Prigionieri?

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Il post su Facebook di un militante piddino, l’altro giorno, recitava: “Il governo salva Alfano per salvare sé stesso. Il PD salva Alfano per salvare il governo. L’unico a non essere salvato è il PD”. Sintesi perfetta, a me pare, della situazione in casa “democratica”. Lo dico pur dichiarando, innanzitutto, simpatia per Enrico Letta, che ho frequentato ai tempi della Dc. Lo considero intelligente, capace, e degno di fare il presidente del consiglio dei ministri. So, poi, che non c’erano alternative al governo delle “larghe intese”, dopo l’esito elettorale e le conseguenti difficoltà a costituire un esecutivo più “compatto”, diciamo così. Eppure, più il tempo trascorre e più ritengo non sia una semplice boutade quella di chi sostiene che, in realtà, la maggioranza che supporta il governo è “contro natura”. Ma, a partire dal “Colle”, molti ribadiscono che non vi sono alternative, e che pertanto Letta & C. sono “obbligati” a durare. Cadessero, è il messaggio, scoppierebbe il caos, con i mercati finanziari che impazzirebbero, e la crisi economica e sociale che raggiungerebbe il suo apice. E l’immagine dell’Italia ne risulterebbe ulteriormente sfigurata. Sarà. Ma è una tesi che non mi convince sino in fondo. Anche perchè, se pensiamo alle ultimissime vicende, è proprio questo governo che sta facendo di suo certe figuracce. Così da far scrivere a qualche giornale inglese che l’Italia resta, in verità, tuttora inaffidabile. E tuttora in balìa di Silvio.

Va da sé, del resto, che la vicenda kazaka ha dell’assurdo. E che pertanto Alfano non se la dovrebbe cavare come sta accadendo, grazie alla “complicità” del PD, obbligatovi, appunto, per “ragioni superiori”.  Lo stesso, “horribilis”, affair Calderoli (quest’ultimo patetico nel tentativo di “rimediare” con un mazzo di fiori) sta registrando il dato di un partito debole nonostante i proclami, perché condizionato dall’ambiguità del Pdl, tale da spingere l’uomo del “porcellum” a dichiarare spudoratamente che non si dimette proprio perché il suo allontanamento è sollecitato solo da una porzione del Parlamento.

Ciò detto, a me sembra che sia lo stesso bilancio complessivo riferito all’attività “normale” dell’esecutivo ad apparire deludente. Per fare soltanto degli esempi: la “pantomima” sull’Imu (la cui cancellazione non è sentita come irrinunciabile dall’opinione pubblica, che considera prioritario invece l’obiettivo di ridurre il costo del lavoro) è intollerabile. Si tratta della  bandierina, è noto, imbracciata con fanciullesca esaltazione, a nome di tutti i berluscones, dal noto ometto, per conto, peraltro, del “capo”. Il quale, del resto, non è forse riuscito a non “perdere” le elezioni anche grazie  alla nota letterina (pervenuta anche all’indirizzo di mio padre, morto trentotto anni fa!) nella quale prometteva quello che sappiamo? La soppressione dell’imposta ha il sapore di una scelta di stampo populista; naturalmente populisti risultano i messaggi di Grillo & company. Due populismi convergenti, che hanno impedito, nell’agone elettorale, la preconizzata vittoria di Bersani, la cui responsabilità per la “sconfitta” è pertanto obiettivamente relativa.

Ma “se cade il governo, o resteremo a lungo senza, o ne avremo uno più debole di questo”, piange, sul Corriere della sera, lo stesso Antonio Polito, già senatore democratico. Sarà, ribadisco. Però mi domando: ma davvero ai “mercati” (i mercati!) piace un governo di siffatta natura, con una componente di destra (centrodestra, pardòn) tuttora saldamente in mano a Silvio Berlusconi, le  cui vicende giudiziarie (è illusorio predicare in proposito che vengano distinte le vicende politiche da quelle giudiziarie) continueranno a condizionare la linea dei suoi, pur dopo l’attesa decisione del 30 luglio? Questa componente, guarda caso, è tornata a brandire i referendum contro la magistratura, fingendo di ignorare che, pur se verissima, come Dio sa, l’esigenza di robuste riforme nel campo della giustizia, non porterà ad alcun risultato se a dettare le regole sarà l’uomo di Arcore. Quanto invece alle altre riforme, non è forse un poco strano, se non “abnorme”, come è stato detto, il procedimento di revisione della Costituzione approvato dal Parlamento? Fermo poi restando che è prevedibile che nel merito difficilmente si arriverà a una “quadra”, considerati i diversi “interessi” in materia tra centrodestra e centrosinistra. E gli interessi divergenti  creeranno difficoltà persino nella definizione di una linea comune in campo economico e sociale.

Insomma, questo esecutivo a maggioranza “larga” è debole, e tale resterà, io temo. In casa  “democratica”, per sovrappiù, una fetta consistente di militanti, pur senza prendersela specificamente con Epifani, è molto scontenta di come si sta muovendo il partito. Delusa perché  ha la sensazione che la contingenza favorisca (incredibilmente?) proprio il Cavaliere, non a caso in risalita nei sondaggi (per quanto personalmente trovo piuttosto inutili le rilevazioni pressoché giornaliere). Già, dico arrivando alla conclusione: il problema è che, però, non si può andare al voto poiché manca tuttora una legge elettorale sostitutiva del “porcellum”, legge che doveva costituire invece uno dei primi provvedimenti della nuova legislatura. Eppure, lo shock di una nuova tornata elettorale (preceduta da un appello risolutivo agli elettori a fare chiarezza) farebbe forse meno danni che non il mantenimento in vita di un governo piuttosto claudicante.

Con un pizzico di impertinenza viene allora da dire, a seguito anche degli ultimissimi, appelli, che il nostro Paese, oggi, è anche un poco “prigioniero” del presidente della Repubblica, che chiude la porta ad ogni altra ipotesi. Del presidente e, pur con motivazioni diverse (e forse meno “nobili”), di quella larga fetta di parlamentari terrorizzati all’idea di dover “sbaraccare” dopo così poco tempo.

 

 Vincenzo Ortolina

 

 

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  1. Condivido analisi e preoccupazioni. Purtroppo si è scelto (per me si poteva e doveva tentare altro!) di chiedere al Presidente di accettare la rielezione proprio per arrivare alla soluzione cui si è dato vita e che giornalmente difende con “il ricatto” di andarsene. Se anzichè continuare a rincorrere Casaleggio e la sua visione di democrazia, ci fossero 5stelle autonomi e adulti che si rendessero conto che non tutti i partiti e non tutti nella casta sono uguali, e fossero disponibili a fare cose serie senza forzature…. Ma è inutile sognare cose impossibili. Nel frattempo si resta prigionieri di una situazione ben descritta dall’autore.

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