“Noi crediamo che la pace non si costruisca con la guerra”. La mozione di Fulvio De Giorgi, nuovo presidente della Rosa Bianca

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Il 25 aprile si è tenuta a Milano l’Assemblea della Rosa Bianca. Dopo un’ampia discussione sono state rinnovate le cariche. A Fabio Caneri sono succeduti alla presidenza Fulvio De Giorgi e Celestina Antonacci. Pubblichiamo la mozione presentata da De Giorgi che riprende temi svolti nel suo denso articolo per Appunti di cultura e politica che c3dem ha anticipato una decina di giorni fa.

 

In questo 25 Aprile 2022, nel contesto di una tragica guerra intraeuropea, vogliamo dire – come Rosa Bianca italiana – parole miti ma radicali, non polemiche verso nessuno ma libere e forti, in fedeltà al patrimonio della Resistenza, sviluppato poi nella Costituzione della Repubblica e nelle esperienze di pacifismo democratico e nonviolento che tanti antifascisti, ex-partigiani, costituenti, intellettuali hanno successivamente promosso, sentendole come eredità viva e sviluppo coerente e conseguente del più alto valore resistenziale: la pace. Pensiamo a Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Aldo Capitini, don Primo Mazzolari, Laura Bianchini, Ada Alessandrini, Maria Montessori, Igino Giordani, Danilo Dolci, David Turoldo, Lidia Menapace, Achille Ardigò, ma anche a don Lorenzo Milani, Ernesto Balducci, Chiara Lubich, Alex Langer, Italo Mancini, Claudio Napoleoni, Tonino Bello, Ettore Masina, Gigi Pedrazzi, Paolo Giuntella.

Nel rispetto di sensibilità democratiche diverse, noi vogliamo affermare che lo sviluppo dell’eredità resistenziale in senso pacifista e nonviolento, operato da questi uomini e da queste donne e a noi consegnato, onora la storia morale e politica della Repubblica, rappresenta un patrimonio a beneficio di tutti e, soprattutto, non costituisce né una dimenticanza degli ideali resistenziali né un accantonamento dei valori della comune convivenza internazionale né un disinteresse per le libertà personali. Noi crediamo che il preminente valore della Pace sia la maggiore fedeltà alla Resistenza e al sacrificio di coloro che sono morti perché non ci fossero più morti in guerra.

Pertanto, in qualità di cittadine e cittadini italiani fedeli alla Costituzione, noi ripudiamo la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Noi ripudiamo i nazionalismi, che sono tra l’altro alla base dell’attuale conflitto, come pure ripudiamo ogni razzismo e ogni sentimento etnocentrico e xenofobo.

Noi crediamo, come affermato, tra gli altri, da De Gasperi e da Pertini, che libertà e giustizia sociale vadano sempre insieme alla pace, così che il trinomio fondamentale per la cultura politica democratica del XXI secolo è per noi: libertà, giustizia (comprensiva dell’ecologia integrale) e pace. Noi crediamo pertanto in un Principio-Fraternità come fondamento di nuova cultura politica. Sappiamo che spesso le strutture sociali sono violente, ingiuste e illiberali e che sono sempre molto forti le dinamiche di potere economico, sociale, autocratico e le discriminazioni di genere, di etnia, di classe. Libertà, giustizia e pace, come principi ideali, impegnano pertanto a politiche di cambiamento profondo.

Noi crediamo necessaria una de-escalation della violenza in Ucraina, nei rapporti internazionali, nell’opinione pubblica, nei linguaggi, nei pensieri, nei cuori. Se vuoi la pace educa alla pace.

Noi crediamo che la pace non si costruisca con la violenza e con la guerra, ma mettendo fine alla guerra e superando la guerra.

Noi crediamo che il primo, più essenziale e più alto scopo politico per tutta l’umanità contemporanea sia la totale cancellazione della guerra. Crediamo pertanto in una cultura politica che si sviluppi dalla prioritaria consapevolezza di questo fine. Crediamo nella necessità di un’interdizione totale, morale e giuridica, della guerra, soprattutto da quando lo sviluppo di armamenti nucleari ha reso possibile il suicidio bellico dell’umanità. Noi crediamo che ci sia bisogno di questo grande salto storico per salvare l’umanità e la biosfera.

Noi crediamo che sono per sé stesse evidenti queste verità: che tutti gli esseri umani sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di alcuni inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che Vita, Libertà e Felicità si ricapitolano nella Pace, che, dunque, non è solo assenza di guerra.

Noi crediamo che sia inaccettabile ogni aggressione a popoli e stati e che perciò sia legittima e doverosa la difesa di chi viene aggredito. Noi crediamo che sia preferibile la difesa popolare nonviolenta. Come la difesa armata non era sostenibile se i resistenti erano impreparati o demotivati, così la difesa nonviolenta è inefficace se il popolo resistente è impreparato o poco convinto. Ma se ben preparata può essere molto efficace.

Noi crediamo che la nonviolenza non sia la negazione della violenza. Noi crediamo che sia violenza convertita. Noi crediamo che sia giusto – davanti alle violenze, alle aggressioni, alle ingiustizie, ai soprusi – avere un’immediata reazione di indignazione e di forte risposta violenta, soprattutto in difesa dei più deboli, dei piccoli, degli inermi. La nonviolenza opera – sul piano razionale ed etico – una conversione di tale risposta violenta: non in passività indifferente e vigliacca o in attendismo pavido, ma in una risposta nonviolenta, altrettanto impegnata e attiva, ancor più radicale e forte.

Noi crediamo che il magistero sociale di papa Francesco – nella Laudato si’ e nella Fratelli tutti – sia da sviluppare sul piano del pensiero politico, dell’impegno politico, della cultura politica e dell’educazione politica. Noi crediamo pertanto che la nonviolenza non sia solo un imperativo morale personale ma anche lo stile di una politica per la pace.

Noi crediamo in politiche che arrestino la corsa agli armamenti, crediamo nella necessità del disarmo (soprattutto delle armi più distruttive), della fine del commercio delle armi, della riconversione delle industrie di armamenti.

Noi crediamo nella necessità di rilanciare l’ONU, anche riformandone e democratizzandone gli ordinamenti, affiancando all’ONU degli stati l’ONU dei popoli. Crediamo perciò in un governo mondiale, in un monopolio sovranazionale della forza militare, sottratta ai singoli stati.

Noi crediamo nell’unione federale dell’Europa, dall’Atlantico agli Urali, crediamo in un cammino verso gli Stati Uniti d’Europa che, alla fine, includano anche la Russia. La civiltà europea, in forza delle sue radici cristiane, ha due polmoni: occidentale e orientale. Noi crediamo che la logica unilateralmente occidentalistica non giovi all’unità europea e immiserisca gli stessi, importanti, valori occidentali.

Noi sappiamo che ciò in cui crediamo e che abbiamo qui sinteticamente richiamato è considerato da molti illusorio e utopistico. Sappiamo pure che nel corso della storia sono stati considerati utopistici l’abolizione della schiavitù e della discriminazione razziale, la parità di genere, a partire dal diritto di famiglia, la legislazione sociale a favore delle classi lavoratrici, l’eliminazione del lavoro minorile e l’istruzione obbligatoria.

Noi crediamo che si illuda chi pensi di affermare l’identità europea negandone i valori ebraico-cristiani e illuministi che ne costituiscono il cuore. Noi crediamo che sia veramente utopista chi pensi possibile un ordine mondiale fondato sulla guerra e sulle alleanze militari, sugli armamenti e sulla deterrenza nucleare.

Noi crediamo che sia più utopistico pensare di costruire la pace con la guerra e di edificare il bene con il male.

Noi crediamo nella forza vincente del bene, del dialogo, della riconciliazione, dell’amore tra le persone e tra i popoli.

L’odio produce morte, l’amore genera vita.

 

 

 

4 Comments

  1. C’è poco da commentare. Io…sottoscrivo in toto! Ogni parola ed ogni virgola!

  2. Bellissime e nobili aspirazioni, ma che richiedono ulteriori riflessioni per non rimanere astratte. E’ giusto rilevare che “nel corso della storia sono stati considerati utopistici l’abolizione della schiavitù e della discriminazione razziale, la parità di genere, a partire dal diritto di famiglia, la legislazione sociale a favore delle classi lavoratrici, l’eliminazione del lavoro minorile e l’istruzione obbligatoria.” Oggi questi principi – come la dichiarazione dei diritti universali – sono largamente accettati: ma di fatto sono tutta’altro che applicati sistematicamente e quindi bisogna studiare i modi perché lo siano sempre più. Così è per la guerra: si può e si deve operare perché venga rifutata dalla coscienza dei popoli. Ma come si può pensare di ottenere “un’interdizione totale, morale e giuridica della guerra”. Chi fa rispettare questa interdizione, e come? Credendo “in un governo mondiale, in un monopolio sovranazionale della forza militare, sottratta ai singoli stati.” Proponendo un monopolio della forza militare, si ammette che non è pensabile un rifiuto di principio della violenza. Ma per di più l’idea di un governo mondiale mi sembra assolutamente irrealizzabile: lo si dovrebbe eleggere a suffragio universale? Con la preponderanza di popolazione che hanno Cina e India come si potrebbero rispettare le differenze tra i popoli, specialmente i minori? E la forza militare sottratta ai singoli stati chi la fornirebbe? Sono certamente possibili e da perseguire progressi verso migliori relazioni tra gli stati, come è successo tra quelli europei dopo la seconda guerra mondiale. O con trattati come quello di Helsinky. Ma poichè non ci può essere garanzia assoluta che vengano rispettati, non si può evitare di pensare a come difendersi da eventuali violazioni degli accordi. Si può pensare che la resistenza non violenta possa essere efficace. Ma non credo proprio che avrebbe potuto evitare la Shoa o le stragi di Stalin o lo sterminio degli autoctoni americani. Come non può evitare i femminicidi in famiglia, contro i quali è indispensabile l’educazione e il cambio di cultura: ma nell’immediato è anche necessaria la protezione di chi è a rischio.

  3. Sono molto dubbiosa sull’opportunità di un governo mondiale ma sono d’accordo sull’idea che la guerra deve essere cancellata dalla nostre menti come strumento plausibile per ottenere qualcosa di buono. Ciò implica fare molto ma molto di più per preparare e organizzare la gestione nonviolenta dei conflitti e anche per potenziare o inventare strumenti di difesa nonviolenta. Io credo si possa fare.

  4. Peccato che non sia rinvenibile alcuna traccia di realtà. In linea di principio, condizione necessaria per la costruzione della pace dovrebbe essere la disponibilità delle parti a farla. Naturalmente ciò è vero in una situazione che vede le parti in causa avere le medesime responsabilità. Cosa che non è in un conflitto che origina da una illegittima aggressione di una parte, con la conseguente violazione della sovranità di un popolo. Di fronte a questa palese ingiustizia, i cristiani cosa dovrebbero pensare e fare? La regola dell’amore anche per il nemico dovrebbe necessariamente sortire il pacifismo “sterile” del porgere l’altra guancia? Certamente il cristiano valutate le circostanze può anche scegliere una resistenza non violenta. Ma è una decisione che riguarda esclusivamente la sua responsabilità. Non può essere imposta ad un popolo aggredito che legittimamante decide di resistere anche con le armi. Mi sembra il minimo di fronte ad un autocrate con mire imperialiste. Così come non si possono stigmatizzare come non opportune o addirittura anticostituzionali le scelte delle Istituzioni di supportare anche con le armi la volontà di reistenza del popolo oppresso. Con profondo rispetto per le coscienze di tutti, mi permetto tuttavia di osservare come posizioni come quelle espresse nel documento riflettano una sensibilità politica, prima ancora che religiosa, piuttosto ideologica, in quanto tende ad assolutizzare principi che andrebbero, con fatica indubbiamente, mediati con la realtà dell’uomo e della sua storia. Il dubbio dovrebbe sempre guidare il discernimento cristiano. Lo stesso Papa invita a coltivare il pensiero incompiuto…

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