Viva la simbiosi delle culture

di Edgar Morin, sociologo e filosofo, in “Le Monde” dell’8 febbraio 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)

Ogni cultura ha le sue virtù, i suoi vizi, i suoi saperi, le sue “arts de vivre”, i suoi errori, le sue illusioni. È più importante, nell’era planetaria che è la nostra, aspirare, in ogni nazione, ad integrare ciò che gli altri hanno di meglio, e cercare la simbiosi del meglio di tutte le culture. La Francia deve essere considerata nella sua storia non solo secondo gli ideali di Libertà-Uguaglianza-Fraternità promulgati dalla Rivoluzione, ma anche secondo il comportamento di una potenza che, come i suoi vicini europei, ha praticato per secoli la schiavitù di massa, una potenza che nella sua colonizzazione ha oppresso popoli e negato le loro aspirazioni all’emancipazione. C’è una barbarie europea la cui cultura ha prodotto il colonialismo e i totalitarismi fascisti, nazisti, comunisti. Una cultura deve essere considerata non solo secondo i suoi nobili ideali, ma anche secondo il suo modo di mascherare la barbarie sotto questi ideali.  

Possiamo essere orgogliosi della corrente autocritica minoritaria della nostra cultura, da Montaigne a Lévi-Strauss passando per Montesquieu, che non solo ha denunciato la barbarie della conquista delle Americhe, ma anche la barbarie di un pensiero che “chiama barbari i popoli di altre civiltà” (Montaigne).

Come il cristianesimo non può essere considerato solo secondo i precetti d’amore evangelico, ma anche secondo una intolleranza storica verso le altre religioni, il suo millenario antisemitismo, lo sradicamento dei musulmani dai territori cristiani, mentre storicamente cristiani ed ebrei sono stati tollerati nei paesi islamici, in particolare nell’Impero ottomano. Più ampiamente la civiltà moderna nata dall’Occidente europeo ha diffuso nel mondo innumerevoli progressi materiali ma anche innumerevoli carenze morali a cominciare dall’arroganza e dal complesso di superiorità, che hanno sempre suscitato il massimo del disprezzo e dell’umiliazione degli altri.

Saggezza e “art de vivre”

Non si tratta di un relativismo culturale, ma di un universalismo umanista. Occorre superare un occidentalocentrismo e riconoscere le ricchezze della varietà delle culture umane. Riconoscere non solo le virtù della nostra cultura e le sue potenzialità emancipatrici, ma anche le sue carenze e i suoi vizi, in particolare lo scatenamento della volontà di potenza e di dominio sul mondo, il mito della conquista della natura, la credenza nel progresso come premio della storia.

Dobbiamo riconoscere i vizi autoritari delle culture tradizionali, ma anche l’esistenza di solidarietà che la nostra modernità ha fatto sparire, un rapporto migliore con la natura e, nelle piccole culture indigene, saggezze e “arts de vivre”.

Il falso universalismo consiste nel crederci proprietari dell’universale – il che ha permesso di mascherare la nostra mancanza di rispetto degli umani di altre culture e i vizi della nostra dominazione. Il vero universalismo cerca di situarci in un meta-punto di vista umano che ci ingloba e ci supera, per il quale il tesoro dell’unità umana sta nella diversità delle culture. E il tesoro delle diversità culturale nell’unità umana.

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