Semi di speranza

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Sono grato alla TV per due eccezionali servizi: l’incontro di circa 300 mila studenti delle scuole private e pubbliche nel recente incontro con papa Francesco, e oggi (7 giugno), di nuovo a piazza S. Pietro, una folla di ragazzi e bambini del Centro sportivo italiano, provenienti da oratori, campetti sportivi sparsi in tutta Italia, dalle periferie ai grandi centri delle nostre parrocchie. Immagini di festa, di colori, di entusiasmo, di speranze. Veramente allora non esiste soltanto il male, il degrado, la disperazione, l’abbandono! Ci sono migliaia di ragazzi e giovani buoni, fiduciosi, con tanti sogni. Ma chi ne parla mai? Sono personalmente molto deluso, e spesso nauseato, dalle migliaia di ore dei nostri talk-show  televisivi, che occupano intere mattinate e che giungono fino a notte avanzata, di racconti, spesso cinici, sui mali del nostro paese, degli scandali, delle ruberie, che avvengono nei centri di potere economico: eterni bollettini di guerra, traboccanti di negatività, di malessere, di tragedie familiari, di uccisioni, di mafie: una litania quotidiana, spesso cinica e senza nessuna offerta di soluzione, o di qualche proposta positiva. Ma che serve gridare che tutti abbiamo il cancro, che tutti siamo malati, se poi  non si è capaci di offrire una medicina, una ricerca per uscire da queste malattie? Ogni giorno è come assistere e ascoltare un bollettino di guerra. E quando gli scandali avvengono, come spesso accade, il linguaggio di questi personaggi, sembra quello di chi gongola, di chi si compiace, di chi quasi esulta perché pensa di avere sempre avuto ragione, e, peggio, di avere nuovi argomenti per continuare nella sua disperata denuncia! Mi dicono alcuni: il compito del giornalista o dell’analista è quello di descrivere la realtà, la verità, la storia del nostro paese, e non tocca loro dare i rimedi! Mi viene il terribile dubbio che, se non ci fosse questo ‘male oscuro’ che turba la nostra civiltà, molte persone non saprebbero come sbarcare il lunario, come tirare a campare o addirittura come poter vivere: loro stessi privi, nel loro profondo, di ogni speranza! Quando manca la speranza, il cinismo spesso si insinua nella nostra parte più inconscia, nell’io profondo. E’ un dinamismo psicologico a cui spesso non si pensa. Mi vengono in mente, invece, le parola di S. Paolo, nell’inno alla carità: “la carità non cerca il suo interesse, non si adira, (…) non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità” (I Cor 13,5). Mi chiedo se non pensano mai, questi comunicatori di male, quanta influenza negativa possono generare su molti giovani e ragazzi che li ascoltano e ai quali non è data la possibilità di concepire un futuro migliore, vista la realtà descritta quasi sempre sotto una luce negativa e distruttiva.   Eppure, ci sono milioni di bambini e di giovani, anche nel nostro paese, che vogliono sentire raccontare anche il bene, anche la fiducia, anche la speranza. Sono folle di giovani e di bambini, ignorati in ogni dibattito: le notizie che gli adulti ogni sera gli vanno raccontando, per “dovere di informazione”, sono sempre la rappresentazione macraba del male, della violenza, del delitto. Si ignorano i mille gesti quotidiani di bontà, di solidarietà, di impegno che invece sono la vera realtà che salva il mondo. Soprattutto là dove c’è il male. Perché non raccontare anche il bene? Sono loro, invece, i ragazzi del nostro tempo, i germogli di innocenza, di bellezza, di sorriso che, in molte migliaia, vivono negli incontri con papa Francesco, e che si ripetono ogni mercoledì nelle udienze di Piazza S. Pietro, sempre stracolma di giovani, che vengono dalle scuole di ogni paese e continente. Una autentica primavera di speranza! Sentono che il Papa è un profeta di speranza. Scuole intere guidate da insegnanti, da sacerdoti, da suore, da genitori, che nel lavoro e nel sacrificio di ogni giorno accompagnano questi ragazzi verso la vita. Con il Papa, questa piazza può essere descritta come la ‘piazza dei ragazzi di ‘S. Pietro’: gridano la propria volontà di futuro, di solidarietà, di giustizia, di lavoro, di dignità e di pace. Qui, finalmente, il cuore si riempie di fiducia: ci sono insegnanti, educatori, genitori di ogni cultura e fede che operano nelle scuole, nelle università, nelle parrocchie, nelle famiglie, con passione, sacrificio e generosità, per educare alla vita, alla responsabilità, al futuro della nostra umanità. Sappiamo che papa Francesco non è tenero nel denunciare i mali della società, ma lo fa costruendo, seminando gioia, fiducia, speranze nei sogni di queste nuove generazioni. Il Papa è “il nostro capitano” gridavano questa sera bambini e giovani rappresentando il mondo sportivo. Il Papa rispondeva, dando loro un messaggio educativo essenziale e moderno: ai giovani del nostro futuro, diceva, tre cose sono necessarie: la scuola, lo sport, il lavoro. Ecco come si costruisce il futuro: leggendo i mali del nostro tempo, epperò seminando la speranza.   don Enrico Ghezzi

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