OREUNDICI: la nostra identità profonda – TESTIMONIANZE: la ‘verità’ separata dai fatti – AGGIORNAMENTI SOCIALI: imparare cosa significa vivere nel mondo delle interconnessioni -LA CIVILTA’ CATTOLICA: quando si tratta di uscirne…

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“In questo mondo che brucia, un bisogno rimane ancora presente in tutti noi: il bisogno di realizzare, pur tra mille difficoltà, quella che sentiamo essere la nostra identità profonda”. Così don Mario De Maio apre il suo dialogo con i lettori della bella rivista Oreundici (n 2/febbraio 2020).  Ricordando che il filosofo Lévinas afferma che “la tenerezza è l’essenza dell’uomo”, e citando Arturo Paoli (“la tenerezza rappresenta qualche cosa di dolce e di forte, è quel dono di amore gratuito capace di liquefare le pietre”), introduce l’intero fascicolo in cui vari autori (Eugenio Borgna, Isabella Guanzini, Lucia Capuzzi, p. Lino Pedron) dimostrano l’attualità e l’efficacia della tenerezza per rendere migliore la vita e affermare insieme verità e carità. E il testo introduttivo di Carlo Molari (che si chiede “come trovare una terminologia adeguata a dire Dio oggi) illumina e approfondisce questa intuizione e ci ricorda che siamo chiamati ad accogliere l’azione di Dio e a tradurla nella nostra vita come forma di misericordia, di perdono, di fraternità e sororità, di comunanza di vita nuova, di aiuto… e di tenerezza reciproca”.

Ha un titolo provocatorio il numero 528/529 di Testimonianze, la bellissima rivista fondata da padre Ernesto Balducci e ora (da tempo) guidata da un nutrito gruppo (tra cui Andrea Bigalli, Miriana Meli, Vannino Chiti, Severino Saccardi, Simone Silani, Mauro Sbordoni…). Il titolo è “La ‘verità’ separata dai fatti” e il tema è affrontato a diversi livelli e angolature da Sergio Givone a colloquio con Severino Saccardi, Fabio Dei, Vannino Chiti, Piero Meucci, Riccardo Rabitti, Ilaria Bracaglia, Michele Zappella, Lorenzo Urbano, Serena Giusti…e molti altri. In tutto è un volume di duecento pagine, che chiede impegno di lettura, ma ricambia con grande ricchezza di stimoli e porta conclusioni lucide: a comprendere cioè che la verità è separata dai fatti non solo nella pratica della (cattiva) informazione, ma proprio in larghi strati della nostra cultura e sensibilità.

“Il nuovo coronavirus identificato in Cina non infetta solo i corpi delle persone ma anche diversi ambiti della società, dal mercato all’informazione. Questa nuova minaccia ci ricorda quanto profondi siano i legami e le connessioni che uniscono le vite degli esseri umani in ogni loro aspetto”. Così scrive il gesuita Giacomo Costa nell’editoriale di Aggiornamenti Sociali (marzo 2020). A conclusione di un’attenta analisi del fenomeno e delle reazioni suscitate, l’autore scrive: “un virus può rappresentare il tipo ideale del nemico comune e la sua minaccia ricordarci quanto profondi siano i legami e le connessioni che uniscono le vite degli esseri umani e gli ambiti della loro azione”. E conclude: “Dedicarci a capire come affrontare questa epidemia è l’occasione per imparare che cosa significa vivere nel mondo delle interconnessioni”. Numerosi altri articoli mettono in luce assai lucidamente le vicende, i molti problemi ed eventi, i valori e gli equivoci della vita sociale e dei rapporti tra gli uomini e tra i Paesi in questo inizio di nuovo millennio…

E al coronavirus dedica attenzione anche La Civiltà Cattolica (n 4075, aprile 2020) con un ampio articolo del gesuita Gael Giraud che affronta i problemi del “vivere in isolamento” e quelli che si pongono quando si tratta di uscirne. Interessante anche la riflessione del padre Cucci su “Fare niente, un’attività preziosa ed ardua”. Guardando oltre i confini nazionali il padre Antonio Spadaro parla della situazione in Siria, dove l’epidemia si inserisce in una situazione già difficile, anzi tragica, per le tensioni e i combattimenti che caratterizzano quel territorio, dove le difese immunitarie di una popolazione (che vive all’addiaccio da mesi, nel fango e senza tende) sono ridotte al minimo. E di fronte a simili scenari viene da sperare che possa nascere qualche cosa di nuovo. Sessanta vescovi di venti Paesi, scrive il gesuita Paolo Bizzeti, si sono riuniti a Bari lo scorso febbraio e potranno forse sviluppare una efficace azione (e testimonianza) per rendere sempre più viva la presenza di pace e di dialogo nell’area mediterranea. Lo hanno auspicato Papa Francesco, ma anche il cardinale Bassetti a nome della Cei, e in recenti occasioni anche il presidente del Parlamento europeo Davide Sassoli, il professor Roccucci dell’università Roma Tre e la professoressa Giuseppina De Simone della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale.

(a.   bert.)

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