UN LIBRO (E UNA LETTERA) DI GIOVANNI COLOMBO

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La lettera (scritta agli amici) dice: “Quanto può durare l’ orgasmo spirituale, il gaudium magnum? Da una settimana continuo a ridere per un nonnulla,  esco di casa, assaporo la gioia, compero il giornale, assaporo la gioia, prendo il metro, assaporo la gioia…finalmente è arrivato colui che più volte invocai… E’ bastato un “buonasera” e la Chiesa è tornata a colori: si è chiusa di colpo l’era costantiniana,  è iniziata la fase francescana. Il nuovo Vescovo di Roma ha già detto cosa vuole: una chiesa povera per  poveri, che vive di tenerezza. Chissà cosa riuscirà a cambiare, specie nel rapporto con le donne, le grandi assenti nel Conclave. Riuscirà a recuperare la loro fiducia, interrompendo la fuga delle quarantenni? Il papa sa che Francesco d’Assisi non poté evitare l’incontro con una donna amante. Il suo nome dice chi sia, e cosa dia: Chiara…chiarore, chiarezza, chiaroveggenza… Vedremo. Ma, Dio, com’è invogliante questa primavera! Tutto è in movimento. Tutto è a riposo. Saluti sensuali come un tango argentino. Giovanni Ambrogio Colombo”.

Il libro è “Lombardia libera – Il crollo del Celeste, l’ombra del Cardinale, il ritorno di Ambrogio”, ed. Il Margine (si trova nelle principali librerie, o si può richiederlo direttamente a editrice@il-margine.it). Ne riportiamo un brano:

 

Il cristianesimo del futuro o sarà povero o non sarà. Le Chiese

lombarde che per secoli hanno celebrato il culto della pietra, con tanti

preti geometri dediti alle costruzioni, possono finalmente rilassarsi.

Ormai è definitivamente assodato che  il mezzo condiziona il messaggio e

che soltanto il modo povero si addice alla buona notizia, altrimenti la

si travisa. Si ritorna alle istruzioni date duemila anni fa e poi

dimenticate. Gesù ha comandato agli apostoli di non portare niente con

sé: “né bastoni, né bisaccia, né pane, né argento”; se non ti

accettano, invece di alzare la voce, vattene altrove. 

Il cristianesimo del futuro sarà povero di soldi e di tutto ciò che i

soldi comportano: alleanze coi prìncipi, concordati, endorsement

politici.  Povero – e qui il discorso si fa più arduo – di certezze,

di sicurezze, di garanzie.  La fede e la speranza cristiane non sono

polizze sottoscritte con una divina compagnia di assicurazione, come

troppo spesso si continua a pensare. Povero anche  nel campo della

verità. Spesso la verità si è fatta – e  si fa – presuntuosa,

prepotente, colonizzatrice. Conviene, invece, tornare a una verità

modesta, che si propone, ma non pretende di conquistare, che si offre

come dono (“grazia”), ma non si mette a contare il numero di quanti

hanno accettato, che non eleva muri né chiude recinti, ma apre porte e

finestre. Il cristianesimo del futuro sarà povero di  parole. E’

inutile che la Chiesa dica la sua su tutto e tutti. Meglio il silenzio,

aperto all’ascolto dell’altro, alla preghiera. Meglio diminuire i

punti esclamativi, la punteggiatura preferita da una certa predicazione

trionfalistica, e aumentare i punti interrogativi, secondo la grande

tradizione ebraica. Ogni affermazione si trasformi in una domanda.  Il

cristianesimo del futuro sarà anche un cristianesimo apofatico, che

esalta quel negativo che fa parte della grande tradizione mistica, dalla

notte di Betlemme a Meister Eckart   a Giovanni della Croce. Sa quello

che Dio  non è,  più di quello che è.  In questa faticosa ricerca del

“non” incontrerà il filone più interessante della cultura

contemporanea.

(Lombardia libera, pag. 89)

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