Monti e il voto cattolico (con i pareri di mons. Mogavero, Marco Politi, Emma Fattorini)

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Mentre Il Professore prova a conciliare cattolici e liberal (Fabio Martini e Andrea Tornielli su “La Stampa” del 4 gennaio), incontrando il 10 gennaio quella parte del mondo cattolico coinvolta nel Forum di Todi e il 12 gennaio a Orvieto l’area liberal del Pd (Morando, Tonini, Ceccanti…), sempre più evidente appare la “frenata”, come la chiama Marco Politi (“Monti e l’irreversibile diaspora del voto cattolico”, su “il Fatto Quotidiano”), “delle gerarchie ecclesiastiche italiane” nell’appoggio a Monti, la cui agenda, secondo Politi, “è abissalmente lontana dall’afflato programmatico del Partito popolare di Sturzo o della Dc di De Gasperi e ancor più dalla forte tensione umana dell’attuale dottrina sociale della Chiesa”.

Certo meno tranchant, ma in qualche modo critico, è il giudizio di mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, in un’intervista rilasciata a Orazio La Rocca per “la Repubblica” (“Il premier sembra poco attento agli ultimi”): Monti, dice Mogavero, “per evitare il tracollo ha imposto agli italiani una cura da cavallo, tagliando le gambe ai ceti più deboli. Non vorrei che per tentare di salvare l’insieme, i più deboli vengano dimenticati”.

Emma Fattorini, su “l’Unità”, scrive che, Se i cattolici sono in tutti i partiti, come è giusto e come mons. Rino Fisichella, per ultimo ieri, ha rilevato (e apprezzato), e se non hanno ancora saputo prospettare una classe dirigente all’altezza della situazione, è comunque chiaro il loro compito: “si potranno dividere su come sia più efficace stare vicino agli ultimi, su quali ricette economiche e politiche siano più funzionali per aiutare concretamente i poveri. Su quali siano le riforme, o le solidarietà più efficaci. Ma non hanno dubbi su quale sia la loro testimonianza evangelica nel mondo: stare con gli ultimi e con i poveri, con spirito di servizio verso il bene comune”.

 

 

 

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