Stop alla dottrina Kennedy

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Editoriale, in “The Tablet” del 3 marzo 2012 (traduzione di Maria Teresa Pontara Pederiva), da www.finesettimana.org

Nella sfida dell’anno (ndr. le primarie repubblicane in vista delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti) lo scontro fra un ultra-conservatore ultra-cattolico da un lato e un capitalista miliardario mormone dall’altro, sembra rivelarsi uno dei più intriganti spettacoli che la politica americana abbia offerto al mondo da qualche tempo in qua. Ad esempio, in Michigan i democratici hanno fatto campagna per il repubblicano Rick Santorum alle elezioni primarie, nella speranza di massimizzare il danno che la sua candidatura sta procurando al principale contendente del suo partito, Mitt Romney.

Le credenziali del cattolico Santorum (ndr. di origini italiane e precisamente di Riva del Garda) sembrano per ora averlo aiutato a conquistare lo zoccolo duro degli evangelical conservatori, mentre un tempo avrebbero fatto obiezioni. Ma essi potrebbero avere forse difficoltà a digerire il suo ripudio della “Dottrina Kennedy”, del primo presidente cattolico americano, che, come probabile futuro titolare cattolico della Casa Bianca, credeva nella netta separazione tra Stato e Chiesa, e che di conseguenza non avrebbe mai preso ordini dal Vaticano. Santorum ha dichiarato che la dottrina Kennedy gli fa venir “voglia di vomitare”. L’ha interpretata in modo estremistico, molto al di là di ciò che Kennedy avesse mai inteso. Infatti il presidente Kennedy, nel rivolgersi ai leader religiosi protestanti, aveva solo risposto all’accusa di essere inadatto all’incarico perché come cattolico sarebbe stato diviso tra lealtà diverse (ndr.: tra lo stato e la chiesa).

Al contrario Santorum applica la propria versione non negoziabile della dottrina cattolica a molte delle questioni morali oggi scottanti in America. Egli rappresenta la reductio ad absurdum di alcune ipotesi discutibili e non ancora approfondite. Per esempio, si oppone alla vendita di contraccettivi, vuole ricriminalizzare gli atti omosessuali e ogni forma di aborto. È anche contrario ad offrire una istruzione da college a tutti i settori della società americana, un’idea da lui denunciata come “snobistica”. Ma è la sua visione rigida del rapporto tra l’insegnamento della Chiesa e il diritto penale che potrebbe causargli i maggiori danni.

Santorum può dichiarare di star facendo esattamente ciò che pretendono i vescovi, ad esempio, quando hanno chiesto ai legislatori cattolici di buttare a mare la riforma sanitaria di Obama, perché considerata contraria alla dottrina cattolica, o quando alcuni vescovi avevano dichiarato che il democratico John Kerry, candidato alle presidenziali del 2004, non era adatto a ricevere la comunione perché non era sufficientemente contrario all’aborto. Questo ha dato la netta sensazione che i vescovi stiano cercando di tirare la giacchetta ai politici cattolici.

La giustificazione sarebbe insita nell’enciclica “Evangelium vitae” del 1995: “Nel caso di una legge intrinsecamente ingiusta, come una legge che ammetta l’aborto o l’eutanasia, non è quindi mai lecito … votare a favore”. Secondo questa visione di Santorum, sembrerebbe che i politici cattolici dovrebbero sentirsi corresponsabili di ogni atto contro la morale, se non hanno, in realtà, votato per renderlo un reato dal punto di vista penale.

Tuttavia, la formulazione del diritto penale prevede l’esercizio di un giudizio prudenziale, dopo un onesto dibattito su quanto garantisce meglio la dignità umana e il bene comune. Parlando alla Westminster Hall nel 2010, papa Benedetto, sul problema dell’origine delle norme morali, ha dichiarato: “Il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme come se esse non potessero essere conosciute dai non credenti – ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione – bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi” Questa analisi rivendica pienamente la partecipazione della Chiesa al dibattito pubblico. Ma l’approccio di Santorum, tuttavia, lo discrediterebbe rapidamente.

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