Perché la pace è necessaria

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La guerra in Ucraina dura da troppo tempo e i problemi che crea vanno man mano accrescendosi.

L’Ucraina è un paese invaso con la forza e la prepotenza e la sua è una giusta risposta ferma ed eroica in difesa della propria patria.

Bene dunque hanno fatto l’Italia, l’Europa e l’America a schierarsi a suo favore, inviando armi, aiuti e finanziamenti e accogliendo gli esuli.

Questo va detto perché, avanzando un discorso di pace, deve essere ben chiara la distinzione rispetto a coloro che fanno poche distinzioni tra invasore e parte lesa e a coloro che ritengono che sia stato sbagliato appoggiare l’Ucraina anche con le armi o che pensano che l’Ucraina non dovesse rispondere militarmente.

Però la guerra che si sta svolgendo va ben al di là della contesa sulle regioni del Donbass e della Crimea, territori di confine sempre disputati nelle infinite vicende storiche conosciute da queste aree.

Un primo motivo che spinge alla pace è il possibile pericoloso sviluppo che oggi la guerra può avere.

Fino a qualche tempo fa l’atteggiamento dell’America e della Nato si poteva riassumere nella sintetica affermazione “la guerra sarà lunga”, che chiaramente non rappresentava una constatazione, ma invece una precisa scelta politica di dare allo scontro il carattere di una guerra di logoramento.

Ma ora le cose sono cambiate: è lo stesso Biden ad affermare che il pericolo dell’uso delle armi atomiche è reale e Blinken inizia ad affacciare l’ipotesi di un incontro con Putin.

La guerra, dunque, non è più sotto controllo, non si può più parlare di logoramento e il rischio che si passi a una scala superiore, ben più distruttiva, è concreto.

Si può aggiungere, senza bisogno di particolari competenze, che questa escalation sembra una pura conseguenza logica.

L’Ucraina sta ottenendo dei successi sul terreno, ma si può pensare che la Russia cederà le aree conquistate ad un’armata ucraina vittoriosa, ritirandosi senza far ricorso a tutto il suo potenziale bellico?

In secondo luogo, questa non è una guerra ucraina: questa è una guerra che è diventata quasi mondiale.

Tanti paesi, tra cui il nostro, sono implicati non solo e non tanto per l’appoggio accordato, quanto per le conseguenze che questa guerra ha prodotto e sta producendo.

Con molta difficoltà (e con una grande debolezza europea) si sta cercando di affrontare la questione del gas (la cui carenza avrà comunque effetti pesanti); si è messa una piccola pezza, molto piccola, al problema del grano; si è determinata un’inflazione elevata e per contrastarla si rischia la recessione; sono tanti i settori in difficoltà per i rifornimenti, non sappiamo come si reggerà questo inverno.

I rischi di una condizione di grande difficoltà per tanta parte della popolazione sono reali e se questo vale per i paesi europei, si può solo immaginare che cosa possa significare per i paesi poveri dell’Africa e di altri continenti.

Colpiti da questa guerra non sono solo le vittime dei bombardamenti, ma anche e forse più milioni e milioni di persone che già povere vedono ulteriormente peggiorare la loro situazione fino a condizioni estreme.

Infine, in terzo luogo, un motivo altrettanto importante, è l’enorme tensione che si è creata a livello mondiale, la riapertura di conflitti che si pensavano superati, il rilancio dell’Occidente in chiave di forza militare, le spinte al riarmo, la mancanza di personalità e paesi che lavorino per la pace (se si esclude Papa Francesco e Erdogan).

La pace è urgente prima che succeda il peggio e per interrompere questa spirale crescente di distruzione e di odio, che genera solo miseria e avvelena i rapporti.

Per avere la pace è inevitabile che ognuno dei due belligeranti rinunci a qualcosa e occorre soprattutto che la Nato, e con essa l’America e l’Europa, realizzino con la Russia un nuovo Patto equo di equilibrio del dispiegamento delle armi nello spazio europeo, in attesa che domani questi dispositivi possano essere ridotti e si possa lavorare per ricostruire rapporti di fiducia.

Sandro Antoniazzi

4 Comments

  1. Sto facendo troppi commenti, mi giustifico pensando che nessuno è obbligato a leggerli. Con molte cose che dice Antoniazzi sono d’accordo, salvo che quando dice: “Per avere la pace è inevitabile che ognuno dei due belligeranti rinunci a qualcosa”. Si sa quali sarebbero le rinunce dell’Ucraina: la Crimea, il Donbass, l’ingresso nell’UE per non parlare della NATO. E le rinunce della Russia? La rinuncia ai territori occupati illegalmente o a occupare il resto dell’Ucraina e a “denazificarla”?
    Temo che le scarse prospettive di cessazione del conflitto armato – la pace è ben altra cosa – siano solo due:
    1. la meno probabile è che Putin venga deposto da “colombe”
    2. quella un po’ meno improbabile è che Cina e USA si convincano che la guerra finirà per danneggiare troppo i loro commerci. Gli USA possono facilmente convincere Zelensky a rinunciare ai territori già presi dai russi: basta non inviargli armi. E la Cina può convincere Putin che può spacciare questa soluzione per una vittoria e salvarsi il posto. Certo non sarà una “pace” secondo giustizia.

  2. Buongiorno, le riflessioni di Antoniazzi sono in larga parte condivisibili ma sul finale mi vedo molto piu d’accordo con il Sig. Mandara. Nel dibattito italiano la parola pace e’ usata con troppa leggerezza (a leggere alcuni “commentatori” sembra che sia solo questione di volontà delle parti, e molti addirittura cominciano a far intendere che basterebbe la volontà degli ucraini o del loro governo!!) e viene – a mio modesto avviso – confusa con quella di tregua o assenza di azioni belliche. Il conflitto in Ucraina ha già assunto proporzioni vaste fin dall’inizio con il tentativo esplicito di rovesciare il governo di Kyev e occuparne quanto piu possibile territorio, ben oltre le zone cc.dd. contestate o a maggioranza russofona. Le zone bombardate dai russi sono state fin dall’inizio molteplici (e molte a pochi km dal confine polacco!). E’ evidente che per un futuro accordo di pace si debba per forza trovare un compromesso ma mi pare che – al momento con cartina alla mano – le cose siano disumanamente sbilanciate a sfavore degli ucraini in termini di possibili concessioni. Come si puo pensare che ci possa essere pace con immensi territori illegalmente occupati con il pugno di ferro alla maniera nazista? Occorre assumerci la responabilità di sostenere la difesa ucraina a costo di maggiori sacrifici e fin quando sarà possibile intravedere una situazione per lo meno simile a quella del 24 febbraio. La prospettiva del “punto 2” citata sopra e’ certamente quella piu’ probabile ma appunto non si parli di pace giusta e risolutoria.

  3. Rispondo brevemente a Mandara e Campanini, che espongono problemi e preoccupazioni ampiamente condivisibili. La pace giusta è chiara: la Russia dovrebbe ritornare nei confini ante 24 febbraio e anche pagare i danni arrecati. Questa ipotesi non sembra però realistica; bisognerà accontentarsi di una pace più modesta nei suoi risultati. Però mi sembra che la scelta non sia oggi fra una pace giusta o una pace molto meno giusta. La scelta da fare oggi è se continuare la guerra o cercare di ottenere una pace in qualche modo accettabile.
    Io penso che questa seconda scelta oggi sia preferibile, perchè ritengo che i danni della guerra siano enormi e che non riguardino solo l’Ucraina, riguardino il mondo intero. La comunità internazionale potrà sostenere e ripagare l’Ucraina anche dopo la guerra, sostegno e riconoscimento ampiamente guadagnato.
    Sandro

  4. Sandro Antoniazzi descrive una situazione che è sotto gli occhi di tutti. “Repetita iuvant”. Tuttavia la politica non può limitarsi a descrivere i problemi; deve poter indicare delle possibili soluzioni. E su questo punto l’analisi mi pare latitante.
    Solitamente in un conflitto l’iniziativa per un suo arresto, temporaneo o definitivo, parte da uno dei contendenti. Antoniazzi si domanda: “si può pensare che la Russia cederà le aree conquistate ad un’armata ucraina vittoriosa, ritirandosi senza far ricorso a tutto il suo potenziale bellico?”. C’è il precedente. Nel 1988 dopo dieci anni di occupazione dell’Afghanistan senza risultati, l’allora URSS, si ritirava dal Paese. Certo, altri tempi e altri uomini alla guida dell’URSS.
    È pensabile che l’Ucraina, segnata inizialmente da un destino apparentemente senza speranza e ora invece proiettata alla riconquista dei “suoi” perduti territori, faccia il primo passo? Da che esistono le guerre, le iniziative di ‘cessate il fuoco’, di armistizio, di pace sono sempre partite (magari opportunamente mascherate come scelte ‘strategiche’, di ‘lungimiranza politica’, ad uso e consumo della pubblica opinione) da chi si trova in posizioni di svantaggio.
    Poi noto, e non da ora, un certo ‘strabismo’ che vede unilateralmente “il rilancio dell’Occidente in chiave di forza militare, le spinte al riarmo…”. Dal mio trascurabile punto di vista si tratta di una mancanza di ‘realismo politico’, distratto, ad esempio, riguardo al riarmo cinese. Il riferimento alla Cina non è casuale e si ricollega al problema ucraino e a possibili iniziative per arrestare il conflitto.
    Al XX Congresso del Partito comunista cinese Xi Jinping ha ribadito:
    “Continueremo a impegnarci per la riunificazione pacifica, ma non prometteremo mai di rinunciare alla forza e ci riserviamo di usare tutti i mezzi” per la riunificazione.”
    (HuffPost 16 ottobre 2022)
    Rincarava la dose il ministro della Difesa cinese, Wei Fenghe sostenendo la necessità di “migliorare la capacità delle forze armate di vincere, rimanere altamente vigile e prepararsi alla guerra in ogni momento”, al fine di “salvaguardare con decisione la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo della Cina”.
    (HuffPost 20 ottobre 2022)
    Ora riguardo alla guerra in Ucraina il card. Zuppi ha affermato: “meglio perdere un pezzo di sovranità e risolvere i conflitti”. (Rai news 17 ottobre)
    A questo proposito Papa Francesco ha udito la NATO abbaiare alle porte di Mosca, ma sembra non sentire i latrati della Cina verso Taiwan.

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