Stati Uniti, i vescovi per la pace incalzano la politica

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Maria Teresa Pontara Pederiva, nell’articolo pubblicato in “Vatican Insider” il 7 marzo 2012, avverte giustamente che l’episcopato Usa non è più quello dei tempi del card. Bernardin e delle lettere episcopali sulla giustizia. Anzi, a dire il vero, è ampiamente schierato su posizioni vicine ai conservatori repubblicani e non molto distinguibili da quelle dei cristiani evangelici. Scriveva un mese fa Massimo Faggioli su “L’Unità”: “La progressiva evangelicalizzazione dell’agire politico dei vescovi americani rischia di condurre un patrimonio culturale come quello del magistero sociale cattolico in un vicolo cieco: quello di una progressiva privatizzazione e comunitarizzazione dei diritti, delle opportunità, delle fedeltà”. E si veda l’editoriale di pochi giorni fa della rivista The Tablet. Però è comunque un’iniziativa positiva quella di cui Pontara Pederiva dà conto nel suo articolo: sul sito della Conferenza episcopale statunitensi è apparso un appello per un ridimensionamento degli arsenali nucleari…

Certo non sono più gli anni di Joseph Louis Bernardin alla guida della Conferenza Episcopaleamericana, il cardinale, figlio di emigranti trentini, impegnato senza sosta negli anni Settanta  nell’elaborare documenti e promuovere iniziative per sensibilizzare su comportamenti legati ad un’etica coerente alla vita, protagonista di numerosi interventi a favore della giustizia sociale e della pace fra i popoli, sempre in prima fila a fianco dei poveri e di quanti non avevano voce. “Un uomo che stava alla parola data, che sentiva fortemente i problemi della Chiesa”, scriverà alla sua morte, nel 1996, il cardinale Martini nella prefazione ad un testo che è apparso un po’ il suo testamento (“Il dono della pace. Riflessioni personali del card. Bernardin” ed. Queriniana).

Oggi la Chiesa degli Stati Uniti è in piena “era Dolan”, fresco cardinale di New York, e, se stiamo ai titoli degli ultimi mesi, sembrerebbe che altri siano diventati gli interessi: opposizione alle unioni gay, alle leggi di diversi stati in materia di eutanasia, alla riforma sanitaria tenacemente voluta dall’amministrazione Obama, ma con il neo di inserire la copertura del controllo delle nascite, per chi lo richiede, e in ultima analisi schierata in difesa di un concetto un tantino parziale della libertà religiosa, perché altrove – dicono anche in America – di libertà religiosa mancata si muore. Ma ci sono in ballo le elezioni presidenziali e si sa come va la politica: i perdenti della scorsa volta, hanno tutta l’intenzione di invertire la rotta e i voti dei cattolici sono un bottino da conquistare, talvolta con la richiesta di “aiuto” alle gerarchie. Niente di nuovo sotto il sole.

Sarà per questo che altre notizie stentano a filtrare da oltreoceano, ma ci sono sempre le eccezioni. Dopo un timido intervento contro la pena di morte (che in USA non ha mai avuto il sostegno delle richieste anti-aborto, ma la storia è lunga), è ora la volta di un invito, neanche tanto implicito – visto che è pubblicato da tempo sul sito ufficiale dei Vescovi – a firmare un appello per un ridimensionamento degli arsenali nucleari. Nel sito è possibile apporre la propria firma di cittadini americani nella speranza di essere a migliaia entro la data del 31 marzo prossimo. In un momento in cui il presidente e la sua amministrazione hanno un piano di riduzione delle armi nucleari accingendosi a decisioni che dovrebbero sancire la differenza fra due tipi di politiche americane, i Vescovi hanno stilato una Lettera che recita così: “Dear Mr. President, innanzitutto grazie per il sostegno ad una visione del mondo libera da armi nucleari e per voler porre fine al timore ormai obsoleto di una Guerra Fredda. Nel XXI secolo le armi nucleari non costituiscono certo una risorsa per nessuno. Del resto il mantenimento di un arsenale nucleare non fa certamente da deterrente, ma aumenta solo il rischio di possibili incidenti. Se come Stati Uniti saremo in grado di avviare questa riduzione – non solo di armi nucleari, ma anche di sottomarini, missili e bombardieri adatti a portare quelle testate – siamo convinti che finiremo per indurre altri paesi ad unirsi nella medesima strategia di pace e a raggiungere un mondo libero dalle armi nucleari”.

Libero dalle armi tout court sarebbe un po’ troppo anche per la Chiesa americana, ma un passo è stato fatto, e nella direzione indicata quarant’anni fa da Bernardin, e più vicino – come ricordano i vescovi sul loro sito -, da Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace del 2010: “Se vuoi coltivare la Pace, custodisci il creato”.

Nell’ottica di una presa di coscienza della responsabilità nei confronti delle generazioni future e della giustizia fra i popoli, il papa scriveva “è quanto mai auspicabile che trovino efficacia e corrispondenza gli sforzi della comunità internazionale volti ad ottenere un progressivo disarmo ed un mondo privo di armi nucleari, la cui sola presenza minaccia la vita del pianeta e il processo di sviluppo integrale dell’umanità presente e di quella futura”.

E non dimenticano di citare neppure il Concilio: “si convincano gli uomini che la corsa agli armamenti, alla quale si rivolgono molte nazioni, non è la via sicura per conservare saldamente la pace né il cosiddetto equilibrio che ne risulta può essere considerato pace vera e stabile. Le cause di guerra, anziché venire eliminate da tale corsa, minacciano piuttosto di aggravarsi gradatamente. E mentre si spendono enormi ricchezze per procurarsi sempre nuove armi, diventa poi impossibile arrecare rimedio alle miserie così grandi del mondo presente” (GS, 81). O il predecessore di Dolan, il cardinale Francis George, che aveva scritto: “la capacità terribilmente distruttiva delle armi nucleari le rende armi che in maniera assolutamente sproporzionata mettono in pericolo la vita e la dignità umana come nessun altro tipo di arma oggi a disposizione”, e si era schierato contro lo stesso concetto di deterrenza. Ma gli interventi in merito non si contano, tra gerarchie e laici.

Sarà da seguire quanto avrà da dichiarare il vescovo di Albany, NY, presidente della Commissione Giustizia e Pace riguardo al numero dei firmatari a scadenza avvenuta (31 marzo 2012). Che tutto il mondo si augura numerosi.

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