Un nuovo modello di Chiesa: Poitiers

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Stéphane Gaudet in “www.garriguesetsentiers.org” del 16 marzo (traduzione: www.finesettimana.org) riferisce il modello di chiesa che Mons. Albert Rouet, per 17 anni arcivescovo di Poitiers e dimessosi a febbraio per raggiunti limiti di età, ha tracciato in una conferenza tenuta in Canada. Mons. Albert Rouet è una delle figure più libere dell’episcopato francese. La sua opera J’aimerais vous dire (Bayard, 2009) ha venduto più di trentamila copie. Egli non è d’accordo col fatto che manchino preti; mancano – egli dice –  in relazione al modello parrocchiale attuale. Ma si può cambiare modello: promuovendo piccole comunità locali, guidate da equipes di laici. Il prete si pone a servizio di queste comunità…

Nel quadro del convegno annuale del Centro culturale cristiano di Montréal 1, Mons. Albert Rouet ha presentato al Québec il modello da lui istituito quando era vescovo di Poitiers. È il modello delle comunità locali nato in America Latina. Una comunità può formarsi tanto in un quartiere in ambiente urbano, quanto in un villaggio o in un gruppo di villaggi. L’importante è conservare una ripartizione a misura d’uomo. Ogni comunità è in rapporto con un prete, che però è a servizio della comunità, non è il centro attorno al quale gira la vita della comunità stessa. I membri della comunità eleggono tra loro un’équipe di cinque persone per animarla. È quindi autonoma e responsabile. È la comunità che decide se desidera una messa settimanale durante la settimana, quindi con l’eucaristia e la presenza di un prete, o un incontro domenicale, ma non tutte le settimane con l’eucaristia. Fa appello al prete in base ai propri bisogni.

Questo modello parte dal principio che i battezzati sono degli adulti nella fede, non dei minorenni! Tutti i battezzati devono poter mettere i loro doni a servizio della Chiesa. Responsabilizzandosi, i laici, uomini e donne, si pongono “in piedi” e intrattengono ormai delle relazioni paritarie con i preti e perfino con il vescovo. Così il popolo cristiano esce dall’inerzia e dalla disperazione nelle quali li getta il ritornello “mancano preti”. Mons. Rouet, del resto, non è d’accordo col fatto che manchino preti: mancano in relazione al modello parrocchiale attuale, ma si può cambiare modello!

E anche se ci fossero abbastanza preti per “servire” le 604 parrocchie della diocesi di Poitiers, il 44% di loro sarebbe in parrocchie con meno di 300 anime; si annoierebbero a morte… La vecchia immagine del parroco di campagna e della chiesa rurale appartengono al passato, bisogna accettarlo! È necessario un grande lavoro sulle mentalità e sulle rappresentazioni che ci si fa di una certa realtà. Certo il modello parrocchiale sta vivendo i suoi ultimi giorni, ma un nuovo modello ne prenderà il posto: la Chiesa rimane viva! Il popolo cristiano, quindi, non deve scoraggiarsi. Questo modello ha ridato la speranza ai cristiani e alle cristiane rendendoli protagonisti della speranza.

Il modello parrocchiale classico è centripeto: tutto avviene attraverso il parroco, il potere è accentrato nel solo ministero del prete. Mentre i primi cristiani, invece, vivevano una diversità di ministeri (diaconi, sottodiaconi, esorcisti, accoliti, ecc.), diversità che, secondo Mons. Rouet, bisogna ridispiegare. È normale che, nel modello classico, la mancanza di preti metta in pericolo l’esistenza stessa della Chiesa. E se si affida più potere ai laici senza cambiare modello, la mancanza di preti clericalizza i laici, oppure nascono conflitti di potere. Istituite a partire dal 1996 nella diocesi di Poitiers, le comunità locali sono ora diventate 300, e contano 1600 fedeli. Portano dei bei frutti! Le comunità locali rafforzano lo slancio missionario, la maggioranza dei catecumeni della diocesi provengono da queste comunità. La scelta lasciata alle comunità di decidere se e quando vogliono la comunione ha ridato senso all’eucaristia, che non è più un automatismo. Quando le comunità locali danno dei veri poteri ai giovani (non un ruolo solo apparente), i giovani sono presenti e danno il loro contributo! Anche loro sono battezzati, quindi adulti nella fede. Il ruolo della diocesi è di sostenere le comunità locali, non di sorvegliarle né di dire loro che cosa fare; contrariamente alle parrocchie, non entrano nella struttura piramidale della diocesi. E infine, uomini e donne sono alla pari nelle comunità locali e possono esercitarvi tutte le responsabilità. L’unico criterio che importa è la competenza.

Il modello delle comunità locali è basato unicamente sul relazionale, non sull’amministrativo. Le comunità locali non sono parrocchie “new look”. Si tratta di un modello totalmente diverso, basato su una teologia del battesimo, e che chiede una reale conversione evangelica a coloro che desiderano parteciparvi.

Nel settembre 1995 veniva istituita la prima “comunità locale” a Combrand-Montravers (DeuxSèvres). Oggi sono 310 nella diocesi di Poitiers, secondo il principio: dove dei cristiani sono riuniti, lì è la Chiesa locale. Queste comunità locali si articolano attorno a cinque funzioni: la preghiera, l’annuncio della fede, la carità, la vita materiale e l’animazione dell’insieme. Le ultime due funzioni vengono svolte da laici eletti dalla comunità locale. L’équipe di animazione è istituita dal vescovo o dal vicario episcopale, con un mandato di tre anni, rinnovabile una volta.

2 Comments

  1. Solo una domanda:
    ma voi siete Cristiani Cattolici o qualcos’altro?
    Saluti.

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