SE DI MAIO SALE AL QUIRINALE

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Due letture molto diverse dell’iniziativa grillina di andare al Quirinale a presentare la propria lista di ministri: per Stefano Folli è uno sgarbo a Mattarella, oltre che un’incomprensione delle norme istituzionali (“Regole minime di democrazia parlamentare”, Repubblica), per Massimo Franco è un atto di gentilezza istituzionale nei confronti del presidente (“M5s, i piani di governo”, Corriere della sera). Repubblica pubblica un’intervista al filosofo e senatore Pd Mario Tronti, che mostra la buona dose di saggezza di un vecchio operaista ex comunista (“L’antipolitica che fregatura. Ha coperto le colpe dei padroni”). Ancora sul Corriere della sera un editoriale di Maurizio Ferrera che spiega chi sono (e perché valgono) gli elettori “centristi” e si augura un governo, di centrodestra o centrosinistra, che raccolga quel che di buono pur c’è nei vari programmi elettorali (“Un’agenda Italia è possibile”). Roberto Esposito, su Repubblica, si rifà a Timothy Garton Ash di ieri, critico verso le larghe intese tedesche perché favorirebbero antipolitica e destre estreme (“Il matrimonio sbagliato di Angela”), e si augura per l’Italia un rilancio della sinistra (“La lezione del paradosso di Weimar”). Opposto parere quello di Michele Salvati, sul Corriere, che pensa che il voto vada dato in base al giudizio sui precedenti governi e all’adesione o meno alla prospettiva europea e si augura un’alleanza Pd-Forza Italia (“Una scelta per l’Europa. I partiti non sono uguali“). Bel contributo di Emilio Reyneri, su Repubblica, in tema di lavoro (“Più che sull’orario ripensare alle politiche attive”).

 

 

 

 

 

 

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