Una classe dirigente stolta

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La sinistra a cui appartengo, come cristiano, difetta come tutte le altri parti politiche, di una classe dirigente in grado di leggere in modo lucido i processi storici in corso, e si interroga poco su di essi e sulle relative sfide, che sono decisive e che spesso hanno un passo lento ma segnano in profondità la nostra fase storica. Faccio un esempio: chi mai tra i politici di prima fila, tra gli intellettuali di punta, tra gli accademici famosi, tra i giornalisti più ascoltati, aveva previsto la rivoluzione migratoria dell’ultimo ventennio? Un fenomeno non occasionale, ma strutturale, in grado di marcare in profondità e che, per lungo tempo, influenzerà la nostra stagione storica. C’è da domandarsi: chi non è in grado di intercettare un problema, sarà in grado di darne una seria, anche se non dirimente, risposta? Come mai i partiti, con le loro correnti, le loro tendenze, le loro sensibilità, non hanno dato vita a gruppi di studio, di ricerca, di formazione che aiutassero chi è esposto in trincea ad avere una cultura meno” afasica”? Si è investito poco nel campo delle idee.

Viviamo in una società globalizzata, ma non riusciamo a capire la vasta disumanizzazione che sta dietro ad ogni migrante. Non abbiamo solo il crollo dei consumi, ma soprattutto il crollo delle idee. Il secolo che abbiamo alle spalle si è connotato come il secolo delle grandi guerre, dello sterminio di interi popoli, della costruzione di campi di concentramento; ma quello che viviamo continua ad essere segnato dalla fame, dalla miseria, dalla mancanza di libertà per molti popoli, dalla disoccupazione che tormenta grandi masse umane. Se ci pensiamo bene e, per fare un esempio, nei 54 stati che compongono l’Africa solo il Sudafrica si salva, nei 53 restanti non esiste un welfare state cioè uno stato del benessere, degno di tale nome.

Mancano in Africa ospedali, scuole, università, servizi sociali, pensioni, diritti sociali, cassa integrazione, politiche ambientali responsabili, tutele per i più deboli, accessibili e gratis per tutti, che renderebbe meno vacua la parola diritti umani. L’Europa, infatti, investe il 45% del proprio Pil nello stato sociale e questo è una grande calamita, una forte spinta a venire da noi per i migranti che non hanno diritti sociali che li supportano. Quando parliamo di migranti dovremmo sempre sovrapporre questa istanza dello stato sociale, per capire il dramma che li caratterizza.

Il cuore del messaggio di una sinistra all’altezza della posta in gioco dovrebbe essere un grido di battaglia in grado di animare un po’ tutti gli europei, e cioè l’impegno di aiutarli a casa nostra e a casa loro, innescando un’insurrezione delle coscienze su un tema delicato che riguarda la famiglia umana, accantonato dai circoli conservatori che hanno grandi interessi da proteggere e una grande influenza sull’informazione in generale.

Sono tremende le sfide che hanno davanti la sinistra e l’Europa: una profonda caduta demografica, la finanza globale che va governata, la disoccupazione di massa giovanile che rischia di regalare all’antieuropeismo un’intera generazione, la distruzione dell’ambiente che creerà problemi seri alle generazioni future, e ovviamente le grandi ondate migratorie, che implicano, da parte nostra, un fronte unito per poterci misurare efficacemente. Invece, assistiamo a una sinistra che si spacca nelle sue diverse anime: quella etica con una forte connotazione identitaria, ma aperta, legata al nucleo valoriale più profondo della nostra costituzione; quella socialdemocratica (Bersani, D’Alema) legata ai sindacati, al lavoro dipendente, ai pensionati, ai disoccupati; quella democratico-riformista (Renzi, Veltroni), che ha fatto sue le istanze vicine alla globalizzazione, consapevole che per vincere non basta il voto della sinistra tradizionale che arretra sempre di più a causa delle delocalizzazioni, della chiusura delle attività produttive, della contrazione del lavoro dipendente, e disposta pur di vincere, ad annacquare la sua identità in modo pragmatico e scivolare verso il centro, allargando la platea dei possibili votanti, con una vocazione maggioritaria che freni quella identitaria e valoriale.

Questa esplosione della sinistra ha portato il nostro campo ad essere molto articolato: Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Possibile, Articolo uno o MDP, Campo Progressista, PD; e forse o lasciato fuori qualcuno. L’errore dell’attuale classe dirigente è stato proprio quello di far frammentare la sinistra, invece di far dialogare le varie anime profonde, le varie correnti, le varie tendenze che sono la ricchezza vera della sinistra e che l’avrebbero resa più forte di fronte ai problemi che abbiamo davanti.

 

Mario Giuseppe Molli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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