Potenziali cammini verso l’adultità, anche nel pianeta Giustizia!

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Il nuovo istituto della “messa alla prova per gli adulti, una riforma partita in sordina, che potrebbe aprire a nuove sperimentazioni di Giustizia Riparativa anche nel nostro Paese.

Promosso da Paideia, in collaborazione con gli uffici periferici del Ministero della Giustizia e dell’ordine degli assistenti sociali della Campania, si è tenuto a Napoli un seminario di aggiornamento sul tema, che ha visto una numerosa partecipazione di operatori sociali di diversi settori istituzionali

Con la legge 67/2014 è stato introdotto nel sistema giudiziario l’istituto della “messa alla prova” per gli adulti, centrato su un programma di trattamento che prevede la prestazione di lavoro di pubblica utilità con annesse, ove possibile, eventuali prescrizioni di conciliazione che fanno pensare alla mediazione e possibili prescrizioni risarcitorie/riparatorie.

Quali sono i fondamenti giuridici di questo istituto, quali i risvolti operativi e sociali dell’applicazione della legge? Quali gli attori coinvolti e quali le prospettive affinchè questo strumento possa diventare volano di un’idea di giustizia riparativa, coinvolgendo nella finalità educativa e socializzante non solo i soggetti istituzionali coinvolti, ma l’intera comunità?

Questo seminario risponde all’obbiettivo di avvicinare mondi che sembrano lontani, spesso rinchiusi in logiche che rischiano la separatezza o l’autorefenzialità, mentre la realtà di una vulnerabilità sempre più pervasiva ci indica che la corresponsabilità del “prendersi cura”, è la nuova frontiera che accomuna, volontariato ed istituzioni, per vincere una sfida impegnativa, che ci interpella, tutti!

Per far sì che la messa alla prova sia effettiva e funzioni e per evitare che essa sia una vuota declamazione di principio è indispensabile costruire sinergie tra giurisdizione, uffici esecuzione penale esterna e soggetti della società civile.

La sospensione del procedimento con messa alla prova per gli adulti (cd “probation”), istituto già previsto e sperimentato nel rito minorile, consente di arrivare, nei procedimenti che hanno ad oggetto reati di minore allarme sociale, ad una rapida definizione degli stessi, attraverso una sentenza che dichiara l’estinzione del reato, senza attendere i tempi del processo.

Le finalità del nuovo istituto hanno natura riparatoria e di recupero: si mira ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato e ad assicurare, ove ciò sia possibile, il risarcimento del danno.

Esso dunque si sostanzia:

In prestazioni di condotte riparatorie, ed, ove possibili risarcitorie;
nell’affidamento dell’imputato al Servizio Sociale per lo svolgimento di un programma che prevede un attività di volontariato di rilievo sociale; in lavoro di pubblica utilità.
Ne consegue che il piano di trattamento dovrà contemplare modalità di reinserimento che coinvolgano l’imputato e la sua famiglia, prescrizioni comportamentali inerenti la dimora, la libertà di movimento, le condotte restitutorie, azioni di mediazione penale con la persona offesa.

Appare evidente pertanto la centralità strategica dell’apporto della comunità sociale per favorire il decollo di esperienze di “community service” e delle stessa prospettiva di ulteriore incentivazione della mediazione penale che, se impiegata su larga scala, potrebbe favorire l’avvento di percorsi più avanzati di Giustizia riparativa.

A conclusione dei lavori, che ha fatto registrare un dibattito ed un confronto a più voci tra magistratura, avvocatura, studiosi di scienze sociali, volontari è stata presentata la pubblicazione “L’Ombra di Caino”, edita da Rosso-Fisso, un sussidio didattico finalizzato a promuovere in ambito regionale l’idea e le prassi di Giustizia Riparativa.

L’obbiettivo della pubblicazione prende spunto dal progetto NON Cancellarmi, per vincere la tentazione, sempre ricorrente della rimozione, per raccontare, attraverso esperienze di inclusione sociale, le potenziali ricadute nella comunità delle alternative praticabili del sistema Giustizia.

Nella convinzione che prima delle istituzioni, ed oltre le istituzioni formali, occorre una mobilitazione culturale perchè le agenzie della società civile si re-intestino responsabilità educative che le sono proprie, per co-costruire un welfare generativo, per riscoprire la vicinanza come dimensione ordinaria dell’agire sociale, per praticare, da cittadini responsabili, forme adulte di fraternità.

Salerno 15 maggio 2015

 

Domenico De Simone

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