Pd e Governo, ragioniamo con calma

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I risultati elettorali erano facilmente prevedibili. I dati finali sono più marcati del previsto, ma non cambiano la sostanza. Forse il PD poteva sperare in un 22-23%, la Lega poteva prendere qualche punto in meno, Leu puntava come minimo al 5% e così via; nulla di essenziale.

Il problema vero è che siamo in un sistema tripolare e nessuno vince.

Qualcuno propone di cambiare il sistema elettorale, guardandosi bene dal dire come. L’unico sistema sarebbe un sistema maggioritario a doppio turno con ballottaggio finale, il che vuol dire avere un vincitore e due perdenti. Difficile pensare che possa passare.

Se questa soluzione non appare perseguibile, non rimane che abituarsi a convivere in un sistema tripolare o multipolare e pertanto predisporsi a “larghe intese”. Due mesi fa su questo portale avevo messo le mani avanti dicendo: prepariamoci. Ma ciò naturalmente non è successo  e il pensiero diffuso è tutt’ oggi ben diverso.

Da qui le difficoltà di mettersi d’accordo fra forze che si presentano differenti e avverse. Se ciò è comprensibile, emotivamente e culturalmente, l’atteggiamento andrà nel tempo superato nel senso che le obiezioni a possibili intese non devono avere carattere pregiudiziale o “ideologico”, ma manifestarsi su un piano laico e concreto:  si tratta, sul piano pratico, di valutare quale è la cosa migliore da fare o perlomeno il male minore da accettare.

La paura maggiore è oggi costituita dalla reazione che gli iscritti e i votanti potrebbero opporre a un cambiamento troppo repentino di impostazione. Lo stesso problema si è posto in Germania alla SPD, che dopo sei mesi ha fatto l’accordo con la Merkel, passando attraverso una decisione democratica della propria base. Si può seguire la stessa strada, prendere tempo, far decantare la situazione, riflettere con calma e decidere tutti assieme con una consultazione democratica.

Nel frattempo tocca agli altri partiti muoversi; se non si trova una maggioranza si può pensare a governi che superino questa fase con scopi precisi, si può pensare ad appoggi esterni, purché ne esistano le condizioni e così via.

Mi sia permesso di dire che trovo veramente sgradevoli interventi di esponenti cattolici che, dopo aver detto tutto il male possibile del PD e continuando tuttora a criticarlo, oggi insegnano al PD cosa deve fare e in alcuni casi con toni minacciosi e autoritari. Sarebbe bene avere più rispetto e considerazione del PD, dove militano tuttora tantissimi cattolici democratici; anche in considerazione che un forza significativa è essenziale per reagire a questa ondata populistica e per mantenere una speranza per il futuro.

 

Sandro Antoniazzi

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  1. E’ vero che il voto era in buona parte prevedibile. Ma la nettezza dell’affermazione dei 5 stelle (di gran lunga il primo partito), il netto calo del Pd rispetto al 2013 con l’aggiunta dello scarso consenso a LeU, e il sorpasso, anch’esso netto, della Lega su Forza Italia, tracciano uno scenario più grave del previsto. Tu dici: siamo in un sistema tripolare (e con un sistema elettorale a prevalenza proporzionale), nessuno vince e sono necessarie larghe intese. Lo penso anche io. E, francamente, pensando che la collocazione in Europa è oggi il primo discrimine, e temendo fortemente la carica antisistema dei 5 stelle, prima del voto io avrei preferito un’intesa tra Pd e Forza Italia (sì, come la risposta istintiva di Scalfari in tv…). Ma, dopo il voto, questa opzione mi pare del tutto impraticabile.
    Franco Monaco (uno di quei cattolici che – forse troppo – rimproveri?) insiste nel dire che il Pd debba aprire un confronto con i 5 stelle. Penso che sia una strada molto impervia: troppe le differenze, sia sulla collocazione in Europa sia sull’idea di società e di politica ( vedi la critica sommaria dei 5 stelle ai sindacati, alla cooperazione sociale, ai corpi intermedi, alle ong..; vedi la retorica insensata sulle “poltrone”.). Il Pd ha bisogno di un lungo processo di rigenerazione, a partire dal ricostituire luoghi di aggregazione, di ascolto e di dialogo, per riavvicinare le persone, per far nascere nuovi dirigenti (specie al Sud), ma non già sbaraccare alcune scelte politiche che invece vanno difese (o magari corrette) ancorché non immediatamente “popolari” (sulle pensioni, sul lavoro, sull’immigrazione, sulla scuola) o che vanno ancor più sviluppate (sul welfare, sulla povertà, sui diritti).
    Certo, oggi c’è la necessità di assumere la responsabilità di verificare in parlamento cosa è più utile fare per il Paese. E dire che si sta all’opposizione non basta. Né appare vantaggioso (né per il Pd né per il Paese) favorire un ritorno alle urne a breve.
    La proposta che il Pd potrebbe fare, senza svilirsi, è “un governo di tutti”, cioè un governo che prenda il meglio delle proposte di ciascuno: più sicurezza, attraverso una migliore gestione dell’immigrazione presente nel Paese (e però iniziative che rafforzino la cooperazione europea per l’accoglienza dei rifugiati con diritto all’asilo e alla protezione, e che riaprano all’immigrazione legale); più reddito ai senza lavoro, ma incrementando il sistema da poco introdotto del reddito di inclusione (si veda il bell’articolo di Luigino Bruni: “E’ il lavoro a fondare la cittadinanza”: https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/il-lavoro-a-fondare-la-cittadinanza); più Europa, ma affrontando il tema delle aree su cui la sovranità nazionale debba prevalere, e quelle su cui una più autentica sovranità popolare europea possa svilupparsi; il sostegno al “piano industriale per l’Italia delle competenze” di cui hanno scritto Carlo Calenda e Marco Bentivogli; più sviluppo, specie al Sud, delle iniziative a sostegno di nuova imprenditorialità e nuova occupazione nella difesa del paesaggio, nella valorizzazione dei borghi, nel turismo, nell’agricoltura… Una proposta in questo senso mi pare più sensata, da parte del Pd, piuttosto che un sostegno (comunque formulato) ai soli 5 stelle, che credo vedrebbe il Pd inevitabilmente subalterno.

    • Colgo l’occasione del suo riferimento, gentile Forcesi, alla necessità per il PD di …
      …. un lungo processo di rigenerazione, a partire dal ricostituire luoghi di aggregazione, di ascolto e di dialogo, ….
      per sollecitare una presa di coscienza del potenziale offerto dallo spazio commenti di portali come questo – per avviare un processo, di ricostituzione di tali luoghi, in grado di adeguarsi ai tempi e di differenziarsi dall’uso corrente degli strumenti.
      Non posso fare affermazioni autorevoli su come si dovrebbe procedere. Potrei solo offrire una testimonianza sul perché ci si dovrebbe arrivare con una progressiva azione di ricerca.

    • Chiedo scusa, ma la proposta di “un governo di tutti che prenda il meglio delle proposte di ciascuno” mi sembra alquanto ingenua: chi decide qual è “il meglio”? E’ meglio il reddito di cittadinanza o la flat tax? Anche il suo primo esempio è discutibile: “più sicurezza attraverso una miglior gestione dell’immigrazione”. E’ proprio convinto che la maggior causa di insicurezza siano gli immigrati? Quando la gran parte degli omicidi (comunque in forte diminuzione) sono dovuti a mariti violenti, mafiosi, pirati della strada?
      A mio avviso l’unico senso di un governo di tutti sarebbe quello di varare una legge elettorale fortemente maggioritaria o con ballottaggio. Se a seguito di nuove elezioni con tale legge gli italiani decidono che vogliono essere governati dai grillini, prosit! Ma temo fortemente che un buon numero di neo eletti al parlamento non rinuncino volentieri a 5 anni di cospicua indennità…

  2. ELEZIONI 4 MARZO 2018

    Giancarla Codrignani

    E’ passato più di una settimana. Personalmente rattristata (ma anni fa a Bologna si era già vista la sinistra perdere il Comune per incapacità e divisioni interne). Ma anche arrabbiata: da troppo tempo la gente ignora che il mondo cambia e – dispiace il verbo – “rottama”.
    Sono stata accusata di essere renziana; rischierò anche il “craxiana”. In Parlamento ho sempre votato contro Craxi, ma è con lui che era suonato l’allarme. I problemi, infatti, si affrontano quando si evidenziano. Purtroppo solo il modo (disatteso) con cui Berlinguer aveva posto la “questione morale” aveva preso di petto il nodo del problema.
    Dopo che il latte è stato versato non serve ripetere all’infinito il “che fare?” senza contestualizzare i danni e le responsabilità dei ritardi e solo la storia farà capire se hanno vinto le rivoluzioni o le mediazioni. Bolscevichi o Menschevichi? Lenin o Rosa Luxemburg? “Viva Marx-Lenin-Mao” o il riformismo? Berlinguer, Gorbaciov, (Renzi) da bocciare? Per i partiti non aver capito diventa, sempre, colpa dei segretari: Berlinguer si salvò dall’odio interno al Pci perché morì prima; Renzi per fortuna è vivo, ma è stato odiato e fatto fuori da quelli di casa. Comunque, ok le simpatie, ma i leader passano. Sempre. Restano le idee. Se ci sono. Meglio: se, a tutti i livelli, si cercano.

    Da quanti anni abbiamo visto declinare le socialdemocrazie nordeuropee? Dove sono finiti gli estimatori di Tzipras addirittura fondatori di un partito europeo con il suo nome, mentre quello stesso leader sta sacrificando il proprio futuro politico per salvare dal fallimento il suo paese? e mentre il Pasok, il vecchio partito socialista greco, surclassato da Syriza, dal 45% è passato al 5%. Anche lì tornerà la destra, si spera non nella forma sperimentata sotto il regime dei colonnelli meno di cinquant’anni fa.
    In Italia la disgregazione è iniziata nel ’92: “mani pulite” fu un normale processo di corruzione (dove Di Pietro era già un “grillino”). Solo che due anni dopo cinque partiti (Dc, Psi; Pri, Pli, Psd) erano definitivamente scomparsi. Non per la corruzione, ma perché erano “vecchi”. Vacillava infatti già allora la “forma-partito”. E oggi Macron chiama il suo partito(?) En marche e in Italia il movimentismo (preannunciato dalla società civile con i “girotondi”) ha preso il nome di un albergo. Negli anni del neoliberismo noi di sinistra “eravamo contro”; ma non avevamo articolato nemmeno una strategia di contrasto. Dopo si cercò di rimediare: nel 2002 era ormai in questione l’art. 18 e Bruno Trentin, segretario Fiom, si dichiarò contrario al referendum che divideva l’interesse dei lavoratori. Adesso è sopraggiunta la paura dell’uomo solo al comando… vogliamo pensare a Togliatti? I “gigli magici” si sono sempre visti, mancava solo il nome. Anche oggi sono sempre lì, i “fedelissimi” (e Berlusconi ha ripreso la campagna acquisti)…

    Gli amici della “sinistra più a sinistra” sono come papa Benedetto XVI: “i principi non sono mai negoziabili”. Per fortuna non solo in politica i principi si negoziano, altrimenti vivremmo solo di guerre, crociate, pogrom e femminicidi.
    La signora Meloni è andata da Orban per cercare consenso, ma solo per propaganda: il patto di Visegrad non accetterà di farsi responsabile di un paese che porta in dote 2.300 mld. di debito (per giunta senza più l’aiuto di Draghi): non è un caso che Andreotti andava con il cappello in mano.
    LeU ha perso e Boldrini elenca i buoni propositi di quelli che normalmente sono gli interessi di un popolo di sinistra. Peccato che non sia riferibile a quello italiano. Per cui: era ragionevole sostenere la centralità del lavoro, sapendo che il lavoro non sarà mai più quello di prima e sostenendo i diritti di tutti i lavoratori, non solo dei garantiti e del pubblico impiego, ma di chi non può più scioperare (precariato, telelavoro, lavoro nero, badanti)? E senza pretendere al primo posto nei contratti la formazione? O bisognerà prendere atto che, davanti all’immigrazione, la storica “solidarietà di classe” è diventata egoismo individualista?
    Carofiglio, senatore Pd uscente ha riconosciuto l’errore di aver votato la riforma dell’art.81 Cost. (2012), che inserì il “pareggio di bilancio”: uno solo si assume la responsabilità di un danno arrecato plebiscitariamente alla sacra Carta? E nessuno dei votanti “no” alla recente riforma degli Ordinamenti (che non sono i Principi) è sicuro che voleva davvero questo esito?

    Insomma il pre-politico è diventato post-politico restando, e proiettandosi al futuro, antipolitico. Flat-tax e reddito di cittadinanza sono state promesse senza nemmeno uno straccio di documento scritto a spiegazione di che cosa debbano essere. e la gente è andata a chiedere i moduli per il sussidio…. La Germania è stata cinque mesi senza governo: ha potuto permetterselo, avendo elaborato con la Spd un documento di 167 pagine.
    Noi, privi di garanzie, dovremo vedercela con l’Europa per non andare in bancarotta. E chi pensa di uscirne, non dice che dovrà comunque continuare a pagare gli interessi sul debito: la gente sembra ignorare che nessuno ha bacchette magiche per soddisfare le giuste esigenze dei giovani inoccupati, degli impoveriti, dei nuovi esclusi, primi tra i quali gli immigrati. E’ vero che anche il Pd e gli altri di sinistra (ma ancor meno i media) hanno fatto poco per far capire lo stato delle cose e la necessità di consolidare in ciascuno dei cittadini fiducia e speranze: il discorso politico più importante durante questa campagna l’ha fatto Favino al Festival di Sanremo. Disgraziatamente il paese si è integrato (da decenni!) nella cultura alla Maria De Filippi e Facebook; perfino i concorsi per l’insegnamento dimostrano quanto sia stato, purtroppo. vincente.

    A proposito di omissioni. A nessuno fa impressione che la cosiddetta “grande risorsa” delle donne – il 52 % dell’elettorato – abbia avuto spazio nelle tribune antiviolenza, ma politicamente è stata invisibile? I vincitori ignorano i diritti , anche quelli di parità che non sono solo il numero di donne in Parlamento….

    In queste condizioni è grave che ci sia chi giudicherebbe positiva un’intesa del Pd con M5S. Si autenticherebbe che i grillini sono “di sinistra”, cosa falsissima e si conforterebbero i molti di sinistra che li hanno votati (e che non è detto che li seguiranno per sempre). Inoltre inutile rifiutare l’evidenza, se “questo” socialismo si sta estinguendo: non vuol dire che “è finito”. E’ finita una tappa e bisogna progettarne un’altra. Chi accettasse di naufragare nel populismo pentastellato sarebbe assorbito senza rimedio anche in futuro: purtroppo le “larghe intese” e gli “inciuci” sono piaciuti alla sinistra fin dalla prima Repubblica. Anche perché – non sarà una soddisfazione – ma varrà la pena stare a vedere come gli apparenti vincitori riusciranno a creare un programma comune senza dividersi e tirare la coperta da tutte le parte. Chi aspira ad una presidenza di Camera o Senato vede giustamente l’aspetto mediatico della carica: di fatto nessuno ha mai presieduto senza il sostegno tecnico dei funzionari; e il partito perde un voto perché chi presiede sta al di sopra della parti e non vota.
    L’opposizione ha i suoi vantaggi, se la si sa fare: la maggior complessità del mondo moderno comporta maggior competenza nell’argomentare e capacità di far esaltare dai media le ragioni di contrapposizioni, consensi e proposte di emendamenti. Forse il cittadino può finalmente imparare che la Repubblica è parlamentare e che il Governo non è lo Stato. E forse potremo anche noi avere l’alternanza tra progressisti e conservatori (sempre che si chiamino ancora così).

    Noi di una sinistra che da trent’anni vive nella globalizzazione senza avere mai pensato di farci i conti, teorici e politici, abbiamo un patrimonio ancora importante, purché non lo si tratti come un oggetto di culto: i giovani hanno bisogno di qualcosa di valore, che dia speranza e faccia sognare (pur con i piedi per terra) per potere pervenire a scelte comuni democratiche. Da Gramsci a Spinelli il patrimonio non è stato dilapidato. Si accusa l’elitismo borghese che vota Pd; ma deve impressionare che dietro Salvini, Di Maio e Berlusconi non ci sia nessuna idea, nessun teoria, nessuna cultura, nessun nome di pensatore che ne garantisca il fondamento.
    Intanto dobbiamo subito metterci all’opera per le elezioni europee dell’anno prossimo…

  3. Caro Sandro,
    questa tua interpretazione minimalista, non mi convince proprio.
    Faccio parte di quelli che si sono allontanati dal Pd per vari motivi, ma soprattutto a seguito dell’orrenda riforma costituzionale proposta (lo so, anche su questo non siamo in accordo).
    Detto ciò chi è stato marginalizzato dall’arroganza dal Pd di Renzi conserva tutto il diritto di criticare un partito che, per citare un uscente sociologo non ricandidatosi, viaggia “senza il vento della storia”.
    Ora si tratta di andare più in profondità e ripartire dal basso, dal prepolitico per abitare quel “deserto” che è la politica di oggi, come ci ha indicato, a Bologna, Mons. Zuppi.

    • Caro Francesco,

      spesso in politica occorre accontentarsi di ciò che offre la situazione. Anch’io non sono particolarmente contento del PD. Però mi sembra peggio scegliere altri partiti, oppure non votare, oppure ancora fargli la lotta contro. Qual’è l’alternativa? Quello che dici tu non è in contraddizione: puoi benissimo ripartire dal basso e dal pre-politico, e tenere comunque come base minimale a livello partitico il PD. Stai comunque attento perchè dal pre-politico è facile passare al non politico e all’antipolitico. Avrei molto da dire poi sul passaggio dal sociale al politico, che per la maggior parte dei cattolici non avviene mai. Ma su questo sto scrivendo un documentino “lavoro e politica” che ti manderò appena sarà varato. Ciao,
      Sandro:

  4. Sostanzialmente mi stai proponendo il “partito unico dei cattolici democratici”.
    Ma non ci eravamo affrancati da ciò? 🙂

    • No, ognuno è libero di scegliere il partito che ritiene, però è doveroso motivarlo. Fra i partiti attuali il meglio, o il meno peggio, a me sembra il PD, salvo naturalmente prova contraria. Però la tua risposta mi sembrava che andasse in un’altra direzione; in sostanza proponevi di partire dal basso con azioni sociali o prepolitiche per ricostruire qualcosa di diverso. Su questo personalmente sono d’accordo e mi spingo anche più in là, nel senso che a livello locale si potrebbe dar vita anche a liste politiche comunali, che però siano veramente l’espressione di un’esperienza nuova. Ciò invece al momento mi sembra difficile a livello nazionale, dove bisogna scegliere fra i partiti esistenti. Però gradirei approfondire meglio questi problemi con te e spero di averne l’occasione. Da tempo, poi, sostengo che questi problemi debbano essere messi a fuoco dai c3dem se vogliamo avere un minimo di elaborazione e di incidenza.

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