LA QUASI RIFORMA GIANNINI È CONTRO LA SCUOLA PUBBLICA?

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Due durissimi giudizi sulla proposta del governo di riforma della scuola: Nadia Urbinati, “La scuola pubblica da difendere” (Repubblica); Anna Angelucci, “Se passa il ddl Giannini la scuola pubblica è finita” (Manifesto). Secca anche Norma Rangeri: “Lo strappo della scuola” (Manifesto). Walter Tocci, più cauto: “Ascoltare la scuola è la mossa del cavallo” (intervento in Commissione scuola del Pd). Andrea Ichino sul Corriere della Sera scrive: “Perché non chiedete consiglio alle famiglie?”. Sul Sole 24 Ore Bruno e Tucci scrivono: “La riforma si gioca su autonomia e merito”; Attilio Oliva propone un’analisi attenta: “Organizzazione e legittimazione per guidare la buona scuola”; Fabrizio Forquet dice: “Se la scuola ha paura di autonomia e merito”. Massimo Adinolfi scrive sul Mattino: “Presidi e prof, la riforma può migliorare”. Marco Rossi Doria sul Secolo XIX: “La protesta è un’opportunità da cui ripartire”.  Su federalismo.it Anna Maria Poggi: “Il d.d.l. sulla buona scuola: discussione sulle politiche scolastiche o scontro sull’idea di ‘concertazione’ sindacale?”.

 

 

 

 

 

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  1. Premesso che il peggior nemico della scuola pubblica è sempre stata una scuola pubblica inadeguata, vorrei entrare nel merito:
    l’autonomia scolastica è da anni invocata ma non è ma stata realmente implementata: ci potevano essere modelli di collegialità, di comunità educante. Si è scelto invece un modello dirigenzialista, il preside gestirà la scuola come cosa sua avendo un potere discrezionale che non ha pari in nessuna amministrazione pubblica (De Mauro trova analogie solo con la figura del pontefice…).
    Si presuppone che un preside abbia competenze, terzietà e punti di osservazione adeguati per assumere, premiare, cacciare insegnanti delle diverse discipline, sia già in servizio presso la sua scuola, sia attingendoli da un albo (quindi a lui sconosciuti, salvo conoscenze pregresse).
    Nessuna strategia neanche sperimentale di valutazione degli insegnanti viene messa in atto, e tanto meno dei presidi.
    Osservo infine che la selezione dei presidi è stata, in questi anni, tutt’altro che al di sopra di ogni sospetto.
    La innumerevole lista di cose che la scuola potrà fare ricopre più o meno la progettualità già esistente: ma non garantisce alcun miglioramento degli insegnamenti essenziali. Va tutto nella direzione dell’aggiunta, e non delle scelte. Una specie di progettificio istituzionalizzato.
    L’immissione senza selezione dei precari saturetà per anni e anni la scuola, senza garanzie di qualità, escludendo le prossime generazioni di giovani dall’insegnamento.

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