Primi interrogativi dopo il 4 marzo

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I dati delle elezioni del 4 marzo sono molto chiari e non serve a molto soffermarsi su ciò che tutti i network già scrivono e dicono.

Nostro compito, credo, sia cominciare (o meglio: continuare) un ragionamento, volto però a dare un contributo costruttivo al Paese. Con questo “30 righe”, ancora a caldo e quindi molto parziale, proviamo a elencare alcuni nodi, non unici e non esaustivi.

La partecipazione al voto è stata di buon livello: era uno dei temi sui quali ci eravamo soffermati nel nostro documento prima delle elezioni. Ciò significa che la deriva verso l’astensionismo non è un destino inevitabile.

La sconfitta del Pd è sicuramente una sconfitta di Renzi, ma – senza eludere il tema del ruolo giocato dall’ex segretario –  uno sguardo più attento ci dice che c’è molto altro. Il risultato, appena sopra il 3%, di Liberi e Uguali, il passaggio di voti dal Pd al Movimento 5 stelle, la crescita della Lega richiedono una lettura più ampia.

Quale programma e futuro dare a uno schieramento riformista ed europeista, in grado di re-interpretare alla luce del presente il patrimonio di valori comune alla sinistra democratica, al cattolicesimo democratico, alla cultura laica? Come cattolici democratici, viste anche le scarse possibilità delle piccole formazioni, non sarebbe possibile dare un contributo per tentare una ricostruzione e un rilancio, con le dovute correzioni di rotta, del Partito Democratico?

Il successo del Movimento 5 stelle richiederà un approfondimento. Sicuramente l’elemento “novità” (ancora una volta…), la voglia (ulteriore) di cambiamento, il messaggio “anticasta”, populista e antisistema (termini usati in senso tecnico) hanno avuto un grande peso. Ma il successo nel centro sud cosa esprime di altro?  La conferma di un atteggiamento disponibile a seguire le “sirene” del momento e le promesse di aiuti economici per tutti? Il rifiuto di logiche di potere e di gestioni non sempre corrette della cosa pubblica? La delusione per un affrancamento da condizioni economiche e sociali negative che non arriva mai o comunque non per tutti? Una critica radicale alla classe dirigente (di qualunque tipo) del Mezzogiorno? O tutte queste cose (e altro) assieme…?

Cosa ci dice l’ulteriore avanzamento della Lega al nord? Non solo, ovviamente, il centrosinistra, ma anche le forze sociali e le culture “moderate” – un tempo asse portante di territori, ad esempio, come la Lombardia – sembrano essere in difficoltà.  I temi della sicurezza e dell’immigrazione in molte aree del nord – sconfinando abbondantemente ormai anche a sud del Po – sono diventati per molte persone assolutamente prioritari rispetto a tutto il resto. C’è un problema di risposte da dare, di disagi reali, ma c’è anche un’emergenza che va chiamata col suo nome: la diffusione della xenofobia in un Paese che, almeno apparentemente, non aveva questo problema fino a pochi anni fa. Fa impressione il premio dato senza remore e spesso con convinzione, anche in territori solitamente sensibili alla solidarietà e all’accoglienza, a chi ha avuto come slogan “Prima gli italiani” (per non dire il resto).

Ora, dopo i festeggiamenti, chi ha avuto maggior consenso avrà l’onere di dimostrare se è in grado di formare un nuovo Governo e di ottenere i voti necessari in Parlamento. La sbornia delle grandi promesse è finita.

Sandro Campanini

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  1. RIFLESSIONI A CALDO SULLE ELEZIONI DEL 4 MARZO 2018

    Gli sconfitti sono, nell’ordine, il centrosinistra, Renzi e Berlusconi

    1.
    Il centrosinistra quando si divide perde. Si è diviso alla grande ed ha perso alla grande.
    Si è diviso (sin dal 2012) sul nome e sulle politiche di Renzi; ha avuto l’obiettivo di far perdere Renzi ed il PD pensando che i voti dei delusi sarebbero andati a forze ancor più a sinistra – invece sono andati ai “5 stelle”. Come nel 1996, come nel 2006, anziché “marciare compatti” intorno al proprio leader (si chiamasse Prodi o Renzi), hanno cominciato a distinguersi….
    Il loro motto è stato: “Muoia Sansone con tutti i filistei”. E’ così è stato.

    2.
    Gli errori di Renzi. Sono stati molti.
    Nel 2014 aveva in mano il Paese (ma non il suo partito, dentro il quale è cominciata subito una guerriglia per logorarlo e farlo cadere, a qualunque costo – come detto sopra).
    Le buone, e talvolta ottime, leggi approvate non solo sono state comunicate male, ma hanno avuto il sapore della decisione solitaria, e non del completamento di percorsi che avevano radici lontane e molto plurali.
    Le varie sconfitte alle amministrative (provocate anche dalle tante mini-scissioni) e quella del referendum non lo hanno fatto riflettere.
    In sintesi, ecco gli errori tattici di Renzi.
    a) Non doveva far eleggere un presidente della repubblica contro Berlusoni, Con i voti di Berlusconi la riforma costituzionale sarebbe passata senza grandi problemi nelle due camere, probabilmente con i 2/3 dei voti in seconda lettura; e comunque il referendum non sarebbe stato sulla persona di Renzi, ma sul merito.
    b) Non doveva personalizzare il referendum; un profilo basso (ed una bassa affluenza) lo avrebbero aiutato. Ma la ubris speso acceca l’uomo al potere
    c) Dopo la sconfitta del referendum, avrebbe dovuto uscire di scena per un po’. Magari fare il Ministro degli Esteri, come capitava in passato agli ex-premier (da Fanfani a Moro, sino a D’Alema).

    3.
    Gli errori di Berlusconi.

    a) Uscire dal Governo Letta per una questione personale
    b) Rompere sulla riforma costituzionale per l’elezione di Mattarella.
    c) Non nominare per tempo un successore (lanciare Tajani a tre giorni dal voto è operazione inutile)

    Se Berlusconi avesse appoggiato il governo e le riforme costituzionali, sarebbe apparso un padre della patria, evitato il crollo del PD e posto le premesse per un “grande centro” da Forza Italia al PD, escludendo dal gioco le estreme.

    4.
    Gli errori di altri.
    Prodi, Veltroni e compagnia cantante hanno fatto il gioco del “vorrei vincesse il PD ma perdesse Renzi”.
    Appoggiare il SI’ al referendum a denti stretti e a tre giorni dal voto; sostenere Gentiloni dichiarando il voto alla ista INSIEME; sconfessare Renzi, pensando che l’elettore di centrosinistra voytassse per chi comunque aveva sostenuto le sue politiche…..

    L’elettore medio di centrosinistra, comunque arrabbiato col mondo come dice il CENSIS, perché dovrebbe votare per un partito qualunque di centrosinistra, se gli stessi leader (o presunti tale) dicono male del Governo da loro sostenuto e delle leggi da loro stessi votate?

    5.
    Il futuro.
    Mai ragionare come se il mondo (politico) finisse adesso. Cinque anni fa la Lega era al 4%, oggi supera il 16&. Quattro anni fa il PD era oltre il 40%, ora ha dimezzato i consensi.
    Cosa accadrà la prossima volta nessuno lo sa….

    Ribadisco la necessità di costruire un pensiero ed una prassi riformista, per una sinistra del XXI secolo, che non pensi e non agisca più secondo modelli statalisti-socialdemocratici legati al secolo scorso; una sinistra riformista che parta dalle comunità locali e da un welfare di comunità, fondato sui principi di sussidiarietà e di solidarietà declinati nel tempo della globalizzazione.

    Guido Campanini, Felino, Parma

  2. Non è né semplice né facile trovare le ragioni che spiegano la sconfitta del PD e della coalizione di centro sinistra alle elezioni del 4 marzo. Molte commentatori politici individuano le cause nelle politiche, nelle proposte e nelle modalità di comunicazione del PD. Personalmente considero come “alcune cause” e non tutte mancando una seria riflessione sulla “forma partito con le sue regole e strumenti” per verificarne i pregi e i limiti, essendo che è dentro a questa forma che sono maturate molte delle cause della sconfitta del PD.

    Ciò detto e volendo contribuire alla ricerca della cause, richiamo quanto ha scritto Carlo Cottarelli nel suo recente libro “I sette peccati capitali dell’economia italiana”, e cioè che l’Italia è divenuto un Paese fortemente “individualista” e con un “capitale sociale”, cioè la fiducia verso gli altri e verso le istituzioni, molto scarso, il che determina l’insofferenza per le regole del vivere e convivere, viste come un limite alla libertà individuale, e per contro la richiesta di sempre più regole che ci fanno il Paese con più leggi in assoluto.

    Se ciò è vero, come lo è, non può meravigliare che il M5S abbia ottenuto il consenso plebiscitario nelle Regioni del Sud anche per il semplice fatto di aver promesso il reddito di cittadinanza di 780 euro al mese (9.380 euro all’anno) per chi non ha lavoro e la proporzionale integrazione per coloro che pur avendo un lavoro non arrivano a tale somma. E non può meravigliare che la Lega abbia vinto nelle Regioni del Nord cavalcando il tema della paura e della sicurezza e con le sue proposte economiche neoliberiste alla “Trump” tipo quella della Flat Tax al 15% per tutti.

    Non che queste siano proposte e politiche da condividere, ma tutto ciò non insegna nulla? La vittoria del M5S e della Lega che cosa dicono e che immagine danno del nostro Paese?
    E per contro quali sono le proposte e delle politiche del centro sinistra sul lavoro che manca e sulle trasformazioni nel mondo del lavoro, sulle crescenti disuguaglianze economiche e sociali, sul welfare (sanità, assistenza, previdenza), sulla gigantesca, e tollerata, evasione fiscale, sulla soffocante burocrazia, ecc.?

    Non è che l’assenza di decisioni su questi temi sia tra le cause della sconfitta? E’ vero, è da 25 anni che le forze politiche che stanno al Governo non vengono riconfermate dalle elezioni, ma è anche vero che le indecisioni nell’iniziativa politica del PD hanno contribuito ad allargare le ragioni della non riconferma. E non è vero che le divisioni e il frazionamento che hanno caratterizzato la presenza del centro sinistra e della sinistra alle elezioni, hanno contribuito, molto più di quanto dicano i numeri, alla sconfitta?

    C’è molto da discutere e da decidere e pertanto il PD resti all’opposizione, perché è qui che gli elettori l’hanno messo.

    Chiudo riproponendo quanto ho scritto in altra recente occasione:
    Personalmente credo che alle forze politiche che compongono l’area del centro sinistra possa essere utile quanto è avvenuto nel 1959 al Partito Socialdemocratico di Germania (SPD): tenne un congresso a Bad Godesberg e qui definì una nuova piattaforma programmatica, conosciuta come il Programma di Bad Godesberg, programma che è stato il riferimento e la guida principale del Partito Socialdemocratico di Germania fra il 1959 e il 1989.

    Senza avere la pretesa di abbracciare un arco temporale così lungo, credo che tutte le forze politiche dell’area del centro sinistra, che si riconoscono nella assoluta necessità di difendere il sistema democratico indicato nella Costituzione, debbono avere il coraggio di mettersi in radicale discussione e definire e dire come intendono rappresentare quest’area, quali sono i valori e i principi a cui si ispira e che motivano la sua iniziativa politica, e quali sono i problemi che intende risolvere e gli obiettivi che intende perseguire. Se non fanno questo la rappresentanza politica di quest’area si ridurrà alla semplice testimonianza di un passato che non ritorna, completamente avulsa e lontana da quanti continueranno a riconoscersi nei valori del centro sinistra e della sinistra e, a quanti come me, si richiamano alla Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica.

  3. Sugli errori di Renzi. il primo e più grande è stato quello di aver operato in questi anni per la riduzione del partito a se, via via eliminando o favorendo l’uscita, o emarginando tutti quelli che avevano qualcosa da dire oltre al “si”, sempre e comunque. Il secondo errore , nella compilazione delle liste, aver imposto i candidati scelti dal suo “caminetto”, senza alcun riguardo all’operato nel merito degli uscenti, al numero dei mandati, alle espressioni territoriali. Non si può pensare, così facendo, di non crearsi dei nemici . Significativi, in questi giorni, i ritorni nei circoli, i nuovi aderenti, la sensazione che , con un diverso clima interno, si possa riprendere il cammino. Non so se sarà possibile e se sarà consentito. Terzo errore: non aver lanciato Gentiloni in tempo utile, con un po’ di generosità e di senso politico. Quanti amici non hanno votato PD terrorizzati che potesse diventare ancora lui Presidente del Consiglio e perpetuarsi la conflittualità precedente. Sembrano motivazioni accessorie per la sconfitta, ma l’accumularsi dei motivi di scontento e di contrasto finiscono con fare il risultato e questo un politico lo dovrebbe sapere.

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