Perché c’è un grande e urgente bisogno di unità sindacale

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di Sandro Antoniazzi

Lo stato dell’unità tra le confederazioni sindacali non è mai stato così basso come nel momento attuale e ciò provoca serie conseguenze sia per i lavoratori che per la società.

La condizione dei lavoratori è attraversata da problemi che derivano da una situazione economica che da diversi anni è preda, sia di continue trasformazioni, sia di eventi che la rendono particolarmente instabile.

Così i lavoratori hanno visto un costante deterioramento della loro situazione: salari che rimangono troppo bassi, mancanza di strumenti di difesa dall’inflazione, diffusa precarietà, livelli di competenza insoddisfacenti e inadeguati alle nuove tecnologie, aziende tradizionali non all’altezza della sfida dei nuovi tempi.

L’elenco potrebbe facilmente allungarsi e andrebbe anche tenuto presente che, in assenza di iniziativa sindacale, i lavoratori a volte si muovono da soli: così la grande spinta a un nuovo rapporto lavoro/vita (great resignation, smart working, settimana di quattro giorni) non proviene da rivendicazioni sindacali, ma da un’autonoma spinta della base.

La mancanza di unità ha poi un peso rilevante a livello di società: solo una forte e unitaria presenza sindacale può equilibrare (o meglio, riequilibrare) la situazione sociale del paese a favore della classe lavoratrice e degli strati popolari.

D’altronde molti dei problemi che riguardano tanto il paese quanto i lavoratori e la gente sono problemi politici: decisioni relative alle politiche industriali, agli investimenti, alle spese militari, alla capacità di essere all’altezza delle sfide dell’economia mondiale.

È sempre aperto il problema della spesa sociale per la quale non si trovano mai i finanziamenti; un esempio clamoroso si è registrato con l’approvazione della legge sulla non autosufficienza: una ottima legge per cui non è stato destinato neppure un euro a sostegno.

Draghi ha proposto un impegnativo piano per rendere competitive le aziende europee sul piano internazionale; in realtà le aziende europee sono competitive e lo dimostra il fatto che vendono molto in America (facendo arrabbiare Trump), ma sono di modesta dimensione rispetto ai colossi americani e cinesi, in settori decisivi: nell’informatica, nella comunicazione, ecc.

Anche noi abbiamo piccole aziende che costruiscono piccoli satelliti, ma la Starling di Musk ha già più di settemila satelliti attivi nei cieli; e il gruppo GAFA (Google, Apple, Facebook, Amazon) non ha rivali in Europa.

In questi giorni l’Unione Europea ha lanciato il “Rearm Europe Plan” dotato di 800 miliardi di euro (molti stornati da altre finalità) allo scopo di rafforzare la propria difesa; trascurando in questa sede il dibattito politico ideale sul riarmo, si tratta di un enorme piano industriale che certamente procederà (ci sono persino industrie che si stanno riconvertendo al militare, per approfittare dell’opportunità).

Sono questi – qui solo brevemente accennati – i problemi su cui i sindacati dovrebbero misurarsi ed essere presenti e che richiamano quel ruolo di sindacato “soggetto politico” di cui si parlava nel tempo passato.

Vuol dire non accontentarsi di stare sicuri nelle proprie sedi e posizioni, essere adeguatamente preparati, osare affrontare problemi che sono complessi, ma che sono anche i problemi reali che abbiamo di fronte.

E pensando ai compiti impegnativi che si prospettano, certamente le divisioni sindacali non rappresentano la migliore condizione per poterli affrontare, tanto più, che persistendo negli attuali atteggiamenti, le posizioni tendono a divaricarsi, rendendo così sempre più difficile il riavvicinamento.

Sembra troppo trascurata quella che è sempre stata una regola base dell’azione sindacale: è molto più fruttuosa un’azione anche minima fatta insieme che avere grandi idee, ma solo di parte.

Considerando la grandezza dei problemi occorrerebbe molto di più di un’unità minima, ma meglio questa che niente; anche perché dietro l’unità sindacale c’è l’unità dei lavoratori che dà forza e senso all’unità stessa.

Il sindacato è composto da tante strutture categoriali e provinciali che hanno in genere una buona prassi unitaria di fatto; si tratta di un’ottima realtà da cui può venire una spinta a una maggiore unità anche a livello generale.

Infine, da poco tempo la Cisl ha una nuova Segretaria Generale, Daniela Fumarola; la reputo un’occasione favorevole per migliorare i rapporti e per dare un segno positivo al nuovo e impegnativo mandato.

 

 

One Comment

  1. Condivido tutto di quanto ha scritto Sandro, tranne gli ultimi due paragrafi che, per quanto riflettano la realtà del mondo sindacale, rimangono:
    – il primo confinato nella dimensione categoriale e territoriale in quanto, prevalendo la logica dell’unità, se non unanimismo, della propria organizzazione, il loro ruolo e la loro spinta a una maggiore unità non si è finora vista né è prevedibile si vedrà nel prossimo futuro.
    – il secondo legato alla novità dell’elezione di Daniela Fumarola a Segretaria Generale della CISL è pur vero che alimenta la speranza di un cambio di linea e strategia della CISL, ma nulla fa ritenere che questo avvenga.
    In merito al tema generale e strategico dell’unita sindacale, come descritto da Sandro, propongo le seguenti riflessioni:
    – nelle 87 pagine del documento “Temi Congressuali”, approvato dal Consiglio Generale della CISL il 4 dicembre scorso come strumento di indirizzo del percorso congressuale, si rileva l’assenza di ogni e qualsivoglia richiamo, fosse anche solo per errore, a CGIL e UIL, all’unità d’azione e, tanto meno, all’unità sindacale, quali modalità di relazioni unitarie che sembrano scomparse dall’orizzonte politico e strategico della CISL.
    Le ridondanti affermazioni contenute nella “Prefazione” del tipo:
    – lavorare insieme, stringendo quel “Patto della responsabilità” che da sempre invochiamo;
    – un “grande accordo” tra le migliori energie riformiste;
    – serve un “grande patto” che unisca tutti,
    a nulla servono e nulla dicono in quanto non indicano quali sono i soggetti a cui si rivolge e che sono chiamati a parteciparvi. Sembra che la CISL si sia dimenticata che le cose esistono se e in quanto le chiami per nome, altrimenti non esistono.
    L’immagine della CISL che emerge dai “Temi Congressuali” relativamente al grande tema dell’unità sindacale, è quella di chi si guarda e si considera come il “centro del mondo”, attorno al quale gira tutto il resto: istituzioni, politica, CGIL e UIL compresi. Da ciò ne consegue che questa impostazione del tema dell’unità sindacale non potrà non condizionare Daniela Fumarola.
    Questo è sicuramente un limite dell’attuale iniziativa politica e della strategia della CISL, ma non si può non rilevare che anche le politiche e le strategie della CGIL e della UIL sono condizionate da importanti limiti riconducibili, per tutte e tre le confederazioni sindacali, alla esaltazione delle specifiche identità con politiche e iniziative autoreferenziali e di immagine che comportano, per ognuna di esse, un grande spreco di risorse, tempo e energie mentre potrebbero, anzi dovrebbero, essere produttivamente dedicate alla impostazione e definizione di ciò che unisce, nella convinzione che da soli non si va da nessuna parte, né si risolve alcun problema dei molti che si vivono nel mondo del lavoro.
    Fintanto che le tre organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL non si rendono conto che la crescente scarsa incidenza, per non dire la sempre più evidente marginalità, che hanno sia rispetto ai temi delle politiche nazionali dell’economia, del lavoro, del Welfare, ecc., e del grande spreco di energie che impegnano nella esaltazione della propria identità attuando politiche e iniziative autoreferenziali e di immagine, invece che dedicare risorse, tempo ed energie per ricercare e costruire strategie e risposte unitarie ai molti problemi del mondo del lavoro, il potere dei ricchi, lo sfruttamento dei lavoratori, le ingiustizie, le disuguaglianze , la povertà non potranno che avanzare in quanto non trovano alcun ostacolo sulla loro strada, e l’ostacolo è solo la forza che deriva dall’unità di chi rappresenta il mondo del lavoro.
    Non è che “mal comune è mezzo gaudio”, ma CGIL, CISL e UIL dovrebbero convenire che le loro divisioni e l’assenza di posizioni e proposte unitarie pone una domanda: le divisioni tra CGIL, CISL e UIL che questa legge manifesta, a chi giovano?
    Si potrebbe convenire che nelle divisioni tra le organizzazioni sindacali trova conferma quanto è scritto in “pretioperai.it”: “Quando milioni di poveracci sono convinti che i propri problemi dipendano da chi sta peggio di loro, siamo di fronte al capolavoro delle classi dominanti”.

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