo tempo definite da padri sicuramente ‘nobili’. Ma nessuno di questi padri ‘nobili’ è ora nel Pd. Buon Natale!
    Giacomo Toniolo

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