Il PD e una legge elettorale sbagliata

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Abbiamo una legge elettorale inadeguata alla realtà politica del Paese. Ma il PD non può farcela da solo, né in queste elezioni, né nel suo futuro politico. C’è bisogno di un partito più di centro e responsabile (questo mi sembra il ruolo di Calenda) e poi ci sarebbe bisogno di un partito più nuovo, più giovane, meno istituzionale del PD, un partito verde come in Germania o lo stesso M5S se trovasse lo spirito e la configurazione giusta

 

 

L’accordo PD – Calenda ha soddisfatto molte aspettative, anche se ha creato qualche problema a sinistra (né enorme, né insolubile).

L’accordo merita qualche riflessione: la legge elettorale obbliga a degli accordi, chiamiamoli tecnici o pratici, per non presentarsi perdenti in partenza ai collegi uninominali.

Sul piano politico sarebbe stato molto meglio che Calenda si presentasse da solo per iniziare a creare un centro credibile, di cui abbiamo un grande bisogno (condizione, a detta di tutti i sondaggisti, che gli avrebbe consentito di guadagnare molti voti soprattutto di provenienza da Forza Italia).

E’ necessario allargare il discorso: abbiamo una legge elettorale sostanzialmente sbagliata, frutto di un periodo in cui era in auge la bilateralità e la governabilità, ma le leggi non possono supplire una realtà politico-partitica inesistente.

Prima è necessario che ci sia un sistema di partiti che si avvicini al bipolare e poi si fanno delle leggi per confermarlo.

Vi ricordate il governo Prodi fatto da 9 o 10 gruppi politici, quando alla sera la TV intervistava per qualche secondo l’uno dietro l’altro 7 o 8 capi politici della coalizione? Era quello il sistema bipolare? E inoltre il governo è poi caduto per il ritiro di uno dei più piccoli di questi gruppi.

La destra è decisamente più vicina a costituire un “polo”, perché i suoi tre partiti rappresentano, almeno idealmente e simbolicamente (la pratica poi è sempre un’altra cosa), tradizioni ed elettori differenti che si integrano: Salvini i populisti, Berlusconi i liberisti, Meloni i conservatori classici e nostalgici, coprendo così potenzialmente e in modo differenziato l’intero mondo della destra.

Non così la sinistra, dove in pratica c’è il PD (che ogni tanto manifesta ambizioni “maggioritarie”, ritenendosi il solo, o quasi, partito della sinistra) in ricerca sempre affannosa e difficile di alleati.

Ha fatto di tutto nei confronti dei 5S e ne è stato mal ripagato; se ne riparlerà in futuro.

La sinistra-sinistra non sa trovare una propria configurazione valida e si rifugia nella politica dei no.

Il PD non può farcela da solo, né in queste elezioni, né nel suo futuro politico; questo è il punto da cui partire.

Ciò di cui c’è bisogno è un partito più di centro e responsabile (questo mi sembra il ruolo di Calenda, che deve chiaramente differenziarsi dal PD; è un alleato valido, ma diverso) e poi ci sarebbe bisogno di un partito più nuovo, più giovane, meno istituzionale del PD (un partito verde come in Germania oppure lo stesso movimento 5S se trovasse lo spirito e la configurazione giusta).

L’ideale sarebbe cambiare la legge elettorale: se ne era parlato, ma non era compito di Draghi e le urgenze del paese andavano in un’altra direzione.

La legge elettorale più democratica rimane la proporzionale, con voto di preferenza (l’averla tolta è una delle colpe più gravi del sistema partitico, tutti inclusi).

Con una legge proporzionale le alleanze si possono fare dopo, ma si possono fare in buona misura anche prima, in modo naturale e non costrittivo; questo sistema non obbliga a scelte innaturali e contradditorie.

Il PD dovrebbe fare alleanza con Calenda o con Fratoianni? E anche farlo con entrambi a che cosa porta, oltre al voto nelle uninominali? porta forse alla costituzione del polo di sinistra? Sono problemi che rimangono al di là delle elezioni.

 

Sandro Antoniazzi

2 Comments

  1. Una legge sbagliata, che il taglio dei seggi parlamentari ha peggiorato…; un impegno a ritornare al proporzionale che è scaduto senza che si provasse a realizzarlo…Ma ormai è tutto latte versato. Siamo alla vigilia di un voto, dobbiamo fare i conti con le regole elettorali in vigore, con questa legge che ha prodotto una politica di “nominati” si riassegneranno i seggi alla Camera e al Senato. Nella realtà la Destra è in grado di conquistare la maggioranza assoluta dei seggi assegnati con l’uninominale, e dopo l’intesa tra Renzi e Calenda anche di conquistare i 1/3 dei seggi in entrambe le aule del parlamento. Con una legge che spinge a costruire due ammucchiate, con un bipolarismo che lascia al Terzo Polo solo da possibilità di scegliere chi fare perdere, la questione del “presidenzialismo” finirà per proporsi le dimissioni di Mattarella come obiettivo ormai dichiarato, la centralità del parlamento e il pluralismo della politica come anima della democrazia sono ormai il tema di cui discutere, insieme alla crescita delle diseguaglianze sociali, al diffondersi (non più silenziosamente) di una “democrazia corporativa” destinata a consolidarsi in una autocrazia illiberale, sempre meno europeista. Che fare? Il primo obiettivo è risvegliare gli elettori anche con i social, convincerli al voto, riconoscere che bisogna ritornare tra la gente, sul territorio, specie in provincia, con i “porta a porta”… Siamo all’inizio di una sfida, dobbiamo ritrovare la passione necessaria per difendere con la Costituzione anche una visione “popolare” della vita democratica.

  2. La legge elettorale proporzionale è certo la più rappresentativa – ma quanto alle preferenze non dimentichiamocene il commercio… Ma non sono d’accordo che sia anche la più democratica, perché se non si riesce a governare la democrazia si suicida. E anche in Germania si fa fatica a fare le coalizioni, e in più hanno dei correttivi, come la “sfiducia costruttiva”. E’ anche discutibile che per un sistema maggioritario o presidenziale occorra prima un bipartitismo: in Inghilterra ci sono anche i liberali, ma il sistema in pratica li esclude. In Francia non c’è il bipartitismo ma il sistema semi-presidenziale a doppio turno obbliga alla scelta. In Italia, oltre al livello della classe politica, c’è il problema di base del senso civico degli italiani. Che partecipano in pochissimi alla vita politica di base, ma si fanno prendere troppo spesso da entusiasmi per i “salvatori della patria”: prima Bossi contro Roma ladrona, poi Berlusconi che avrebbe arricchito tutti, poi Di Pietro contro i corrotti, poi i 5stelle, poi Salvini, ora la Meloni….

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