LA PROPOSTA DEL CONVIVIALISMO: quattro principi per quattro grandi questioni

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Un contributo per il Convegno del 29 novembre su Economia e Costituzione

 

E’ uscito recentemente in Italia, per le Edizioni ETS di Pisa, il “Manifesto convivialista”, documento nato in Francia l’anno scorso per opera di un nutrito e variegato gruppo di studiosi e di aggregazioni, di area sociale ed economica, uniti dalla comune convinzione della necessità di contrastare il dominio pervasivo e incontrastato dell’economia e della finanza.
Ispiratore primo dell’iniziativa è indubbiamente il MAUSS (Movimento Antiutilitarista nelle Scienze Sociali), gruppo noto e stimato che da anni con costanza e rigore conduce un argomentato lavoro critico e di elaborazione su questo fronte.
Il documento che viene ora proposto al pubblico ha il merito di costituire un tentativo non velleitario volto a individuare una base culturale comune su cui far convergere le infinite tesi e iniziative che, da punti di vista diversi e con teorie differenti, si muovono nel medesimo senso.
E’ impossibile pensare che il progresso possa andare avanti all’infinito. Diverse minacce si delineano all’orizzonte: riscaldamento globale, inquinamento, rischi nucleari, riduzione delle risorse energetiche, disoccupazione, immigrazioni di massa, fine delle forze politiche tradizionali, crescente insicurezza, terrorismo planetario, diffusione di reti criminali sempre più potenti e violente. In mancanza di una capacità democratica mondiale è facile che alcune di queste situazioni degenerino in modo incontrollato.
Eppure certamente il mondo ha conosciuto nel corso del tempo importanti progressi, che però ora fanno fatica ad essere ricondotti al bene di tutti. Accanto alle difficoltà entropiche, la difficoltà prima sembra oggi essere costituita da un fattore antropico : come vivere insieme (con-vivere) cooperando, unendo le energie per aiutarsi a risolvere i problemi e non a contrapporsi per distruggersi.
Il Manifesto indica quattro (più una) questioni di base: questione morale, politica, ecologica, economica (la quinta è quella religiosa o spirituale, che viene lasciata libera) asserendo la difficoltà delle varie teorie e ipotesi a individuare risposte soddisfacenti. A tutte le diverse questioni si è supplito sostanzialmente con la cieca fiducia in una crescita infinita, in grado di coprire ogni esigenza e di rispondere a ogni domanda. Tale crescita di basa su due postulati oggi in discussione: il primato assoluto dei problemi economici su tutti gli altri e la disponibilità senza limite delle risorse naturali.
Così la dimensione economica si è espansa ben al di là del suo campo invadendo una larga parte delle attività umane; si è diffusa pertanto la tendenza a guadagnare di più sempre di più, a scapito ad esempio del valore del lavoro in sé, del rispetto della natura e della cultura, e di altre dimensioni quali la cura nelle relazioni umane.
Il convivialismo vuol essere un tentativo di risposta a questa situazione. Non una nuova ideologia, ma una base essenziale su cui possano ritrovarsi gli esseri umani, con il meglio delle loro dottrine, che ritengano di poter collaborare e anche rivaleggiare, ma nella coscienza della finitezza della natura e con la preoccupazione condivisa per la cura del mondo.
La proposta centrale del Manifesto è incentrata su quattro principi che costituiscono la base comune:
Principio di comune umanità. Al di là delle differenze di pelle, di nazionalità, di lingua, di religione, di ricchezza, esiste soltanto un’umanità che deve essere rispettata in ognuno dei suoi membri.
Principio di comune socialità. Gli esseri umani sono esseri sociali e la loro più grande ricchezza sta nei rapporti sociali.
Principio di individuazione. Nel rispetto dei due principi precedenti, ciascuno deve poter affermare la propria singolare individualità, senza nuocere agli altri nella prospettiva di un’eguale libertà.
Principio di opposizione controllata. E’ naturale che gli esseri umani si oppongano tra loro e il conflitto va accettato, purché non metta in pericolo il quadro di comune socialità.
Sulla base di questi principi si esprimono poi delle indicazioni più concrete, ma a titolo esemplificativo, perché è compito di chi aderisce a questo pensiero attuarlo nella pratica.
Ritengo che questo documento possa essere di grande interesse per l’area cattolica democratica, per diversi motivi: innanzitutto si tratta di principi che fanno parte della nostra tradizione; in secondo luogo ci consentono di iniziare a costruire una base culturale e di idee di riferimento di cui abbiamo un’assoluta necessità; e inoltre ci consente di stabilire rapporti culturali con altre realtà anche di carattere internazionale, oggi essenziali e urgenti.
Come è possibile far proprio questo documento è un tema che naturalmente e doverosamente lascio alla discussione e decisione collettiva, nei nostri prossimi incontri.
Vorrei solo richiamare in chiusura che già Emmanuel Mounier nel suo libro “Il personalismo” affermava che “il primato dell’economia è una situazione storicamente anormale da cui bisogna uscire”. E’ un’affermazione del 1949; chissà cosa direbbe oggi. Questo lascito ereditario di uno dei nostri maggiori maestri è un motivo ulteriore e uno sprone in più per metterci all’opera e portare il nostro contributo a questa comune impresa umana, tanto ciclopica quanto necessaria.

Sandro Antoniazzi

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