Lineamenti di un nuovo popolarismo

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La proposta di Lino Prenna di porre una correlazione tra l’attitudine moderna del cattolicesimo democratico e l’antropologia teologica di papa Francesco, raccogliendo alcune istanze nel presente per un “nuovo popolarismo”, appare così una sfida importante nell’attale crisi della politica ed un cantiere aperto.

 

 

Lino Prenna indicando le finalità della sua opera così scrive “L’intento è di stabilire una correlazione tra l’attitudine moderna del cattolicesimo democratico e l’antropologia teologica  di papa Francesco, interprete critico ma cordiale della modernità: di rilevare la trama dottrinale sottesa a suo ministero sociale e proporne un’iniziale declinazione politica, verificando l’ipotesi che, come per il cattolicesimo democratico, la mediazione, così per Bergoglio la dialettica compositiva delle opposizioni polari, costituiscano la ‘ragione ermeneutica’ congiuntiva e risolutiva delle contraddizioni che abitano la ‘tensione politica’ del mondo. Sono anche le categorie del nuovo popolarismo che il libro propone come comprensione politica del cristianesimo popolare e tracciato di un nuovo umanesimo politico, ispirato alla Teologia del popolo di papa Francesco” (L.Prenna, Dal cattolicesimo democratico al nuovo popolarismo. Sui sentieri di Francesco, Il Mulino Bologna, 2021, Introduzione p. 21).

Il testo può essere letto in un’articolazione che vede una strutturazione in tre grandi parti: i capp. I-VI sono dedicati a sondare nella condizione del presente le grandi questioni in gioco dal punto di vista politico: la questione della cittadinanza, i temi della democrazia, della solidarietà e di una politica in rapporto ad una visione antropologica che scorge la socialità non come aspetto opzionale e aggiuntivo alla condizione del singolo individuo ma quale dimensione strutturale di uomini e donne costituiti nella relazione e chiamati a costruire la città quale luogo di impegno politico.

Una seconda parte del libro può essere individuata tra i capitoli VII e XIII: in essa mi sembra venga sviluppata una declinazione dei tratti fondamentali del cattolicesimo democratico, non da intendersi come aggregazione di tipo partitico e confessionale ma nella sua qualità di orientamento culturale che trae ispirazione da istanze di fede cristiana e nel contempo si colloca in una scelta chiara di adesione alla democrazia dove la fede democratica non costituisce aggettivo ma sostantivo della fede religiosa e comporta distinzione di ambiti. E’ sottolineato il tratto di autonomia nel situarsi in una condizione che non prevede dipendenze siano esse dal trono siano esse dall’altare. La tradizione del cattolicesimo democratico si caratterizza anche per un modo di concepire la fede in rapporto alla storia e alla partecipazione alla vicenda umana secondo la cultura della mediazione. Mediazione significa tenere insieme orientamento etico a valori e principi e nel contempo responsabilità di traduzione nel bene possibile e concreto e nel dialogo. Mediazione implica la fiducia nel diritto che si oppone ad ogni logica di privilegio. La scelta di attuare una mediazione storica a fronte di situazioni e problemi che esigono un approccio di ragionevolezza e di condivisione nel pluralismo implica innanzitutto un orientamento chiaro verso la costruzione di una società solidale, equa e in cui siano riconosciuti i diritti fondamentali a partire dai più fragili. D’altra parte implica la fatica mai conclusa di discernere le vie possibili e concrete di attuazione nel contesto delle diversità che compongono il mondo attuale. Il criterio di riferimento fondamentale è la ricerca del bene comune indicato quale bene di tutti e di ciascuno con un primato da porre nell’attenzione alle singole persone nel quadro sociale.

Una terza parte del libro contiene una proposta con sguardo al presente e al futuro. Il cattolicesimo democratico ha una storia e una tradizione che proviene dal passato e ha visto momenti salienti nell’orientamento iniziale dato da Luigi Sturzo ad una scelta chiara della democrazia da parte di cristiani chiamati a scoprire la propria responsabilità nella città dell’uomo. Momento di particolare fecondità dell’orientamento dei cattolici democratici in Italia è stata l’elaborazione della Carta costituzionale e l’impegno che ha condotto alle maturazioni ecclesiologiche del Concilio Vaticano II. Dal Concilio hanno preso avvio nuovi cammini di responsabilità laicale e di impegno nella storia. Nel momento in cui stiamo vivendo Prenna propone di riprendere alcune linee del pensiero di Bergoglio per orientare un rinnovato impegno politico di fronte alle sfide di questo tempo.

In particolare richiama i sentieri proposti per “gerarchizzare la politica come valore nel cuore dell’uomo e come orizzonte di sintesi e di unità in una comunità” e le indicazioni espresse in Evangelii Gaudium.

Del pensiero di Bergoglio è evidenziato il suo riferimento alle opposizioni polari che risalgono ai suoi studi su Romano Guardini. Prenna evidenzia innanzitutto il tratto di spiritualità della tensione che caratterizza la proposta di Bergoglio particolarmente feconda in un tempo segnato dalla pluralità e dai conflitti.

La politica ha il compito di affrontare e non evitare la condizione di opposizione e conflittualità e in tale ambito deve svolgere il compito di una mediazione in vista di un bene possibile e con i tratti di un bene di tutti e di ciascuno, in particolare dei meno garantiti e difesi: i tratti di un bene comune che riconosca il primato dell’attenzione ai diritti della persona.

I quattro principi presentati in Evangelii Gaudium in rapporto alle tensioni bipolari proprie di ogni realtà sociale sono richiamati quali orientamenti per una azione politica nel presente.

Rilevanza particolare è data al principio che il tutto è superiore alla parte per affrontare il binomio individuo-comunità e l’opposizione tra beni particolari e bene comune.

Il principio secondo cui l’unità è superiore al conflitto apre a cammini di costruzione dell’amicizia sociale, quale sfida di essere popolo e costituire una pluriforme unità nella convivenza civile.

Il primato della realtà sull’idea è indicazione di un metodo e di un orientamento a rifuggire dalla pretesa di applicazione alla realtà di costruzioni ideali che divengono vuota retorica o forzatura e imposizione.

Infine la priorità del tempo sullo spazio è principio che introduce la considerazione dell’importanza di avviare processi come movimento alternativo a quello di occupare spazi

Prenna sottolinea che Bergoglio offre una lezione di metodo che può essere sintetizzato nell’attitudine nel contempo dialogica e capace di critica con la modernità: un dialogo critico ma cordiale. Viene infatti riconosciuto il cammino della modernità e l’autentico progresso nel processo di democratizzazione e nel riconoscimento dei diritti e d’altra parte la critica si accentra sul sistema economico appiattito sul modello neoliberista e sulla concentrazione di tipo individualista indifferente alla sofferenza dei poveri.

La proposta di papa Francesco individua nel popolo una categoria fondamentale sia nella vita civile sia nella vita ecclesiale. Il popolo è soggetto di storia e custode della memoria. Il riferimento al popolo non è assunzione della retorica populista che individua il popolo in una parte e che si pone come delegittimazione di ogni istituzione. Il farsi popolo è processo continuo che vede continuamente la fatica di affrontare il conflitto delle differenze che per tendere all’unità deve seguire la via di mediazione e l’orientamento alla pace.

 

Dal punto di vista di chi legge questo libro con sensibilità teologica si può scorgere come nel testo in qualche modo vedano composizione alcuni dei più fecondi itinerari che hanno segnato la teologia del XX e dell’inizio del XXI secolo.

Si coglie la presenza della lezione della teologia dialettica laddove, con riferimento ai percorsi di  Barth e di Bonhoeffer, si sottolinea che la tensione al regno di Dio propria dell’esperienza di fede non rende indifferenti e lontani ad assumere la responsabilità storica di impegno nella dimensione politica. Si scorge come tale linea sia ripresa in riferimento all’interpretazione in ambito cattolico delle opposizioni polari di Guardini che implicano il mantenere nel percorso della fede e nell’impegno sociale una tensione mai conclusa.

Si scorge anche la presenza delle teologie della correlazione o della svolta antropologica: sono i percorsi che hanno aperto le vie a considerare come il mistero di Dio si rende presente nella storia umana e come questa sia luogo di una chiamata e di un dialogo che continua e richiede un impegno nella storia perché la vicenda umana è unica storia di salvezza per tutta l’umanità. Di qui l’importanza del prendersi cura della storia e della vicenda umana in tutti i suoi aspetti per trasformarla.

Si può leggere soprattutto nei capp. X (Dio nella città: una teologia politica) e nel cap XV (Abitare il futuro: speranza cristiana e cura del mondo) una sapiente assunzione delle forti provocazioni della teologia politica di Metz e Moltmann, sia nella linea di concepire un impegno di fede che trovi riscontro in una prassi coerente con il vangelo sia nell’orizzonte di uscire dalla logica della privatizzazione della fede per aprirsi ad una comprensione della fede stessa come memoria passionis e come dono per una trasformazione della storia in ascolto delle vittime.

 

Infine si può leggere il testo quale proposta di accoglienza delle istanze della riflessione di Francesco che si connota per essere testimonianza di chi è figlio del Concilio Vaticano II, in una attitudine di recezione del suo indirizzo pastorale e del rinnovamento ecclesiologico maturato nell’evento.

E’ stato rilevato come la riflessione e l’azione pastorale di Bergoglio sia stata fortemente segnata dalla originale riflessione che in AL è maturata nell’intento di recezione del Concilio Vaticano II nel particolare contesto sociale e culturale in cui la questione fondamentale non è la domanda proveniente dal non credente ma dalla sofferenza di chi è considerato come non-uomo. La cosiddetta teologia del popolo, quale originale versione della teologia della liberazione nella riflessione pastorale dell’Argentina, costituisce un importante contributo non solo regionale ma con portata universale.

I tratti di tale orientamento sono:

– l’assunzione del metodo della lettura dei segni dei tempi e la comprensione della teologia stessa nella sua dimensione pastorale connessa alla storia e all’esperienza di chiesa con l’assunzione del metodo vedere giudicare agire

– la opzione preferenziale per i poveri come opzione teologale, nel quadro di una società segnata dall’ingiustizia, dall’iniqua distribuzione delle risorse e dall’impoverimento.

– l’attenzione a non scindere attenzione alla salvezza e attenzione alla liberazione dalle oppressioni di tipo politico sociale.

– La sottolineatura del popolo come soggetto della storia e custode di un orientamento aperto alla trascendenza in contrasto con la visione neoliberista che appiattisce la vita umana ad una dimensione di consumo e sfruttamento di beni materiali.

La ripresa della categoria di popolo (così presente in EG) si pone come chiara assunzione della linea di Lumen gentium che al secondo capitolo pone attenzione al popolo di Dio quale popolo messianico in cammino sin da Abele e con riferimento quindi all’intera umanità. In tal senso la chiesa come popolo di Dio si pone nella sua condizione di precarietà e incompiutezza nell’orizzonte del regno e nella tensione a rendere presente e accogliere tutto ciò che appartiene e indirizza al regno di Dio come segno di umanizzazione e di cura per il cosmo nella vita.

– la percezione della cultura dei popoli quale dimensione antropologica globale in cui il vangelo trova modi diversi di esprimersi e divenire vita. Da qui l’attenzione ai movimenti popolari come esperienze in cui si coltiva uno stile di vita che pone attenzione alla solidarietà, ai legami, alla memoria, ad un rapporto armonico con la natura.

– la sottolineatura che i popoli sono custodi di una autentica spiritualità che va ascoltata e accolta quale contributo importante per la stessa comprensione della fede.

La proposta di Lino Prenna di porre correlazione tra l’attitudine moderna del cattolicesimo democratico e l’antropologia teologica di papa Francesco, raccogliendo alcune istanze nel presente per un nuovo popolarismo, appare così una sfida importante nell’attale crisi della politica ed un cantiere aperto. L’insegnamento per certi aspetti impolitico di Francesco è interpretato come una tra le maggiori sollecitazioni di impegno alla speranza e al futuro non solo per qualcuno ma per l’intera umanità e quindi nella sua valenza profondamente politica, di costruzione della convivenza nell’orizzonte della fraternità.

E’ cantiere aperto perché fa uscire dai recinti confessionali ed apre ad scorgere come il messaggio proveniente da vangelo non indica un impegno per difendere una parte della società, ma pone a servizio di un bene comune da cercare insieme accogliendo il pluralismo quale occasione per un ripensamento della presenza stessa dei cristiani nella storia. Pone quindi la provocazione a pensare la presenza di persone ispirate dalla fede cristiana in una attitudine di dare e ricevere con ogni percorso che costruisce il senso del ‘noi’, non racchiuso in circuiti di interessi particolari ma a partire dall’ascolto dei più poveri e dei meno difesi (e si pensi agli ambiti delle migrazioni, delle politiche del lavoro, della sanità, delle minoranze discriminate, dei diritti della terra).

E tale apertura dovrebbe implicare anche un processo di rinnovamento e riforma della chiesa stessa che non solo offre il tesoro del vangelo ma anche apprende dal cammino umano l’opera dello Spirito già presente in esso (GS 44). E concretamente nel testo vi sono importanti annotazioni sulla tendenza della chiesa italiana ad inseguire politiche conservatrici (p.85 sulla stagione ruiniana; p.80; p.91) da individuare nella tendenza che implicano a ridurre il vangelo stesso a ideologia e strumento di potere.

Comporta un ripensamento e superamento anche della stessa teologia del laicato. Questa aveva aperto alla consapevolezza di un’autonomia e responsabilità individuando il compito riservato ai laici di animazione della sfera temporale. Tuttavia nella linea di riflessione sul popolo di Dio con comune dignità battesimale e comune chiamata alla testimonianza del vangelo ci si deve aprire ad una comprensione della laicità quale tratto di tutto il popolo di Dio che vede come conseguenza un chiaro impegno della Chiesa in tutti i soggetti che la compongono nella scelta di stare a fianco dei poveri e di condividere le esigenze di giustizia e liberazione (cfr. pp.82-83).

E’ cantiere aperto perché nell’attuale crisi della politica e di un governo mondiale in cui prevalgono le logiche delle affermazioni imperiali e nazionalistiche, la scelta della guerra e la corsa al riarmo in questo momento è quanto mai necessario coltivare i due orizzonti indicati a conclusione del testo: la cura e la speranza.

La speranza innanzitutto: è una speranza che nella fede cristiana si radica nella Pasqua, ma che trova vicinanza e sintonia con tutte le speranze di vita buona, di pace e che proprio per questo non distoglie dalla condivisione delle sofferenze delle vittime e degli oppressi.

La cura: cura può essere il nome della declinazione della speranza nel quotidiano. Laddove ciò significa cura per un abitare il mondo insieme, non nella rivalità e nella guerra, ma nel cercare le vie quotidiane che costruiscono la pace nella scelta della nonviolenza attiva. Ci accorgiamo oggi anche per l’attenzione mediatica sugli orrori della guerra in Ucraina della che cosa significa la distruzione della guerra. Cura è quell’agire politico e quell’agire politicamente nel quotidiano, cioè con sguardo  non al ‘particulare’ ma ad un noi che implica riconoscimento di dignità e diritti ed implica un farsi continuo nella tensione e nella responsabilità, “nel tempo che ci è dato con tutte le sue difficoltà”.

 

Alessandro Cortesi op

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