Iran-Israele. Rischi inquietanti. Appello per la pace all’Episcopato italiano

Lo aveva fatto già nella lettera di gennaio. Ora Luigi Pedrazzi lo ha ripetuto in quella di febbraio. Dopo aver, come di consueto, illustrato gli avvenimenti dell’inizio dell’anno 1962, nel suo far memoria degli anni conciliari, Pedrazzi tocca alcune questioni dell’oggi, in particolare le inquietudini che vengono dall’inasprirsi della tensione tra Iran e Israele per via della contestata ricerca iraniana di arrivare a possedere le armi nucleari. E allega una lettera che un gruppo di sacerdoti e laici, riuniti come altre volte nella “scuola della pace” di Sovere, in provincia di Bergamo, hanno scritto all’inizio di gennaio ai vescovi delle comunità ecclesiali in Italia. Invitando ciascuno di noi a sottoscriverla e a inviarla ai nostri vescovi. Effettivamente proprio due giorni fa il segretario alla Difesa statunitense, Leon Panetta, in una dichiarazione riportata da alcune testate americane, ha affermato che Israele potrebbe attaccare l’Iran, accusato dallo Stato ebraico di essere in grado, al presente, di realizzare quattro bombe atomiche.

Riportiamo uno stralcio della Lettera di febbraioIl nostro ’58” di Luigi Pedrazzi e la lettera del gruppo di cristiani riuniti a Sovere.

 

Luigi Pedrazzi. Tutto è e resta incerto e anche parecchio confuso, e sicuramente è tuttora a rischio di sviluppi che potrebbero risultare inquietanti. Ma bisogna saper vedere il miglioramento avvenuto, sostenerlo e cercare di concorrere a completarlo. Non solo in Italia, non solo in Europa, ma anche nella scena internazionale che davvero è  globale, e cercando di vedere i pericoli più gravi prima che arrivino ad essere taglienti con guai ancora maggiori di quelli già in atto.

(…) L’iniziativa di quella lettera era nata a Sovere, dove da tempo si svolge una “scuola della pace” cui in molti di noi dobbiamo grande gratitudine per la formazione ricevuta. Vi si era parlato di tante cose, ma – con ampiezza di sguardo – molto del Medio Oriente, di Israele, di Iran e del troppo tranquillo parlare che taluno fa di “attacchi” per bloccare l’eventuale armamento atomico iraniano e dell’opportunità che voci almeno cristiane si facciano ascoltare per esprimere la volontà e la convinzione di non indulgere – ancora una volta! – a farneticazioni difensiviste-preventiviste.

Avendo un po’ più tempo vorrei precisare: la realtà delle armi atomiche continua ad essere un pericolo incombente su di noi, e ben poco si può essere tranquilli che non si accrescano i nuovi iscritti al club atomico e siano saggi i vecchi padroni di armi atomiche. Di fatto, l’Iran non sarebbe un nuovo socio da festeggiare, ma anche i vecchi, per meritare reale fiducia dovrebbero agire assai diversamente, e operare per cercare di uscire tutti insieme dalla condizione ereditata dal terribile Novecento, militare, politica e ora anche economico-finanziaria, e socio-alimentare nonchè ecologistica globale. Questo riguarda molti capitoli delle politiche e quello più difficile della politica, cioè di un avvio di governo responsabile per il mondo che veda nella pace la sua condizione assolutamente prioritaria di legalità comune, da tutti rispettata e a nessuno negata.

La voce religiosa può farsi udire, con anticipo rispetto all’arrivo di guai reali, compagni inevitabili degli orrori delle guerre, proprio perchè la politica ha le sue necessarie incombenze, mentre la fede religiosa e l’etica umanistica più immediata possono pronunciarsi e indicare le convinzioni personali e i principi che si propongono anche prima che, con l’azione politica, si riescano a produrre le condizioni del suo rispetto effettivo. Il rischio di agire da minoranza può essere corso, se si ha l’umiltà della propria individualità personale e la misericordia illuminata dalla fede accolta e vissuta. I politici possono imparare a seguire le minoranze capaci di crescere, ma queste sono credibili anche prima di contarsi nei confronti politici, ed è  cercando di esserlo che meritano di crescere tra di noi e di guadagnarsi anche una considerazione e un’autorità di tipo politico.

Nonviolenza e determinazione, consapevolezza che la pace vera esige mezzi pacifici di autopromozione sono virtù prepolitiche, e benedetti coloro che le praticano e diffondono. Tutti dobbiamo capire e riconoscere che “si vis pacem para bellum” è una grande massima culturalmente precristiana. Impronunciabile da ogni vero, convinto e coerente  cristiano. Siamo in pochi, ma qualcuno lo siamo: non scrivete ai giornali, in chiesa è più forte, oltre che più giusto, scrivere familiarmente  ai vescovi. Parlatene tra voi, festeggianti Roncalli e impegnati a valorizzare la ricezione del Concilio, affinchè anche i vescovi comincino a parlarne un poco tra loro.

Si può fare, è cosa giusta e buona farlo. Non sono motivi sufficienti per farlo?

AI REV.mi  ARCIVESCOVI  E  VESCOVI DELL’EPISCOPATO ITALIANO Sovere (BG), 3 gennaio 2012

Eccellenza Reverendissima, carissimo Padre, scriviamo a Lei e a tutti i Suoi confratelli nell’Episcopato.

A conclusione della sessione invernale della nostra Scuola della pace, chiediamo l’interessamento e l’aiuto di Francesco d’Assisi, che, in tempi delicati e decisivi per la Chiesa e per le vicende dei popoli, obbedì allo Spirito Santo per farsi maestro di pace. Con la sua visita evangelica al Sultano, in un tempo di scontro frontale tra due culture e tradizioni religiose, seppe indicare come trasformare la guerra in opera di pace. San Francesco propone l’annuncio evangelico come radicale alternativa ad ogni logica di violenza e di sopraffazione.

Ci sembra giunta l’ora in cui la comunità cristiana, davanti ai pericolo di nuovi drammatici conflitti, debba esprimere un giudizio chiaro e definitivo di condanna della guerra. Oggi la guerra si è trasformata in una strage di innocenti e in tutto il mondo è cresciuta una coscienza contraria alla guerra.

Il Signore ci ha insegnato che la via della pace passa per il dono della vita, non per la soppressione della vita dell’altro.

Siamo quindi a domandare, con umile risolutezza, che i nostri pastori, con un pronunciamento ufficiale, sanciscano l’impossibilità per la coscienza cristiana di considerare la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie.

Dio La benedica.  Lei ci benedica

Don Giovanni Nicolini, don Francesco Scimè, Massimo Lingesso, Giovanni Battista Beretta, Luca Scarpellini, Vincenzo Bergamini, Romeo e Carla Montori, Piero Montori, Giulio ed Elisabetta Marchesini, Italia e Gisella Bergamini, Ada Scandola, Angelo Bertoldi, Anna Agostini, Cristina Tagliavini, Luisa di Iulio in Fasolo, Rossella Gallo,  Silvia Verri, Andrea Resca, suor Lucia Marini, suor Marta Accorsi, Cristina Pennati, Andrea e Sandra Marchesini, Piera Bencivenni, Chiara Rinaldi, Ghislaine Giuliani, Giuseppe Nicolini. Abrahamlel Tesfal, Samir Mohammed Fumagalli.

Seguono le firme del gruppo dei ragazzi:

Chiara T., Chiara F., Anna R., Iracy, Laura, Alice, Serena, Sabina, Elisabetta, Sara, Debora,  Mattia, Igino, Pietro.

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